domenica 23 ottobre 2016

Alanna Boudreau - Controlled Burn [OFFICIAL VIDEO]

Nasce tra i poveri 15 ottobre

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...Avevo uno studio di pittore vicino a Plaza de España a Madrid, ed ero solito passare le feste natalizie con i miei genitori. Un anno andai a casa per celebrare il Natale, entrai in cucina e vidi la cuoca che stava piangendo. Io le domando: "Berta - così si chiamava - che le succede?" E lei mi dice che il marito è un ubriacone, che vuole uccidere il figlio, che il figlio gli si è ribellato contro... Mi raccontò una storia che mi lasciò allibito. E sentii da Dio di aiutarla.
La baracca di Kiko a Palomeras AltasAndai a vedere dove viveva: una baracca orribile, in mezzo a tante altre. La povera donna si alzava prestissimo, per andare a lavorare; aveva nove figli, ed era sposata con un uomo zoppo e strabico, sempre ubriaco. Picchiava i figli con un bastone, gridando loro: "Difendi tuo padre" e, a volte ubriaco fradicio, urinava sopra le figlie. Questa donna, abbastanza bella benché in età, mi raccontò cose allucinanti.
Presi quell'uomo e lo portai a fare un "Cursillo de Cristiandad". Rimase impressionatissimo nell'ascoltarmi parlare. Per alcuni mesi smise di bere, ma poi ricominciò e furono di nuovo macelli. La moglie mi chiamava: "Signor Kiko, venga per favore, perché mio marito vuole uccidere tutti. Chiami la polizia!". Non mi lasciavano vivere. Alla fine pensai: "E se Dio mi stesse dicendo di lasciare tutto e di andare a vivere lì per aiutarli?". Lasciai tutto e andai a vivere con quella famiglia. Dormivo in una piccolissima cucina, che era piena di gatti.
Foto dell'interno della baracca di KikoHo vissuto lì e sono rimasto molto impressionato, vi dico la verità, di tutto l'ambiente. C'era moltissima gente che stava vivendo in situazioni terribili. Non so se conoscete il libro di Camus, "La peste", che affronta il problema della sofferenza degli innocenti. Quella donna, Berta, mi raccontò che suo marito, zoppo, per vendicarsi delle tante umiliazioni ricevute, aveva detto a tutti che si sarebbe sposato con lei, che era la ragazza più bella del quartiere. Tutti ridevano di lui. Ma sapete come lui se l'era sposata? Puntandole un coltello al collo e dicendole: "Se non ti sposi con me, taglio la gola a tuo padre". E lo avrebbe fatto. Suo padre era vedovo e lei era sola e terribilmente timida e paurosa.
Foto dell'interno della baracca di KikoMi chiesi: che peccati ha commesso questa povera donna per meritare una vita cosi? Perché non io? E non c'era solo lei. C'era un'altra donna vicino che aveva il morbo di Parkinson, il marito l'aveva abbandonata e viveva chiedendo l'elemosina. E un altro. E un altro ancora.
Davanti a tutto questo ci sono solo due risposte. Conoscete la frase famosa di Nietzsche: "O Dio è buono e non può far nulla per aiutare questa povera gente, o Dio può aiutarli e non lo fa, e allora è cattivo". Questa frase è velenosa. Può Dio aiutare questa donna, oppure no? Perché non lo fa?
In questa situazione ebbi una sorpresa. Sapete cosa vidi lì? Non quello che dice Nietzsche, se Dio può o non può, ma vidi Cristo crocifisso. Ho visto Cristo in Berta, in quella donna con il Parkinson, in quell'altro. Vidi un mistero. Il mistero della croce di Cristo. Restai enormemente sorpreso, lo dico sinceramente.
Le baracche di Palomeras AltasPoi mi chiamarono per il servizio militare e mi mandarono in Africa. Quando tornai dissi a me stesso: se domani torna Cristo sulla terra nella sua seconda venuta, io non so che cosa succederà in questo mondo, ma sapete dove desidero che Gesù Cristo mi trovi? Ai piedi di Cristo crocifisso. E dov'è Cristo crocifisso? In coloro che stanno portando la sofferenza più grande, le conseguenze del peccato di tutti. Dice Sartre: "Guai all'uomo che il dito di Dio schiacci contro il muro". Io ho visto lì gente schiacciata contro il muro, tanti deboli schiacciati dalle conseguenze del peccato, deboli, anonimi cirenei.
José Agudo e Rosario davanti alla loro baraccaQuando uno va a vivere tra i poveri, o perde la fede e diventa guerrigliero alla "Che Guevara" o si mette in silenzio davanti a Cristo e si santifica. Io sono grato al Signore per aver avuto pietà di me: io vidi lì Cristo crocifisso e così quando tornai dall'Africa, e conobbi la sorella di Carmen, pensai che era necessario scendere nelle catacombe sociali e lì predicare il Vangelo a questa gente, aiutarli, dare loro una parola di consolazione. E così formammo un gruppo che si dedicava agli omosessuali, alle prostitute e agli altri emarginati.
La sorella di Carmen faceva parte di una associazione, chiamata "Villa Teresita", che si dedicava al recupero delle prostitute. Andavano per le case delle prostitute e offrivano, a quelle che lo volevano, un lavoro. Un'opera molto buona. Alla fine io mi resi conto che in quel gruppo facevamo tutto un po' per "hobby". Io dissi a quel gruppo e alla sorella di Carmen: "Io me ne vado a vivere tra i poveri".
Kiko con Manolo e JoaquinCharles de Foucauld mi diede la formula: vivere in silenzio, come Gesù a Nazareth, ai piedi di Gesù Cristo in mezzo a quella gente. Conobbi un assistente sociale che mi indicò una zona di Palomeras Altas dove c'era una baracca di tavole di legno, rifugio di cani. Mi disse "Mettiti lì e non ti preoccupare". E lì ha avuto inizio un po' tutto. Nelle baracche io volevo vivere come Charles de Foucauld, in contemplazione: così come uno sta davanti all'Eucaristia, ai piedi della presenza reale, unica di Cristo; io volevo stare ai piedi di Cristo crocifisso, nella gente più povera, miserabile.
Il Signore mi portò lì con questo spirito: io ero l'ultimo. Loro erano Cristo. Forse uno avrebbe potuto dirmi: "Kiko! Aiutali". Qui c'è un punto molto importante per coloro che sanno andare al fondo delle cose. "Ma come? Ti metti in adorazione, quando questa gente è morta di fame? Dà loro da mangiare". Io non avevo nulla, non avevo portato altro che una Bibbia e una chitarra, dormivo su un materasso messo sulla nuda terra. Non avevo altro.
Mons. Morcillo nella baracca di Kiko pregando le lodiAvevo letto in un libro qualcosa che mi aveva colpito molto del tempo dei nazisti. Si raccontava un fatto storico avvenuto nel campo di concentramento di Auschwitz. Un capo della Gestapo si era reso conto delle atrocità che si stavano commettendo nel genocidio degli ebrei. Un giorno, durante un'ispezione in un campo, vide passare una colonna di uomini e donne diretta alle camere a gas, tutti nudi. Sentì nel suo cuore un grande dolore. Si domandò: "Che devo fare io adesso per aiutarli, per avere pace con me stesso?". sapete la risposta che ricevette dal di dentro? (I Padri della Chiesa parlano del Cristo parlante, dentro di te. È qualcosa di molto profondo). Il libro raccontava che quello che sentì che avrebbe dovuto fare era di denudarsi anche lui e mettersi in fila con loro.
Possiamo domandarci: questa voce che sentì dentro da dove veniva? Era una suggestione? Era reale? Era di Dio? Non era meglio fermare la comitiva e liberare quelle persone? Forse non lo poteva fare. Perché invece la verità era quella di denudarsi e di mettersi in fila? Ecco una possibile risposta: una persona che sta in quella fila sta di fronte al dramma che forse non c'è nessun Dio, che non c'è amore nel mondo e se non c'è amore nel mondo Dio non esiste, la vita è una mostruosità, moriamo nell'assurdo. Ma se uno viene con te, Cristo stesso si fa uomo e si mette con te nella fila per amore. Allora l'amore esiste. Esiste Dio. Si può vivere. Si può morire. La verità e la morte hanno un senso.
Kiko Carmen e Mons. MorcilloQuesto ha valore? Ciò che si deve fare è solo l'aiuto sociale? Forse l'uomo è solo mangiare? O l'uomo ha bisogno di sapere se Dio esiste o non esiste, se l'amore esiste oppure no? Io non andai nelle baracche per dare da mangiare, né per insegnare a leggere. (Erano tutti analfabeti, ad eccezione di uno o due: José Agudo, che era stato in un istituto di correzione sapeva leggere, ma sua moglie no. Zingari, "quinquis", ragazzi del carcere sapevano leggere a malapena). Me ne andai lì e, se volete sapere, neanche pensavo di predicare, sapete infatti che i Piccoli Fratelli di Foucauld stanno "in silenzio". Volevo dare testimonianza vivendo in mezzo ad essi come Gesù a Nazareth.
Kiko con i primi compagni delle baracche, Domingo e ManoloE che successe? Quello che sempre succede. Il vicino, un giorno che faceva un freddo cane, perché era inverno e nevicava - io mi scaldavo con dei cani randagi che vivevano con me - entrò all'improvviso e mi disse: "Ti ho portato un braciere perché stai morendo di freddo!".
Poco a poco si avvicinavano e domandavano: "Chi è costui che sta qui, con barba e chitarra?". Per alcuni ero uno che aveva fatto un voto, per altri un protestante, perché portavo sempre la Bibbia. Gli zingari venivano per la chitarra... Non sapevano chi ero. José Agudo, che allora era in lite con un altro clan di "quinquis", mi si avvicinò per domandarmi cosa diceva il Vangelo sul fatto di picchiarsi. Io gli lessi il Discorso della Montagna che dice di non resistere al male e restò a bocca aperta: "Come? Ma se non mi difendo mi ammazza! Che devo fare?". Gli diedi da leggere i "Fioretti" di San Francesco che lo impressionarono molto e non mi lasciò più.
Bene, non mi metto a raccontarvi queste storie perché diventerebbe troppo lungo...

Un progetto olandese ...la morte a comando

Il primo testo sul suicidio che la cultura umana ha prodotto è un papiro egizio di 4.200 anni fa, noto come il 'Dialogo di un suicida con la propria anima'. È una disperazione invocante: «La morte è davanti a me oggi / come quando un malato risana / come l’uscir fuori da una detenzione». Quasi all’altro capo della storia, il 'Mito di Sisifo' di Albert Camus, inizia così: «Vi è un solo problema filosofico veramente serio, quello del suicidio.
Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta è rispondere al quesito fondamentale della filosofia». I ministri olandesi della Salute e della Giustizia la fanno breve, e ieri l’hanno detto: da noi c’è già l’eutanasia, per i malati terminali, ma se un individuo sente di aver «completato la sua vita», a prescindere che sia malato o no, perché gli si dovrebbe rifiutare il favore di aiutarlo a uccidersi, e così farlo morire «con dignità»? Ma la semplicità strepitosa e banale della soluzione, e quelle stesse parole «ciclo vitale completato», ci mettono un brivido.
Sono il segno di un salto culturale che non ha più a che fare con la malattia, il dolore, la diagnosi infausta, non ha più a che fare neppure con l’eutanasia e i suoi problemi etici e giuridici: è la potenza della volontà di possedere la morte, di farsi mortali da sé anziché riconoscersi mortali, di scegliere l’ora della morte rifiutando che vi sia un’ora non segnata dall’uomo per uscire dalla vita. Prospettiva antropologica nuova che non ha più a che fare con la medicina, e a ben riflettere configura la fine non più come uscita dalla vita, ma come «ingresso nella morte», quasi volontaria distruzione d’esistenza.
Com’è evidente, allora, che il suicidio ha a che fare con l’anima, col dialogo dell’anima, con le questioni ultime del senso della vita e dell’essere. Non dico soltanto dell’anima che fa persona ogni essere umano. Penso anche a ciò che ha significato, nella civiltà umana e nella storia del pensiero, il concetto di anima mundi, e quanta ricchezza di relazione, di intreccio, di cura, di sollecitudine, di fraternità infine e di comunanza di destino abbia suggerito e generato fra gli uomini. Oggi il fantasma della morte on demand lo falcia.
Oggi l’intuizione dell’anima mundi annega nell’individualismo solitario e disperato che esprime il massimo della liquidità sociale teorizzata. Diranno che la legge verrà ben preparata, e sarà acconcia, e avrà persino la premura di cercare una garanzia per far seria la morte e sottrarla all’impulso o alle pressioni: ci sarà «un esperto indipendente». Qualcuno, dunque, che potrà timbrare «ciclo vitale completato» su un’esistenza umana, e portare a morte l’infelice? Un profilo di dominio in cui solo il divieto ai familiari di somministrare proprio loro le medicine mortali guizza meno crudele.
Diranno che l’infelice l’ha voluto, diranno che l’hanno aiutato, liberato dalla vita grama, dall’angoscia, dal senso di fallimento, di rovina, di stanchezza, di male; in una parola, dalla disperazione. Ma forse proprio dall’ultima parola si può risalire a capire che cosa coinvolge il pensiero suicida, il desiderio di farla finita, su quale terreno attecchisce, dove conduce. È proprio dalla parola disperazione che può distillarsi il senso di quella immensa grazia che è la speranza («una disperazione sormontata», la chiamava Bernanos) e la vitalità che la speranza inietta dentro la vita.
E il bisogno universale della speranza che 'rianima' ogni vita, perché in ogni vita sonnecchia una pulsione di morte. E la capacità di comunicarci speranza l’un l’altro, come fiore di vita nei nostri deserti. Ministri della Salute e della Giustizia olandesi, che ne sapete voi della speranza? O che ne sapete voi dell’anima, nei vostri prontuari farmaceutici, nelle vostre gazzette? Il pensiero suicida vi ha vinti? Siete voi, allora, i disperati.

Eutanasia: Quindici anni di sperimentazione in Belgio‬

il patrono dei separati e dei matrimoni difficili

Conosci il patrono dei separati e dei matrimoni difficili?

In Inghilterra ci fu un re che lavorò costantemente per mantenere la pace nei suoi Stati e la comunione con la Chiesa cattolica. Sant’Edoardo, chiamato il Confessore, è stato il più popolare dei re inglesi dell’antichità.
Tre qualità gli fecero meritare la sua fama di santo: era molto pio, estremamente gentile e amava molto la pace.
Un autore vissuto all’epoca ci ha lasciato questi dati su di lui:
  • Era un vero uomo di Dio.
  • Viveva come un angelo tra tante occupazioni materiali, e si notava che Dio lo aiutava in tutto.
  • Era così buono che non ha mai umiliato con le sue parole neanche l’ultimo dei suoi servi.
  • Si mostrava particolarmente generoso con i poveri e con gli emigrati, e aiutava molto i monaci.
  • Anche quando era in vacanza o andava a caccia, non si perdeva neanche un giorno la Messa.
  • Era alto, maestoso, dal volto roseo e con i capelli bianchi.
  • La sua sola presenza ispirava affetto e apprezzamento.

La vita

Nacque verso il 1003, figlio del re anglosassone Etelredo “l’Indeciso”. Era figlio del terzo matrimonio di Etelredo con la principessa Emma di Normandia.
Quando nel 1015 il re danese Canuto invase l’Inghilterra, la madre Emma partì subito con Edoardo e suo fratello Alfredo verso la Normandia, dove svilupparono grande familiarità con i normanni e i loro leader.
Poco dopo la morte del marito Emma tornò in Inghilterra, sposando in seguito Canuto, durante il governo danese in Inghilterra.
Dopo la morte di Canuto e dei suoi figli, il diritto anglosassone e la nobiltà ecclesiastica invitarono Edoardo, figlio di Emma, a tornare in Inghilterra. Era il 1041. Nel 1042, a circa 40 anni, divenne re.

Un modello di re

Per evitare che si ravvivasse il risentimento della nobiltà anglosassone, nel 1045 Sant’Edoardo si unì in matrimonio con Edith, la figlia del conte Godwin, scontento per l’elezione di Edoardo al trono e che con il suo atteggiamento costituiva una minaccia per il suo regno.
La tradizione dice che Edoardo e la moglie erano persone così ascetiche e dedite a Dio che decisero di vivere insieme come fratello e sorella, per poter così raggiungere la santità. Sant’Edoardo conservò quindi la sua castità.


Edoardo ebbe dei modi d’agire che lo resero estremamente popolare tra i sudditi e lo trasformarono in un modello per i futuri re.
La prima cosa che fece assumendo il suo incarico fu sopprimere l’imposta di guerra, che rovinava molta gente.
Durante il suo lungo regno cercò di vivere nell’armonia più completa con le Camere legislative (che divise in due: Camera di Lord e Camera dei Comuni).
Si preoccupò sempre di far sì che gran parte delle imposte che venivano raccolte fosseripartita tra i più bisognosi.

L’esilio e una promessa

Quando Edoardo era in esilio in Normandia, promise a Dio che se fosse riuscito a tornare in Inghilterra si sarebbe recato in pellegrinaggio a Roma per offrire una donazione al papa.
Quando divenne re, raccontò ai suoi collaboratori il giuramento che aveva fatto, ma questi gli dissero: “Il regno è in pace perché tutti vi obbediscono volentieri, ma se compirete un viaggio così lungo scoppierà la guerra civile e il Paese andrà in rovina”.
Sant’Edoardo decise allora di inviare alcuni ambasciatori a consultare papa San Leone IX, che gli mandò a dire che gli permetteva di cambiare la sua promessa con un’altra: dare ai poveri quello che avrebbe speso per il viaggio e costruire un convento per i religiosi.
Il re lo fece subito: ripartì tra i poveri tutto quello che aveva risparmiato per compiere il viaggio, e vendendo varie delle sue proprietàcostruì un convento per 70 monaci, la famosa Abbazia di Westminster (nome che significa monastero d’Occidente: West = Ovest o Occidente e Minster = monastero). È nella cattedrale che si trova in questo luogo che vengono sepolti i re d’Inghilterra.


Morte e venerazione

L’inaugurazione solenne del famoso coro del Monastero di Westminster ebbe luogo il 28 dicembre 1065, ma il re era già gravemente malato e non poté assistere alla cerimonia.
Morì nel 1066 e venne seppellito nella chiesa dell’Abbazia, restaurata di recente. Non aveva figli, e la lotta per la successione diede origine all’invasione normanna dell’ottobre 1066 e alla battaglia di Hastings. Presto iniziarono i pellegrinaggi sulla sua tomba.
Nel 1102 il suo corpo venne trovato incorrotto, e il 17 febbraio 1161 papa Alessandro III lo incluse nel catalogo dei santi.
I resti del re santo vennero trasferiti nell’Abbazia di Westminster con una cerimonia solenne officiata dall’arcivescovo San Tommaso Becket nel 1163. La Chiesa lo ricorda con gioia ogni 13 ottobre.

Patrono di re, matrimoni difficili e coniugi separati

La Chiesa cattolica si riferisce a Edoardo il Confessore come al santo patrono dei re, dei matrimoni difficili e dei coniugi separati.
Dopo il regno di Enrico II, Edoardo venne considerato il santo patrono dell’Inghilterra finché nel 1348 San Giorgio, il cui culto come santo per i soldati arrivò in Inghilterra durante le Crociate, lo sostituì in questo ruolo. Edoardo, tuttavia, continua ad essere il santo patrono della famiglia reale inglese.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

Street Called Mercy LIVE -- of Dirt and Grace -- Hillsong UNITED

l'unica cosa da fare è questa...le altre sono impossibili!!!

virtù



Non vedere negli altri che il male
è ancor peggio
che lodare soltanto le proprie virtù.

liberami


LIBERAMI!
Signore, liberami dal desiderio di essere stimato,
di essere amato,
di essere innalzato, 
di essere apprezzato,
di essere lodato,
di essere scelto,
di essere consultato,
di essere approvato,
di essere famoso
... Signore, liberami dalla paura di essere disprezzato,
di essere condannato,
di essere dimenticato,
di essere giudicato male,
di essere deriso,
di essere sospettato ...
CHARLES DE FOUCAULD

Aveva ragione lo scrittore francese 
Julien Green quando annotava nel suo Diario:

«Non potendo fare di noi degli umili,
Dio fa di noi degli umiliati».

san pio

 

tratti dalle sue lettere:padre Pio
1.- “Se puoi parlare al Signore nell’orazione, parlagli, lodalo; se non puoi parlare per essere rozza, non ti dispiacere, nelle vie del Signore, fermati in camera a guisa dei cortigiani e fagli riverenza. Egli che vedrà, gradirà la tua presenza, favorirà il tuo silenzio, ed in un’altra volta rimarrai consolata quando egli ti prenderà per mano”
2.- “Quanto più amaro avrai, più amore riceverai”

3.- “Gesù vuole riempire tutto il tuo cuore”
4.- “Dio vuole che la vostra miseria sia il trono della sua misericordia, e le vostre incapacità la sede della sua onnipotenza”
5. – “(La fede è) la fiaccola che dirige i passi di questi spiriti desolati”
6.- “Nel tumultuare delle passioni e delle avverse vicende ci sorregga la cara speranza della sua inesauribile misericordia”
7.- “Ogni fiducia ponetela in Dio solo”
8.- “Il miglior conforto è quello che viene dalla preghiera”
9.- “Non temere affatto, ma stimati fortunatissima per essere stata fatta degna e partecipe ai dolori dell’Uomo-Dio”
10.- “Dio vi lascia in quelle tenebre per la sua gloria; qui è il vostro grande profitto spirituale”
11.- “Le tenebre che a volte circondano il cielo delle anime vostre sono luce: per esse voi vi credete nel buio, ed avete l’impressione di trovarvi nel mezzo di un roveto ardente. Infatti quando il roveto brucia, l’aria intorno si riempie di nembo e lo spirito smarrito teme di non vedere, di non comprendere più nulla. Ma è allora che Iddio parla ed è presente all’anima: che ode, intende, ama e trema”
12.- “Gesù mio, dolcezza mia, amor mio, l’amore che mi sostiene”
13.- “Solo in cielo si trova la felicità”
14.- “Quando vi vedete disprezzati, fate come il martin pescatore che costruisce il suo nido sugli alberi delle navi, ovvero elevatevi da terra, elevatevi con il pensiero e con il cuore verso Dio, che è l’unico che vi può consolare e può darvi forza per sopportare santamente la prova”
15.- “Tieni per fermo che quanto più crescono gli assalti del nemico, tanto più Dio è vicino all’anima”
16.- “Benedicine perciò il Signore (per la sofferenza) e rassegnati a bere al calice del Getsemani”
17.- “Durante la tua esistenza, sappi tu sostenere le amarezze per poter partecipare alle sofferenze di Cristo”
18.- “La sorte delle anime elette è il patire; è la sofferenza sopportata cristianamente condizione a cui Dio, autore di ogni grazia e di ogni dono conducente a salute, ha stabilito di darci la gloria”
19.- “Ricordati (…) che non si perviene a salute se non per la preghiera; che non si vince la battaglia se non per la preghiera. A te dunque la scelta”
20.- “La preghiera è la migliore arma che abbiamo; è una chiave che apre il cuore di Dio”

I lavoratori stranieri ci pagano 640mila pensioni




Producono una ricchezza paragonabile al fatturato Fiat. Versano quasi 11 miliardi di contributi, che permettono di pagare la pensione a 640 mila italiani. E sborsano quasi 7 miliardi di Irpef. Per loro lo Stato spende meno di 15 miliardi, il 2% scarso della spesa pubblica. Sono i lavoratori immigrati. A calcolare le dimensioni dell’'economia dell’immigrazione' è uno studio della Cgia di Mestre che prende le misure del fenomeno e sfata parecchi luoghi comuni sul peso dell’immigrazione in Italia. Che invece - affermano i ricercatori - contribuisce in modo importante alla ricchezza del Paese con 550 mila piccole e medie imprese. Questa VI edizione delRapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, sottotitolo «L’impatto fiscale dell’immigrazione », è redatto dalla Fondazione Leone Moressa ed edito dal Mulino con patrocinio di Oim e ministero degli Esteri. 

E si focalizza appunto sul contributo della componente straniera alle casse pubbliche. È il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione a introdurre la presentazione, ospitata al Viminale. «Sono dati importanti – spiega il sottosegretario – per uscire da un dibattito che spesso è troppo ideologico. La lente statistica permette invece di affrontare l’argomento nel modo il più possibile oggettivo. L’Italia è il terzo Paese in Europa per immigrati, con 5 milioni circa di presenze, dietro alla Germania con 7 e la Gran Bretagna con 5 e mezzo. Nel Belpaese sono l’8%, un po’ sopra la media europea del 7%, ma ci sono stati più piccoli del nostro che arrivano al 10%, come Belgio e Austria». 

Secondo la ricerca - 214 pagine di dati e tabelle gli stranieri che lavorano in Italia producono dunque 127 miliardi di ricchezza, cifra paragonabile appunto al fatturato del primo gruppo industriale italiano (Exor, gruppo Fiat), pari a 136 miliardi. O al valore aggiunto prodotto dall’industria automobilistica tedesca. Il contributo economico dell’immigrazione si traduce in 10,9 miliardi di contributi previdenziali pagati ogni anno, in 6,8 miliardi di Irpef versata, su 46,6 miliardi di redditi dichiarati. 

E sono 550.717 le imprese straniere che producono ogni anno 96 miliardi di valore aggiunto, il 6,7% del Valore aggiunto nazionale. Nel 2015 sono stati 656 mila gli imprenditori immigrati e 550 mila imprese a conduzione straniera, il 9,1% del totale. Negli ultimi anni (2011/2015) le imprese condotte da italiani sono diminuite del 2,6%, mentre quelle condotte da immigrati hanno registrato un incremento significativo (più 21,3%). 

Di contro, la spesa destinata agli immigrati è pari all’1,75% della spesa pubblica italiana (pari a 14,7 miliardi: molto meno, ad esempio, dei 270 miliardi per le pensioni), soprattutto per sanità (4 mi-liardi), istruzione (3,7) e giustizia (2). Secondo il dossier, per mantenere i benefici attuali anche nel lungo periodo sarà necessario aumentare la produttività degli stranieri, non relegandoli a basse professioni. Dal confronto degli stipendi e dei redditi degli stranieri emerge che in media gli stipendi dei lavoratori dipendenti è di 1.300 euro per gli italiani e 1.000 per gli stranieri, il 23% in meno. Non c’è dubbio dunque che nel nostro Paese l’immigrazione sia sempre più importante. 

Dal punto di vista demografico nel 2015 gli italiani in età lavorativa sono stati il 63%, mentre gli stranieri il 78%. La produttività per occupato supera i 135 mila euro, nel caso degli immigrati il valore aggiunto per occupato è di poco superiore ai 50 mila. Il problema sembra quindi essere la produttività. Il tasso di occupazione degli stranieri è maggiore di quello degli italiani, ma spesso (66%) sono lavori a bassa qualifica, giustificati solo in parte dal basso titolo di studio della popolazione straniera. Il tutto si traduce in differenziali di stipendio e reddito molto alti tra stranieri e italiani, e quindi anche in tasse più basse versate. Solo per l’Irpef la differenza pro-capite tra italiani e stranieri vale 2 mila euro.

Bloccato il tentativo di aprire in Europa la strada alla legalizzazione della maternità surrogata



Con 83 no e 77 sì il Consiglio d’Europa habocciato il Rapporto De Sutter che intendeva aprire il varco alla legalizzazione della maternità surrogata nei Paesi membri. 

Dopo due anni di serrata battaglia d’idee, sette mesi di confronto in commissione e ben cinque votazioni, tutte negative, i difensori del controverso Rapporto De Sutter teso a sdoganare l’utero in affitto inEuropa hanno finito ieri per capitolare.

Dal marzo scorso i tentativi successivi di far passare una «regolamentazione» equivalente di fatto a un riconoscimento erano stati condotti nel corso di tante nervosissime sedute dellaCommissione Affari sociali del Consiglio d’Europa, spesso nella sede distaccata di Parigi assediata all’esterno da chiassose proteste di piazza. Ma alla fine la stoccata decisiva contro ciò che rimaneva del Rapporto è stata portata ieri a Strasburgo, nel quartier generale dell’organizzazione paneuropea specializzata nella tutela dei diritti umani. E a opera dell’organo più rappresentativo, ovvero l’Assemblea (Apce) che riunisce i parlamentari provenienti dai 47 Stati membri, dall’Atlantico alla Russia. 

Verso le 18.30, dopo un dibattito a tratti infiammato, la senatrice ambientalista belga Petra De Sutter, relatrice delle raccomandazioni in discussione, ha lanciato il suo ultimo appello: «Vi chiedo di capire che questa risoluzione è davvero urgente». Invece, l’esito è stato impietoso: 77 voti favorevoli, 83 voti contrari e sette astenuti, nel quadro di uno scrutinio solenne in cui era richiesta la maggioranza qualificata dei due terzi.

Di colpo, una sorta di silenzio è calato nell’«altra assemblea parlamentare» di Strasburgo, dirimpettaia dell’Europarlamento, sulla sponda opposta dell’Ill. Perché è stato simbolicamente confermato il noalla surrogata già espresso lo scorso dicembre propriodall’Europarlamento, grazie a un emendamento votato nel quadro del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo. È il colpo dell’uno-due, considerato già ieri sera da molti deputati presenti come una solida diga di sbarramento contro futuri tentativi di ricorrere a grimaldelli in vista di legalizzazioni mascherate. 

L’ultimo moncone del Rapporto De Sutter – le raccomandazioni ai capi delle diplomazie europee per elaborare linee guida formalmente in vista di una tutela dei bambini nati da contratti di surrogata – era stato bocciatogià in mattinata ancora una volta in commissione (24 voti contrari, 16 favorevoli). Ma tutte le tensioni accumulate nei due anni di lavoro sul testo sono poi emerse in plenaria. 

«Sono profondamente disturbata dai tentativi d’intimidazione verso la relatrice, siamo rimasti scioccati», ha un certo punto dichiarato la britannica Doreen Massey, presto imitata da altri deputati che hanno insistito sui presunti “colpi” inferti alla relatrice.

Una posizione ribaltata dalla deputata milanese Eleonora Cimbro (Pd), che ha fatto valere la propria presenza a tutti i lavori, testimoniando contro i tentativi di «vittimizzazione». 

Accantonando gli steccati ideologici e mostrando una sintonia profonda su valori di fondo come la dignità della persona, le deputate italiane hanno condotto all’attacco gran parte del dibattito introducendo due emendamenti, difesi simbolicamente non dalla prima firmataria dei testi. Il che ha spiazzato a tratti il presidente di seduta. Un modo originale anche per mostrare all’aula il frutto di un lavoro davvero comune. 

L’emendamento per un’abolizione totale, che aveva come prima firmatariaMilena Santerini (Democrazia solidale-Centro democratico), è stato difeso in aula da Elena Centemero (Fi). Sottoscritto in primis da quest’ultima, il secondo emendamento, volto a incaricare di lavori in chiave abolizionista la Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato, è stato poi perorato da Eleonora Cimbro (Pd), forte anche del ruolo di membro a pieno titolo della Commissione Affari sociali, a differenza delle colleghe, giunte come supplenti. 

Gli emendamenti sono stati bocciati entrambi di stretta misura (78 voti contro 75, poi 80 contro 79), ma questi esiti parziali hanno paradossalmente conferito un surplus di limpidezza al no finale contro le raccomandazioni, sottoposte all’aula nella loro versione iniziale. 

Spaccato al proprio interno sulla questione, il gruppo dei socialisti e apparentati ha lasciato libertà di coscienza ai propri membri, con esiti talora sorprendenti, come la piena sintonia fra parlamentari di schieramenti opposti. 

Un sussulto di coscienza è vibrato nel cuore dell’Europa, in mezzo alle gabbie di freddi tecnicismi e sottigliezze giuridiche nelle quali si è a lungo cercato di canalizzare il dramma umano lacerante dell’utero in affitto. Con un risultato che non lascia più ombre né incertezze.

le 7 opere di misericordia corporale e spirituale. Ve le ricordavate tutte?





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12 ottobre

il bicchiere colmo

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Il cuore come un bicchiere

Quando nel 1981 al referendum abrogativo 

della legge sull’aborto vinsero i “no” con il 68 

per cento dei voti, il settimanale Il Sabato scrisse 

in copertina “Si riparte da 32”, 

ma il fondatore di Cl disse: 

«No, dobbiamo ripartire da Uno».

 Partire da Gesù, riscoprire Gesù, 

entrare in intimità con Lui: 

solo qui sta il problema.

Quando il 25 marzo 1989, disperato perché 

mi ero innamorato, andai da Giussani, 

lui dopo avermi fatto i complimenti mi disse: 

«Vedi questo bicchiere? 

Se è pieno di acqua fino a traboccare nessun

 moscerino né nient’altro può entrarci,

 ma se non trabocca ci può entrare di tutto. 

Così è il cuore dell’uomo, 

così è ciò che è accaduto a te». 

Poi, per mezz’ora, 

citando decine di frasi di san Paolo, 

mi ha fatto vibrare della sua passione per Gesù. 

Quella passione che a 27 anni di distanza 

non solo mi sostiene nel dolore, nella malattia, 

ma è l’origine di questo piccolo villaggio della 

misericordia.

Cara Nicoletta, la pietra che ti è caduta sulla testa

 è una grazia di Dio perché tu ti renda conto 

che c’è una cosa peggiore che l’avere un’anima 

cattiva, ed è avere un’anima bell’e fatta, come 

scriveva Péguy. L’abitudinarietà è la morte 

del cuore come il borghesismo dell’anima. 

Riprendi in mano la tua vita, segui ciò che ti ha

 affascinato.


paldo.trento@gmail.com


Leggi di Più: Aldo Trento. 

Dov'è Gesù se «matrimonio va male?» 
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pellegrina 26 ottobre

distacco


Ecco un test del distacco 

da se stessi e dalle cose: 

mettersi a letto, la sera, 

con il nome di Dio sulle labbra, 

e addormentarsi in un momento.