Una volta ero una donna single. Recitavo il rosario. Riflettevo sulla Scrittura. Andavo a Messa ogni giorno, mi confessavo ogni due settimane e assistevo alla Via Crucis i venerdì di Quaresima. Ora la mia vita di preghiera è una litania di “Signore, ti prego, aiutami a sopravvivere per i prossimi 10 minuti”.
La Chiesa ci dice che dovremmo vedere Gesù nel volto di coloro che incontriamo ogni giorno. Io sto perlopiù a casa con i bambini. Per quello che posso dire,
Gesù è in qualche modo isterico,
estremamente emotivo
e ha aspettative irrealistiche
su come dovrebbe andare il mondo.
E ha ricominciato a piangere.
Al college mi univo a qualsiasi gruppo cattolico.
A volte andavamo alle feste in cui c’erano anche delle suore africane (“Sono così sante che praticamente levitano”, diceva un amico).
A una festa, una di queste religiose mi ha preso le mani, mi ha guardato negli occhi e ha detto solennemente:
“Un giorno farai grandi cose per Dio”.
Nel mio cervello di giovane adulta, questo significava fondare un ordine religioso. Abbracciare i lebbrosi. Forse perfino il martirio in una terra lontana. Ho deciso che avrei fondato un tipo del tutto nuovo di ordine religioso. Non sarebbe stato composto da persone di un unico sesso, ma di entrambi. I religiosi e le religiose avrebbero potuto andare in terre straniere e lavorare in coppia assistendo piccoli gruppi di orfani. Poi avrebbero potuto allevare otto o dieci di questi bambini dall’infanzia all’età adulta, e aiutarli ad avere stabilità e una vera vita familiare, con una madre e un padre in ogni casa.
Non riuscivo a capire perché nessuno avesse mai avuto
quell’idea brillante per una vocazione.
E quindi ho inventato fondamentalmente
qualcosa di simile al matrimonio.
Ero giovane, sciocca e del tutto cieca nei confronti della realtà.
Poi sono cresciuta e mi sono sposata,
e ho avuto sei (presto sette) figli anche se le mie amiche
che sarebbero state mamme migliori
e che volevano disperatamente molti bambini
hanno finito per averne solo uno o due
(a volte penso che Dio non sia il pianificatore migliore…)
E quindi ora, anziché salpare i mari
e abbracciare i lebbrosi in qualche posto esotico,
trovo i miei lebbrosi sparsi per casa,
circondati da piatti e panni da lavare.
Ci sono la lebbrosa 12enne che teme che non si farà mai nuovi amici, quella di 10 anni che ha deciso di rendersi una lebbrosa perché ha stabilito di criticare qualsiasi dichiarazione ascolti,
quello di 8 anni che vuole condurre una vita da eremita,
come una colonia di lebbrosi con un solo membro,
con l’unica compagnia di Lego e Minecraft.
Ci sono poi il lebbroso di 6 anni che a nuoto viene additato come “piccolo” perché dà in escandescenze quando entra nell’acqua,
la lebbrosa di 4 anni che è così assetata di costante compagnia
che gli altri la evitano e il lebbroso più piccolo
che sta piangendo un’altra volta.
Questa è la mia colonia di lebbrosi.
È qui che metto in pratica le richieste dell’Anno della Misericordia, nutrendo gli affamati in modo quasi costante,
vestendo gli ignudi tra le proteste,
istruendo gli ignoranti anche quando se ne lamentano
e pregando costantemente per i viventi,
perché altrimenti nessuno di noi sopravvivrà
fino a quando il bambino che porto ancora in grembo
raggiungerà l’età adulta.
Non avrò mai la vita che immaginavo
quando la suora africana mi ha detto che avrei fatto grandi cose.
Ci vorranno più o meno dieci anni
prima di poter cercare realisticamente
di andare a Messa ogni giorno e di avere
una vita di preghiera più regolare.
Potrei riempire le mie giornate
di risentimento visto che i bambini ostacolano
la vita di immensa santità alla quale Dio mi ha destinato.
O posso abbracciare il lebbroso
e togliergli la banana dalla faccia
e dalle mani perché possa schizzare
via e trovare un nuovo motivo
di risentimento in questo mondo difficile
che anela a un salvatore.
Deirdre Mundy ha sei figli, li educa a casa attraverso l’home-schooling e ha un blog suMommy Writes.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]
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