martedì 11 marzo 2014

negare la Comunione è vera misericordia



«Io, figlio di divorziati risposati, dico: negare la Comunione è vera
misericordia»
di Franco Rossi – La Nuova Bussola Quotidiana, 11 marzo 2014

Pubblichiamo la testimonianza di un uomo,
figlio di divorziati risposati, che racconta di come
l'impossibilità di accedere alla Comunione sia stata
per sua madre la più grande misericordia che
la Chiesa potesse concederle.
 Un'ulteriore prova che le spinte in corso in vista del Sinodo per
rendere lecite le seconde nozze sono lontane
dalla realtà quotidiana del popolo di Dio.
Ovviamente la firma di questo articolo è uno pseudonimo,
per garantire la privacy all'autore.

Caro Direttore,
sono un figlio, ormai adulto, di genitori divorziati,
che dopo la separazione hanno avuto altri
legami. Le scrivo per testimoniare che il non ammettere
questi fratelli e sorelle all’Eucaristia è un
vero e proprio atto di misericordia, poiché ciò rammenta
loro che si trovano in una situazione di
peccato dalla quale devono uscire, e prepara il terreno
per una conversione. È questo il caso dei
miei genitori, in particolare di mia madre, e di molte
altre coppie che ho avuto modo di conoscere.
Ma andiamo con ordine. Avevo quattro anni quando
i miei genitori si separarono, dopo sei
anni di matrimonio tempestoso.
Cinque anni dopo fu loro concesso il divorzio.
Ad eccezione di un particolare di molti anni dopo,
 cui accennerò in seguito, non conosco molto
della vita privata di mio padre - vivevo infatti con mia
madre e i rapporti con lui erano molto
superficiali - so solo che dopo la separazione ebbe altri legami.
Lo stesso avvenne con mia madre: ella si legò
sentimentalmente a un uomo sposato e separato con
figli già grandi, per una relazione che durò diversi anni,
 ma che non si sviluppò in una convivenza,
se non per brevi momenti di vacanza nei mesi estivi.
Avevo quindici anni quando mia madre conobbe un altro uomo,
 e avviò una relazione molto
più seria e che divenne una convivenza more uxorio.
Essi acquistarono una nuova casa, accesero un
mutuo … era un rapporto destinato a diventare,
almeno nelle intenzioni, stabile.
Nonostante questo tipo di vita, mia madre non
perse il contatto con il Signore, e mi educò
cristianamente. Cercò perfino di far conoscere
la fede al suo convivente, il quale, nato in una
famiglia non religiosa, non era praticante.
a sua fortuna fu di incontrare quasi sempre sacerdoti
che le facevano presente la sua situazione di
peccato. Ella era cosciente di questo fatto,
ma non aveva la forza di cambiare vita. In tutti questi
anni, quindi, mia madre non poté ricevere
l’assoluzione e accostarsi alla Comunione.
Andavamo insieme a Messa tutte le domeniche,
 io facevo la Comunione, lei no, cosa della quale naturalmente
soffriva molto.
A parte rarissime eccezioni, nell’ambiente ecclesiale
non fu mai condannata né giudicata, bensì
sempre accolta con la massima carità e rispetto.
La situazione familiare non provocò alcun
problema neppure a me, frequentavo regolarmente
l’oratorio, e a partire dagli anni del liceo, i gruppi giovanili cattolici.
La misericordia di sentirsi dire dai ministri di
Dio la verità sulla sua vita di peccato preparò nel
suo cuore il terreno fertile per il potente
intervento di Dio, che si manifestò quando,
verso la metà degli anni Ottanta, mia madre iniziò
ad andare a Medjugorje.
In questo luogo d’immensa grazia la
Madonna la invitò, come del resto avevano fatto senza
successo diversi sacerdoti in precedenza, a
convertirsi e ad abbandonare la vita di peccato.
Alle parole dei sacerdoti aveva opposto resistenza,
all’invito della Madonna ella rispose con ‘sì’ incondizionato.
Tornata a casa, dopo qualche tempo ella disse al suo
convivente che non voleva più vivere nel
peccato, e decise di non avere più rapporti intimi con lui,
 così che poté di nuovo andare a fare la
Comunione. Questo fu solo il primo passo,
ella infatti comprese che doveva dare di più. Trascorse
all’incirca un altro anno, e decise di separarsi dal convivente.
La vita nella grazia aprì gli orizzonti del suo cuore
e della sua anima. Improvvisamente
comprese di essere ancora sposata con mio padre,
 e pur non tornando a vivere con lui – egli non
aveva fatto un cammino di conversione, e mia madre
temeva che si manifestassero certe situazioni
negative come ai tempi della vita matrimoniale –
ricominciò a parlare normalmente anche con lui. E
parlando a me, ella non si riferiva più a lui come
‘tuo padre’, bensì come ‘il papà’.
Sono grato a mia madre per questa sua conversione,
poiché con questo che per lei fu
indubbiamente un grande sacrificio
- non è facile per nessuno vivere da soli – ha testimoniato
anzitutto a me il grande valore della purezza e
il fatto che il matrimonio è un sacramento, e quindi
indissolubile.
Di mio padre, come già detto, non so molto,
se non un significativo episodio di molti anni dopo.
Un giorno mi confidò di essere innamorato e di
avere una ‘fidanzata’, la quale, aggiunse, desiderava
conoscermi. Io gli risposi che, per educazione e
rispetto della persona, se mi fosse capitato di
incontrarla l’avrei salutata e parlato con lei normalmente,
aggiunsi tuttavia queste parole: «Papà,
ricordati però che sei sposato, e non ti è lecito
avere un’altra donna. Non m’importa nulla di ciò che
hanno stabilito i tribunali della terra, davanti a Dio
sei sposato con la mamma».
Un anno più tardi egli morì d’infarto, e mettendo in
ordine il suo appartamento, non trovai alcuna
traccia, scritta o di altro genere, che egli avesse una
relazione in corso. È quindi assai probabile che
quelle mie parole di un anno prima lo avessero colpito,
e avesse deciso di interrompere la relazione.
Anche in questo caso la grazia del Signore aveva agito,
 ed egli aveva troncato una situazione di
peccato.
Avendo vissuto per molti anni nell’ambiente di persone
che vanno a Medjugorje, ho
conosciuto molte situazioni difficili con riferimento
alla vita matrimoniale, e ho notato che il Cielo
agisce sempre come nel caso di mia madre, cioè fa
comprendere le situazioni di peccato e invita i
peccatori a convertirsi e a cambiare vita.
Vi sono stati casi di famiglie sull’orlo della rottura che
hanno ritrovato l’armonia; coppie risposate civilmente
che hanno intrapreso la procedura di
dichiarazione di nullità di uno o di entrambi i matrimoni
precedenti, per poi sposarsi in chiesa. Altre
coppie sposate civilmente, che non potevano ottenere
la nullità, hanno deciso di vivere il rapporto
matrimoniale nella castità assoluta - avevano conosciuto
l’Amore del Signore, e non volevano più
peccare. Ho conosciuto conviventi che, rendendosi
conto di vivere nel peccato, proprio come mia
madre hanno deciso di separarsi.
In questo modo agisce il Cielo - con misericordia
 ammonisce il peccatore e lo invita a cambiare
vita, poiché, come ha detto esplicitamente Gesù,
 il matrimonio è indissolubile. Tutto il resto,
secondo me, è solo falsa misericordia.


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