Santiago, 12 novembre 2014
Cari amici,
vi racconto qualche aneddoto sui bambini di strada che vivono intorno alla parrocchia.
Cari amici,
vi racconto qualche aneddoto sui bambini di strada che vivono intorno alla parrocchia.
Il primo riguarda Manuel: è molto piccolo, ha solo cinque anni. Viene ogni tanto a messa accompagnato dalla nonna. Un giorno, terminata la messa, stavo salutando i fedeli all’uscita della chiesa quando sento la nonna dire al nipotino: «Vai a salutare il padre». Manuel mi corre incontro, mi abbraccia e mi dice: «Ti voglio bene Gesù». Ovviamente non l’ho corretto!
Mi commuove poter entrare nella stessa esperienza che Gesù faceva con i bambini. Essi desiderano ciò che tutti noi desideriamo: essere amati e abbracciati. I bambini si lasciano amare naturalmente, mentre noi “grandi” facciamo molta fatica.
Questi bambini sono molto poveri e spesso i genitori li trattano come un problema da risolvere. Eppure essi conservano una grande semplicità, l’allegria di poter rispondere all’amore ricevuto. Quando mi chiedono di essere guardati mentre fanno una capriola, basta uno sguardo e li hai conquistati per sempre. Poi mi fanno molti regali: un braccialetto, un fiore, una pistola costruita con i lego…
Il Signore ci guarda come se fossimo questi bambini e vede in noi una grande promessa. Egli ha dato la vita perché questa promessa potesse arrivare al suo compimento. Con il dono del sacerdozio ho la possibilità di entrare sempre più in questo mistero della vita di Gesù. Anch’io desidero dare la vita perché le persone possano arrivare ad essere ciò che Dio ha pensato per loro, perché “nessuno dei suoi piccoli si perda”.
Mi commuove poter entrare nella stessa esperienza che Gesù faceva con i bambini. Essi desiderano ciò che tutti noi desideriamo: essere amati e abbracciati. I bambini si lasciano amare naturalmente, mentre noi “grandi” facciamo molta fatica.
Questi bambini sono molto poveri e spesso i genitori li trattano come un problema da risolvere. Eppure essi conservano una grande semplicità, l’allegria di poter rispondere all’amore ricevuto. Quando mi chiedono di essere guardati mentre fanno una capriola, basta uno sguardo e li hai conquistati per sempre. Poi mi fanno molti regali: un braccialetto, un fiore, una pistola costruita con i lego…
Il Signore ci guarda come se fossimo questi bambini e vede in noi una grande promessa. Egli ha dato la vita perché questa promessa potesse arrivare al suo compimento. Con il dono del sacerdozio ho la possibilità di entrare sempre più in questo mistero della vita di Gesù. Anch’io desidero dare la vita perché le persone possano arrivare ad essere ciò che Dio ha pensato per loro, perché “nessuno dei suoi piccoli si perda”.
Un altro episodio riguarda la “gang” che si riunisce sempre davanti alla chiesa. Ormai i ragazzi si sono affezionati a noi e non sono pericolosi; fanno però una vita da sbandati e spesso sono vittime della droga.
Una mattina arrivo in macchina per portare alcune cose in chiesa. Subito mi rincorrono in mezzo alla nube di gas di scarico, agitando in aria le bottiglie di birra. Mi gridano: «Padre, padre! Dobbiamo giocare la finale contro il Peñalolen [un altro quartiere di Santiago]. Ci deve dare la sua benedizione». Io mi avvicino e li benedico: «Il Signore vi benedica, vi protegga e vi aiuti. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Tutti rispondono facendosi il segno della croce: «Amen!». Me ne vado augurando loro buona fortuna e pensando tra me: «Se non vincono ne vedremo delle belle!».
Il giorno dopo torno alla chiesa e li trovo tutti schierati sulle gradinate del campetto di calcio. Appena mi vedono iniziano i cori da stadio: «Olè, olè, olè, el padre, el padre!». In mezzo a loro svetta la coppa: hanno vinto! Non faccio in tempo ad avvicinarmi che uno di loro prende la coppa e mi viene incontro dicendomi: «Padre, questa è sua!». Io gli dico che se l’erano guadagnata e che era stato il Signore a benedirli. Tutti d’accordo. Li vedo già abbastanza brilli e gli dico: «Non ubriacatevi troppo!». Loro mi rispondono con delle risate e si allontanano in un coro di «Viva el padre!».
Una mattina arrivo in macchina per portare alcune cose in chiesa. Subito mi rincorrono in mezzo alla nube di gas di scarico, agitando in aria le bottiglie di birra. Mi gridano: «Padre, padre! Dobbiamo giocare la finale contro il Peñalolen [un altro quartiere di Santiago]. Ci deve dare la sua benedizione». Io mi avvicino e li benedico: «Il Signore vi benedica, vi protegga e vi aiuti. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Tutti rispondono facendosi il segno della croce: «Amen!». Me ne vado augurando loro buona fortuna e pensando tra me: «Se non vincono ne vedremo delle belle!».
Il giorno dopo torno alla chiesa e li trovo tutti schierati sulle gradinate del campetto di calcio. Appena mi vedono iniziano i cori da stadio: «Olè, olè, olè, el padre, el padre!». In mezzo a loro svetta la coppa: hanno vinto! Non faccio in tempo ad avvicinarmi che uno di loro prende la coppa e mi viene incontro dicendomi: «Padre, questa è sua!». Io gli dico che se l’erano guadagnata e che era stato il Signore a benedirli. Tutti d’accordo. Li vedo già abbastanza brilli e gli dico: «Non ubriacatevi troppo!». Loro mi rispondono con delle risate e si allontanano in un coro di «Viva el padre!».
Questa gente ha il cuore buono. Pensando a cosa posso fare per loro percepisco tutta la mia impotenza e, allo stesso tempo, la potenza della preghiera con cui affido le loro vite a Dio. Vostro,
Lorenzo
Lorenzo
http://www.sancarlo.org/it/?p=8797
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