domenica 2 ottobre 2016

Lo zucchero fa male

Lo zucchero fa male. Sembrerà una ovvietà, ma per gli scienziati americani negli anni ’60 era ancora oggetto di dibattito cosa provocasse – ad esempio – l’obesità. Che non ci fosse una correlazione diretta è quello che alcuni autorevoli scienziati fecero credere all’opinione pubblica statunitense dopo aver ricevuto ampi finanziamenti dall’industria dello zucchero.
A dare la notizia è il New York Times, a riportarla in Italia, Repubblica:
Decine di scienziati, negli Anni 60, furono pagati dall’industria americana dello zucchero per sminuire il collegamento tra consumo di zucchero e problemi cardiaci e spostare così l’attenzione sui grassi saturi. A rivelarlo sono una serie di nuovi documenti scoperti recentemente da un ricercatore della University of California di San Francisco e pubblicati sul magazine Jama Internal Medicine. La verità che emerge è sconvolgente: la lobby dello zucchero avrebbe pilotato per più di cinquant’anni studi sul ruolo dell’alimentazione sui problemi cardiaci. “Sono stati in grado di sviare il dibattito sullo zucchero per decenni”, ha detto al New York Times, Stanton Glantz, professore di medicina e autore del paper uscito su Jama.
I documenti trovati dimostrano che l’associazione Sugar research foundation, oggi diventata Sugar Association, corruppe tre ricercatori di Harvard per pubblicare un’analisi sullo zucchero e sui grassi in rapporto alla salute del cuore. Era il 1967 e ognuno dei tre studiosi ricevette circa 50.000 dollari. Sia gli scienziati coinvolti nello scandalo che i membri dell’associazione non sono più vivi. Uno dei tre esperti è D.Mark Hegsted, che nella sua lunga carriera diventò capo della divisione che si occupa di nutrizione al Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. Il suo gruppo pubblicò le linee guida sull’alimentazione nel 1977.
Una tegola sull’autorevolezza di molte persone, al di là delle evidenze scientifiche che poi hanno smentito la non interazione tra zuccheri, grassi e malattie cardiovascolari. Così si svolse la vicenda:
Si tratta di una strategia “astuta”, secondo quanto avrebbe dichiarato lo stesso Glantz al , perché le review sono uno degli strumenti ai quali più si affidano scienziati e decisori politici per stilare direttive e indicazioni di salute pubblica. Specialmente se si tratta di revisioni pubblicate da riviste prestigiose, e quella in questione apparirà proprio su una delle più importanti, allora come oggi: il New England Journal of Medicine. L’SFR, dunque, chiama direttamente in causa tre grandi ricercatori di Harvard e uno di loro, Hegsted rassicura Hicskon in questi termini sul senso del lavoro assegnato: “Abbiamo ben compreso il vostro particolare interesse nei carboidrati (in particolare nello zucchero, NdR) e ce ne occuperemo come meglio potremo”. Nell’ottobre del 1966, dopo che l’SFR ha avuto modo di leggerne le bozze, l’articolo è pronto per la pubblicazione. Hickson è soddisfatto: “È più o meno quello che avevamo in mente, e non vediamo l’ora che venga pubblicato. Cosa che succederà nel 1967, con l’uscita di due articoli successivi appunto sul New England Journal of Medicine. Le conclusioni sono nette: per quanto sembri effettivamente esistere un’associazione tra consumo di grassi e zuccheri e rischio di mortalità cardiovascolare, gli unici interventi efficaci per ridurre questo rischio sarebbero quelli relativi alla riduzione del colesterolo e alla sostituzione dei grassi saturi con grassi insaturi nella dieta degli americani. In altre parole: zucchero assolto (Il fatto alimentare, 13 settembre).
Cosa fare con lo zucchero?
Innanzi tutto i genitori dovrebbero stare molto attenti a non dare zuccheri ai propri figli nei primi due anni di età, e in generale educare i ragazzi ad un consumo molto morigerato.
In un’epoca di obesità dilagante, ai genitori oggi si consiglia di non dare zucchero ai bambini. Il bando è totale fino ai due anni di età. E anche dopo, fino a 18 anni, non bisognerebbe superare i 25 grammi al giorno: 6 cucchiaini scarsi. La direttiva arriva dall’American Heart Association, secondo la quale non è mai troppo presto per iniziare a combattere i chili di troppo, con i rischi correlati di ammalarsi di diabete, veder proliferare i grassi nel sangue e — da grandi — compromettere la salute di arterie e cuore.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’anno scorso aveva rivisto le sue linee guida, raccomandando agli adulti di non superare i 50 grammi (10 cucchiaini da tè) al giorno. Subito è stata imitata dalla Food and Drug Administration americana, che ha sforbiciato anche le sue indicazioni. La scorsa settimana, infine, la Gran Bretagna ha introdotto una tassa sulle bibite zuccherate, che entrerà in vigore nel 2018 con la promessa che gli introiti saranno usati per costruire strutture sportive o promuovere stili di vita salutari. Prima di Londra, anche Messico, Francia, Belgio e paesi scandinavi avevano intrapreso la strada fiscale per ridurre il consumo di dolci. In Italia la proposta fu sollevata nel 2012, ma senza approdare a nulla.
Frutta e latte, dove gli zuccheri sono presenti naturalmente, sono invece esclusi dal bando. Per quanto riguarda almeno la prima, anzi, il suo consumo viene sempre consigliato.
Alcuni consigli:
Ci sono zuccheri semplici e zuccheri complessi. E hanno scopi diversi.
Gli zuccheri sono di due tipi: semplici, come il classico cucchiaio di saccarosio, e complessi, come l’amido nella pasta, nelle patate e nel riso. Entrambi fanno parte della categoria “carboidrati”. Gli zuccheri semplici rilasciano energia immediata mentre quelli complessi danno energia con gradualità.
Le mamme aggiungono troppi zuccheri semplici agli alimenti
E’ soprattutto con gli zuccheri semplici, aggiunti agli alimenti, che tendiamo ad eccedere per i nostri bambini. Se pensiamo che in natura non esistono carboidrati a rilascio immediato, ci rendiamo conto di quanto possa essere opportuno limitare l’aggiunta di zucchero; anche la frutta, naturalmente dolce, fornisce in realtà un complesso di zuccheri “buoni” che portano con sé altre importanti sostanze quali fibre, vitamine, minerali ecc…..con un valore nutritivo ben superiore a quello fornito dal solo fruttosio in essa contenuto” spiega il Prof. Claudio Maffeis.
Lo zucchero non deve essere “il” premioE’ diseducativo dare un dolce come premio. Nelle famiglie italiane siamo abituati per tradizione a una dolce ricompensa come premio per un comportamento corretto. Sempre secondo il professor Claudio Maffeis, questa azione all’apparenza innocua in realtà è diseducativa (nostrofiglio.it).
Il problema dell’indipendenza della scienza
Questo caso venuto alla luce solo oggi di interferenza da parte dell’industria nella scienza e di conseguenza nelle politiche pubbliche, ricorda da vicino il tema della pericolosità del tabacco e di come l’industria americana mentì al Congresso circa gli effetti delle sigarette sul fisico e sulle politiche industriali circa gli additivi che rendono il fumo una dipendenza. A questo proposito un bel film con Al Pacino e Russel Crown del 1999 raccontava la vicenda
Importante fu il ruolo del giornalismo quella volta (Insider è una storia vera), così come nel caso dello zucchero è stata la ricerca stessa a svelare la bugia e gli interessi. La verità è preziosa e spesso salva la vita.

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