domenica 20 ottobre 2013

CLEMENTE VISMARA LETTERE DALLA MISSIONE





Ottobre e' il mese missionario
oggi domenica e' dedicata alle missioni

ecco un missionario dalla pelle dura come dice lui

QUESTO E' CLEMENTE VISMARA
UN MISSIONARIO DELLA DIOCESI DI MILANO
...adesso beato

scrive dalla Birmania 1924 o giu di li'

...Quanti topi si sono qui in questa casa di legno,
...mentre ti scrivo scorazzano
e fan chiasso che e' un piacere,
Son grossi come gatti fanno paura.
Ho il gatto ma ha paura lui pure.
mangiano ogni cosa, libri legno, vestiti.
E' gia difficile stare al mondo ci volevano anche questi. Pazienza!

Ci sono zanzare e non si puo' uscire di casa senza che qualche sanguisuga
si attacchi alla gamba.
La prima notte non potemmo dormire perchè la nostra stanza,
avendo servito da pollaio,
era piena di pidocchi pollini che morsicavano di continuo.
Entrando di sera nella casa,
sembrava di entrare in una taverna della suburra di Roma
ai tempi di "Quo vadis"
In mezzo alla stanza un fuoco senza camino e, tutt'attorno,
io con i ragazzi, ognuno con la propria pipa,
seduti all'orientale, quieti tranquilli,
tutti avvolti nel fumo e rischiarati dalla fiamma...

Il mio compagno che farebbe anche da superiore di Kengtung
ha un ottimo carattere, divenuto ormai orientale per la flemma.
Siamo come padre e figlio, e benchè solo in due viviamo come fossimo in comunità.
Insomma se vuoi vedere Vismara cerca p. Bonetta, vuoi vedere p. Bonetta
cerca Vismara.
Per le spese abbiamo deciso di mettere tutto assieme
e di pescare ognuno con criterio fino a che ce n'è.

Il Signore è tutto dei poveri, ad essi noi convergiamo
e sono quelli che meglio corrispondono.
La gente qui dice: "Le persone per bene e che stanno bene
sono col Sabwa (il principe di qui), gli stupidi vanno coi calà", cioè con noi.

Alle volte pensando alla vita militare di guerra trascorsa,
quella mi sembra piu' comoda e ben fornita.
Allora almeno c'era una buona pagnotta che otturava tutti i buchi,
qui invece sempre riso riso riso.
Quando vennero a Kengtug le suore, durante il viaggio venne a mancare loro il pane
e dalla disperazione povere donne si misero tutte assieme a piangere.
Mortificazioni di gola per un principiante qui capita sovente.

Questa gente e' diffidentissima, ha grande timore ed e' attaccata alle loro diavolerie...
il sistema evangelico e cioè di fare miracoli e di curare i corpi
prima dell'anima e' ancora l'unico.
Noi pero' abbiamo una piccola differenza.
Gesù guariva la gente senza medicine, noi invece usiamo medicine.

Ma il peggio deve ancora venire arrivati Monglin
Nel marzo del 1925 padre Bonetta torna a Kengtung
10 mesi di isolamento assoluto, fra un popolo ancora molto arretrato
...Mi lasciò 119 rupie e delle provviste
...Lo accompagnai per un bel tratto di strada.

-Ora ritorni a casa.
-Vengo un po piu in là, non sono stanco poi torno.
-Le raccomando lo studio della lingua Le ho lasciato il Desant,
il manuale di medicina sacerdotale, perchè impari un po di medicina.
non faccia spese per lavori nuovi.
Ora torni indietro, che e' tempo.
anch'io ho fretta i cavalli da porto sono gia molto avanti.
-Vengo un po piu in là, non sono stanco poi torno.
-Alla metà di giugno puo' venire per un po di tempo a Kengtung.
Con un dietro front energico , senza neppure voltarmi una volta,
me ne tornai mogio mogio.
Sentivo in gola una certa cosa che non voleva andare nè su nè giù
e non volevo farmi vedere.

...Famosa e geniale la battuta in una lettera al fratello:
"Qui sono l'unico cristiano nel raggio di 100 e più chilometri.
Se voglio vederne un'altro, mi debbo guardare allo specchio".

Mi piaceva il lavoro manuale.
Siccome i denari erano pochi, diedi fondo alle scatolette di sardine,
potei aprire una strada, feci la stalla per i cavalli e finalmente
anche un gabinetto, il pollaio, disboscai più che potei,
mutai la casa, feci l'orto, ecc.
Mi acquistai un delizioso mal di schiena , che ancora non m'è scomparso.

P. Bonetta, ripartendo per Kengtung, mi disse
"Lei quì non ha niente da fare, solo imparare le lingue.
Perciò non ha bisogno di soldi".
Bravo , ma ... e mangiare?
Fu per me una vera lezione la risposta che mi diede P. Bonetta:
"Chi non lavora non mangia"
E se ne partì lasciandomi 119 rupie (una miseria)
e una ventina di scatole di sardine.
Per fortuna avevo un buon fucile, andavo a caccia e poi cambiavo la selvaggina con riso.
Ma ho fatto veramente la fame.
Per un po sono vissuto mangiando una scatola di sardine al giorno,
poi ho imparato a mangiare quel che mangiava la mia gente e i miei orfanelli:
topi di foresta, scimmie e cani, vermi ed erbe amare, radici e cortecce d'albero
tritate e bollite ecc.
Mi sono messo subito a fare il cavadenti
La gente ha visto subito che di me poteva fidarsi, che ero andato fra di loro per fare del bene:
quindi abbiamo simpatizzato anche senza poterci parlare.
Volete sapere come ho speso le 119 rupie che mi aveva dato P. Bonetta?
Pochi giorni dopo che egli era partito, vengono da me
tre fumatori d'oppio, mi raccontano
le loro pene ed io ho dato loro tutto quello che avevo.
Avevano promesso di farsi cattolici e io c'ero cascato.
Sono venuti una seconda volta, ma non avevo più nulla da dare loro, Si sono messi
seduti in casa mia e si sono messi a fumare l'oppio.
Allora ho preso un bastone e li ho fatti filare.
Più tardi , tutti e tre sono diventati cattolici per davvero e mi ricordavano
sempre che quelle mie bastonate erano state salutari , più dei soldi che
avevo dato loro.

In una lettera allo zio Don Emilio del 23-7-1925, Clemete scrive:

Lei una volta diceva che fare il prete in Italia o in missione è la stessa cosa
Vorrei vederla alla prova! Per esempio, metterla da solo in un posto nuovo
con 120 lire in tasca, gente da mantenere e nessuna comunicazione
pronta con gli altri missionari.
Mi saprà dire lei quando va in giro in cerca del panettiere
e resta di gesso perchè non c'è, cerca il macellaio e resta di stucco
perchè non c'è, va a caccia e non trova merli che si lasciano prendere,
per cui bisogna che si adatti ai costumi di qui e fare buona bocca e cattiva fortuna.
In missione, parlo della mia, si sta bene nel senso
che se si ha fede e si fa tutto per il Signore.

Mons Bonetta disse a Clemente "Sviluppati!"
e lui si sviluppo'.
La grande fiducia nella provvidenza e la fede in Dio
aiutano Clemente a continuare nella strada intrapresa.
Mons. Bonetta invia a lui giovani missionati dicendo loro:
"Và da Vismara e svilùpes!" (Vai da Vismara e sviluppati)

Al fratello Franco scrive:
Tu per esempio mi mandasti da fare certi pasticcetti di gola cioè budini.
le suore di Kengtung usufruendo dell'occasione ci mandarono
una scatola di latta piena di pane secco
che da mesi ne eravamo senza.Chi fu più geniale?
Naturalmente le suore, senza rifiutare quel che tu mandi,
perchè la gola l'ho lunga anche io.
Un tin di pane secco in due dura anche un mese.
I tozzi di pane secco che avanzavano nella casa episcopale,
per Vismara e Cambiaso erano come dolci: ne gustavano uno al giorno!

Arrivo di Padre Cambiaso

...gli volli subito bene.
e come poteva essere diversamente?
Eravamo lui e io, io e lui soli.

La prima sera mentre stavo per chiudere gli occhi sento che dice:
-E uno e due e tre.
-Che cosa? domando io.
-E quattro. Ah questa m'è scappata! Ma queste sono cimici.
Quante!
Non sai che purificano il sangue?
Veramente non mi sono mai accorto delle cimici.
Alla sera mi trovo così stanco che non ci faccio caso.
-L'aria di Monglin ti ha incartapecorito!
Bisognerà quanto prima terminare l'orfanatrofio.
Con questa gente per casa, c'è poco da tener pulito. iL fuoco in casa dà noia.
-Si vive in mezzo alle nubi come in Paradiso.
-Il fumo tiene lontano le zanzare!
-ma non si può respirare e piangono gli occhi...
In un mese fu terminato l'orfanatrofio

Lei forse non sà ma io sono felicissimo della compagnia
di p. Cambiaso, è un binomio a mio parere compensativo.
Lui appartiene alla famiglia dei "Posapiano" e prima di dire o di fare
si dà la posa, io invece ai "posainfretta", e quando c'è un uccello
sparo subito senza prendere la mira.
Di più sento un vero rispetto perchè è un pregone coi fiocchi e non si scompagina
Ho quindi molto da imparare, da imitare, da correggermi, da osservare,
e mi pare che in un mese che fui con lui d'aver sentito un po' di miglioramento
nel gusto di dire la messa. Lui è meticoloso ed in chiesa non vuol miseria di candelette.
In chiesa bisogna fare il grande, la vita grande...
La gente chiama il mio prevosto "quel prete che sta sempre in chiesa"
Io invece sono "quel prete che ride e scherza sempre"

Anche Clemente non avrebbe potuto resistere senza preghiera intensa e sincera
mantenedo per di più ottimismo e gioia di vivere.

...ringrazio Dio che m'abbia voluto mandare qui, ci sto felicissimo
e non desidero altro. Si lavora più per forza di volontà che per esuberanza
di energie e bisogna essere sempre in lotta con il corpo,
del quale si sente tanto l'imbarazzo.


FATTO PER ANDARE LONTANO
PIERO GHEDDO
EMI EDITRICE

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