lunedì 22 febbraio 2016

mi chiamo Samuel


mi chiamo Samuel, e sono un insegnante in una città di provincia vicino Londra . Sono sposato da 12 anni e vivo in un quartiere della classe media. Ho quattro figli, quattro galline e una macchina che ha dieci anni. La mia vita è apparentamente mediocre, tranne forse per le galline, che in effetti sono una cosa stravagante.
Una volta vivevo e lavoravo all’estero, parlava tutto il giorno in una lingua straniera, viaggiavo per l’Europa come se fosse il cortile di casa mia, lavoravo per un settore emozionante (aeronavi ibride), avevo ragazze esotiche che vivevano in posti esotici, incontravo dozzine di amici altrettanto spensierati in bar alla moda ogni volta che volevo. E sapete qual era l’aspetto migliore? Avevo dei progetti! Molti progetti per fare molte cose.
Poi, all’improvviso, poco più di un anno fa, una mattina mi sono svegliato e ho realizzato di essere un insegnante quarantenne di una cittadina di provincia, sposato con figli e che guida una macchina malridotta. Che diavolo era successo?
Quella vita non c’era più. Niente più novità. Niente più momenti di spontaneità. Nessuna libertà di prendere la strada che volevo. E niente più possibilità di grandezza per mostrare al mondo chi fossi. Non posso fare il galletto perché sono sposato, non posso comprarmi una cabriolet perché ho quattro figli, non posso andare a Berlino perché lunedì devo lavorare, non posso diventare avvocato perché sono un insegnante.
Una per una, tutte le vie che mi si profilavano davanti vent’anni fa, piene di potenzialità e di promesse, si sono chiuse, e ho fatto una scelta anziché un’altra, ho preso una decisione anziché un’altra, mi sono impegnato in una situazione e non in un’altra. Ed eccomi qui. Un semplice marito, un padre, un insegnante.
Capisco che posso sembrare un ingrato, che si lamenta di una vita che molti vorrebbero avere anche solo in piccola parte – moglie, figli, casa, macchina, lavoro, salute, sicurezza. E questa insoddisfazione nei confronti di ciò che ho già mi inquieta. Mi inquieta questo anelito ad avere di più.
È stato quindi un sollievo e una rivelazione trovare una risposta in questo articolo di uno dei miei direttori spirituali preferiti, padre Ron Rolheiser, che scrive:
Una forma di irrequietezza che molti di noi condividono… è un senso di intrappolamento in certi matrimoni, in certe famiglie, vocazioni, carriere, chiese, lavori e luoghi che ci frustrano, ma che, per qualsiasi tipo di ragioni, non ci sentiamo nelle condizioni di abbandonare. E allora viviamo in uno stato di insoddisfazione e agitazione, incapaci di far pace con il nostro destino e allo stesso tempo incapaci di abbandonarlo . […]
Quello che vediamo è un cancro dello spirito, un rifiuto di accettare il proprio destino, un’incapacità di far pace con ciò che si vive.
Ma la vera rivelazione è giunta nel paragrafo successivo:
Come possiamo superare questo tipo di irrequietezza? Un vecchio adagio dice ‘Se non riesci a uscire da qualcosa, entraci più profondamente‘.
Se non riesci a uscire da qualcosa, entraci più profondamente! Quella riga ha iniziato a entrarmi dentro, facendomi provare un misto di eccitazione e paura. Eccitazione per aver trovato una risposta alla mia agitazione, paura perché sapevo instintivamente che la risposta mi avrebbe portato in modo acuto e inesorabile in una zona d’ombra: “In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21, 18).
Entrarci più profondamente. Questa semplice frase, così inoppugnabile, così illogica, vuole che entri in modo più pieno, completo e concreto nelle cose che hanno caratterizzato il mio scontento! La vita matrimoniale. La vita familiare. Il mio lavoro. Entrarci più profondamente… Implica sia un punto di svolta che un punto di non ritorno. Sembra realistico e viscerale. Suggerisce che è ora di rimboccarsi le maniche e di sporcarsi le mani. Piuttosto che scappare da qualcosa, è ora di gettarcisi dentro.
Dovrò passare per un processo di abbandono delle cose – e sarà doloroso
Per approfondire le cose che contano, dovrò scartare le cose che non sono importanti. I miei progetti personali, i miei desideri, le proiezioni di me stesso come la persona che voglio che la gente veda, dovranno sparire. Ho già avuto il mio primo pezzo di danno collaterale, perché ho deciso di chiudere la mia attività . Negli ultimi anni avevo gestito un centro di insegnamento in parallelo al mio lavoro full time. È un’occupazione impegnativa e mi sottraeva alla mia famiglia per qualche altra ora ogni sera e nei weekend. Lasciar stare significa prendere alcune decisioni dolorose: chiudere il centro proprio quando mi accingevo a espandere l’attività; questo a sua volta significa licenziare delle persone impegnate, deludere i miei studenti, arrendermi ai miei concorrenti e perdere la gloria per il fatto di gestire il miglior centro di insegnamento della città. Sento le critiche di amici e familiari e la loro incredulità inespressa: “Che diavolo sta facendo, visto che andava tutto così bene?” Dall’altro lato, provo già anche un immenso senso di sollievo. Ma sono sicuro che non sarà l’unica cosa che dovrò abbandonare.
Dovrò abbracciare la realtà della mia situazione attuale – e anche quello sarà doloroso
In qualche misura, inseguire nuovi progetti è stato un modo per evitare la monotonia della mia esistenza attuale. Non mi piace essere un insegnante statale. Amo i miei studenti, ma odio le pressioni amministrative che comporta questo lavoro. Non trovo sia facile fare attenzione ai dettagli, e l’amministrazione sottolinea questa debolezza del mio carattere e mi fa sentire vulnerabile. Se vincessi alla lotteria smetterei immediatamente di insegnare, ma non succederà e provo un profondo risentimento nei confronti di un lavoro che mette in luce le mie debolezze piuttosto che utilizzare i miei punti di forza. E allora il mandato ad approfondire avrà grandi implicazioni sul modo in cui approccio il mio lavoro. Dovrò cambiare radicalmente il mio atteggiamento!
Non riuscirò a farlo a metà
Sembrerebbe strano accettare la sfida solo per certi aspetti della mia vita e non per altri. “Entrare più profondamente” sembra richiedere il mio impegno totale nei confronti della mia vita. Non posso scegliere di prenderla sul serio in un campo rimanendo frivolo in altri; sono sicuro che ad esempio non riuscirei a indagare seriamente sui misteri del nostro matrimonio avendo allo stesso tempo un approccio noncurante all’aspetto finanziario, alla nostra vita di preghiera, al nostro divertimento. Sarebbe come cercare di tuffarsi nell’oceano volendo tenere i piedi saldi nei fondali bassi.
Avrò la tentazione di gettare la spugna
Anche scrivere questo articolo mi fa venire voglia di gettare la spugna. Sto sperimentando la fatica ancor prima di aver davvero iniziato. Mi sento come se volessi dimenticando tutto, cancellare questo documento, versarmi un bicchiere di whisky e vedere qualcosa con Netflix. Ma qual è l’alternativa? Un sospetto costante che la mia vita sia incompiuta.
Raggiungerò meno, ma diventero di più
Concentrami sul mio business ha significato saltare pasti e tempo dedicato ai giochi e alla preghiera con i miei figli. Entrare più profondamente nella mia vita familiare significherà usare il dono del tempo extra per abbracciare in modo più consistente la mia paternità. C’è già uno sguardo di piacere e sorpresa sul volto dei miei figli mentre chiedono “Non esci stasera?” Appena l’altro giorno ho passato un’ora al tavolo di cucina aiutandoli con i compiti. Era un’occasione per conoscerli attraverso la semplice azione di lavorare accanto a loro, cercando di capire come imparano, cosa li motiva e come approcciano una sfida, o come rispondono a un fallimento o a un successo. Che grande aiuto per capire meglio la mente dei miei ragazzi! E che opportunità come padre di sperimentare quanto influenzo la loro vita e modello la loro comprensione del mondo!
Scoprirò qualcosa – e potrebbe anche essere me stesso
Sono cinico quando si tratta di segni spirituali, ma sono rimasto colpito quando, scrivendo questo articolo nella festa di San Francesco di Sales, mi sono imbattuto in una citazione attribuita a lui: “Desidera essere ciò che sei e di essere bravo in ciò che fai. Tutti i tuoi pensieri dovrebbero essere rivolti a perfezionarti in questo. Sii pronto a portare tutte le croci che ti verrà chiesto di portare nel processo. Credimi, è un grande segreto, ma un segreto che viene compreso poco nella vita spirituale, perché chiunque ama fare le proprie cose e pochi vogliono vivere in base al progetto e ai desideri di Nostro Signore”.
Chi perde la sua vita la troverà.

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