lunedì 22 febbraio 2016

alle 22 ero a Brindisi



Spossato, alle 22 ero a Brindisi all'aeroporto e accasciato in attesa del volo che a mezzanotte mi riportava a casa, cercavo sul telefonino notizie sulla mia Juve che giocava col Bologna. Mi si avvicina un bambino di nove-dieci anni e mi dice: grazie per la battaglia che combatti contro il gender. Un balsamo per il cuore. In aereo capitiamo vicini, c'è tutta la sua famiglia: papà, mamma e tre figli. Erano presenti al Family Day. Sono andati a salutare i parenti pugliesi perché martedì partiranno per l'Africa come missionari. Tutti e cinque. Il papà, un professionista affermato, ha lasciato tutto e insieme alla mamma e ai ragazzi mi mostra orgoglioso il visto da "missionario" stampato sul passaporto. Chiedo: "Come vivrete lì?". Risponde sorridente il papà: "Vivremo di Provvidenza, il visto ci vieta di lavorare". Anche i figli sorridono, sono bellissimi e il ragazzino che ha ringraziato me stampa un bacio al papà, come a volerlo incoraggiare ("è stata dura da spiegare, anche ai familiari, molti non capiscono e mi dicono di pensare ai figli, ma io tanto ho ricevuto e ora sono chiamato a restituire qualcosa"). Li vedo sereni, se non avessi terrore di questo aggettivo, li definirei "felici". E loro ringraziano me, quando quello che io faccio è nulla rispetto a quello che stanno per fare loro, una delle tante famiglie del Family Day. Non voglio la loro fede. Signore dammi un centesimo della loro fede e sarò davvero invincibile.

Mario Adinolfi

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