lunedì 11 gennaio 2016

San Serafino di Sarov

San Serafino di Sarov
San Serafino (al secolo Prohor Moshnin) nacque a Kursk nel 1759 da una famiglia di mercanti. All'età di 10 anni si ammalò gravemente; durante la malattia ebbe una visione durante la quale la Madre di Dio gli promise la guarigione. Alcuni giorni dopo, l'icona miracolosa della Madre di Dio di Kursk venne portata in processione per la città; a causa del maltempo la processione venne accorciata e deviata nei pressi della casa natale di Prohor. La madre avvicinò il piccolo all'icona, e questi fu guarito nel giro di poco tempo. Fin dalla più giovane età Prohor amava frequentare la Chiesa, ritirarsi in preghiera e leggere le biografie dei santi.
All'età di 18 anni Prohor decise di diventare monaco. Sua madre lo benedisse con un crocifisso di rame, che il Santo indossò per il resto della vita, e Prohor entrò come novizio nel monastero di Sarov. Fin suo ingresso in monastero, Serafino si distinse per il proprio comportamento ascetico. Consumava un unico pasto al giorno e digiunava completamente ogni mercoledì e venerdì. Con la benedizione del suo starets, Serafino si ritirava di frequente nella foresta in preghiera.
Si ammalò nuovamente, e fu costretto a giacere nel proprio letto per un periodo di tre lunghi anni, ma fu nuovamente guarito dalla Vergine, che gli apparve circondata da santi. Riferendosi a Serafino, la Madre di Dio disse a San Giovanni Teologo: "Egli è uno di noi".
Poi lo guarì istantaneamente, toccandolo col proprio bastone.
Quando nel 1786, a 27 anni d'età prese l'abito monastico, ricevette il nome di Serafino, che in ebraico significa "fiero" o "ardente". Poco tempo dopo venne ordinato ierodiacono. Serafino trascorreva quasi tutto il suo tempo in chiesa, ad eccezione di brevi periodi di riposo. L'incessante preghiera e l'ascesi vennero ricompensati con visioni di creature angeliche. Un Giovedì Santo vide Nostro Signore Gesù Cristo apparirgli come Figlio dell'uomo accompagnato da schiere di angeli, benedicendo coloro che erano nella chiesa. Il Santo non riuscì a parlare per lungo tempo, colpito da questa visione.
Nel 1793 Serafino fu ordinato ieromonaco; in seguito iniziò a ritirarsi nel suo "lontano eremitaggio", la fitta foresta lontana circa 5 chilometri dal Monastero di Sarov. Qui si perfezionò, purificandosi nell'ascesi. La Staritsa del monastero di Diveevo, Matrona Plescheeva, fu testimone di come l'aspetto esteriore di Serafino rispecchiasse la sua santità: "Il volto del grande Starets era gioioso e splendente, come quello di un angelo".
La vita isolata in un angolo remoto della foresta esponeva Serafino al rischio di essere attaccato da animali selvatici o da briganti. Un giorno, mentre lo Starets raccoglieva della legna, un gruppo di briganti lo assalì. Nonostante Serafino fosse di costituzione robusta ed armato d'ascia, non cercò di difendersi di fronte alla minacce dei malfattori: lasciò cadere l'accetta a terra, mise le braccia sul petto in forma di croce e si arrese a loro. Fu percosso a sangue, colpito più volte con bastoni e preso a calci, fino a perdere conoscenza. I suoi aggressori smisero di seviziarlo solo quando lo pensarono morto. L'unico "tesoro" che trovarono nella sua cella fu un'icona della Madre di Dio "Umilenïe" (gr.: "Eleousa", o "della tenerezza"), davanti alla quale lo Starets era solito pregare.
Icona "Umilenïe" - di Alexander Molthcanov
(dal testo: Le icone, San Remo, 2001)
Quando, dopo qualche tempo, i malfattori furono processati, Serafino invocò per loro clemenza. Le percosse e le ferite lasciarono un segno permanente sul corpo dello starets, che rimase invalido e claudicante per il resto della vita.
La vita di San Serafino fu poi caratterizzata da un periodo di profonda ascesi, con giorni interi trascorsi in ginocchio in preghiera su una roccia, e da notti all'aperto nel folto del bosco. Il santo pregò ininterrottamente per mille giorni e notti, le mani levate al cielo.
Fu un'apparizione della Madre di Dio, avvenuta verso il termine dell'esistenza terrena di Serafino, a convincere lo starets a dedicarsi alla cura spirituale dei fedeli. Migliaia di persone di ogni estrazione e condizione si recavano da Serafino, che arricchì l'esistenza e l'anima di innumerevoli persone attraverso i suoi tesori spirituali, frutti di una vita di preghiera e ascesi. San Serafino fu da tutti conosciuto come persona gioviale, serena, sincera, che salutava ognuno esclamando: "mia gioia!". A molti consigliava: "cerca di avere uno spirito pacifico, e migliaia intorno a te si salveranno!", e "l'allegria non è un peccato, perché scaccia il tedio, e questo genera depressione, e non c'è nulla peggio di questa".
Chiunque lo andasse a trovare, veniva da lui ricevuto con un profondo inchino: benedicendo i suoi figli spirituali, Serafino baciava loro le mani, paternamente. Non era necessario che chi lo visitava raccontasse la propria vita allo starets, perché Serafino aveva il dono di vedere dentro l'animo di ciascuno. "Se solo tu sapessi - disse un giorno ad un monaco - a quale gioia e dolcezza è destinata un'anima in cielo, riusciresti a sopportare ogni tristezza, persecuzione e scherno con gratitudine".
San Serafino è commemorato il 1 agosto e il 15 gennaio (19 luglio e 2 gennaio del calendario ecclesiastico).
La nostra Chiesa di San Remo, oltre che a Cristo Salvatore e a Santa Caterina di Alessandria, è dedicata a San Serafino di Sarov.

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