è quello di smarrire la polifonia dell'esistenza.
Voglio dire che Dio e la sua eternità
pretendono di essere amati dal profondo del cuore,
senza però che l'amore terrestre ne venga
danneggiato o indebolito;
qualcosa come un cantus firmus,
attorno al quale le altre voci della vita cantino
in contrappunto [...]
Dove il cantus firmus è chiaro e distinto,
il contrappunto può dispiegarsi
col massimo vigore [...]
Solo se si fa risuonare con
tutta chiarezza il cantus firmus,
il suono è pieno e perfetto e il contrappunto
sa dove andare.
Non può scivolare né staccarsi
e resta se stesso nel tutto.
Quando si realizza questa polifonia,
la vita è completa, e finché il cantus firmus è
mantenuto, nulla di funesto può verificarsi.
("Lettera a Renata ed Eberhard Bethge",
in "Resistenza e resa", San Paolo, pag. 374).
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