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Le signore sulle sedie di plastica accanto ci
squadravano
come se chi ha una pettinatura geniale
non può essere interessato davvero a una
conferenza.
E invece noi allungavamo il collo per
vedere;
ma niente iniziava. prese la parola un uomo
troppo
sudato per aspirare al ruolo di conduttore.
Il microfono lanciò il fischio che è la sigla di tutti i
dibattiti
organizzati male.
"Chiedo scusa , chiedo scusa signori... Un
po'
di silenzio. Grazie a tutti per essere
intervenuti...
Ecco, come dire... Quando ho sentito Fratel
Ettore,
stamattina, al telefono , mi ha detto di stare
tranquillo,
che sarebbe arrivato per tempo. Ecco, era
in
Abruzzo, non so su quale montagna. Io gli ho
chiesto
se era sicuro, o se era meglio rimandare, ma lui
no.
Si è quasi arrabbiato".
Mormorio di delusione.
Un sacerdote che teneva la spalla del triste
ambasciatore
per trasmettergli coraggio, avanzò verso il
microfono: "Cari amici, fratel Ettore è
così,imprevedibile:
E questa assenza è una lezione su di lui.
E'sempre tanto impegnato ad aiutare chiunque, che
si
dimentica le cose meno importanti, come il
nostro
incontro di stasera".
Secondo mormorio della gente insoddisfatta
del
secondo posto nelle priorità del santo
locale.
14
Il telefono portatile prese a squillare nel
taschino
dell'uomo sudato. L'organizzatore si illuminò,
trasmettendo lucentezza anche al prete: "E' fratel
Ettore.
Colpo di scena, signori!".
Applausi e mormorii più ottimisti.
Il cellulare apribile fu piegato a novanta
gradi,
poi fu fatto sedere, con uno schienale di
bottigliette
di plastica, di fronte al microfono. La voce
dall'altra
parte aveva un timbro afono, come se tanto
sforzo
per comunicare non corrispondesse il giusto
suono.
Gridava e si intuiva solo la metà di quello che
aveva
da dire: "Adesso...Abruzzo...san Camillo de
Lel...
grande peccatore... tegole, mattoni, sol...
Novate...
viva Gesù, viva Maria che pr... adesso, tutti
insieme,
fuori i rosari... una bella decina dob...
forza,
iniziare...".
Il moderatore prese la parola: "E va bene,
fratel
Ettore, proviamo a parlare così, in
collegamento.
Vediamo se riusciamo. Vado io con le
domande?".
"Ma che domande! Prima dobbiamo pregare.
Conoscete il Salmo 8? Chi conosce il salmo
8? Ditemi
se qualcuno ha alzato la mano, che non
vedo".
"No , nessuno".
"Molto bene, anzi no, molto male. Adesso ve
lo
dico io".
E via col Salmo 8, completo di note
interpretative.
"Che salmo significativo! Ma adesso ci
parli
anche delle belle cose che fate. Quante
comunità
avete, quante persone sono sopravvissute grazie
a
voi... Alcuni dati concreti sono molto
interessanti
per chi conosce la sua opera solo stasera. Voi
vi
occupate di barboni, non è vero?".
"Cose concrete? Adesso ho in braccio una
statua
della Vergine Maria che devo spedire a una
missione.
Va bene? Non ho i soldi dietro, li ho
dimenticati
a Milano. Costa un milione e mezzo mandarla
con l'aereo. Se noi adesso ci mettiamo a
pregare
insieme, sono sicuro che me ne arrivano tre, di
milioni.
Entro domani mattina. E allora, forza,
fuori
le voci, che la Mamma deve andare in
Sudamerica...".
I più coraggiosi raccolsero l'invito, Fratel
Ettore,
dall'altra parte dello Stivale, gridava:
"Guardate
che sento! Non state pregando! Più forte!
Tutti
insieme!".
Come se Dio volesse ricambiare alle timide
invocazioni
dell'uditorio, dal fondo del cortile si
materializzò
un piccolo corteo guidato da un uomo
placido
con la chitarra al collo, pedinato da una
statua
di Maria alta tre volte il nano baffuto incaricato
di
reggerla. Seguiva una ragazzona mascolina con
gli
occhi chiusi per cantare, uno zoppo che
stringeva
mani a caso tra la folla e un poveretto in
carrozzina
usato come sostegno per un cartellone che
minacciava
abortisti, elettori del Partito Radicale e
generici
nemici della Pace.
Il circo dei freak si schierò davanti al tavolo
del
relatore, la Madonna prese posto accanto al
telefono
portatile, poi l'uomo placido posò la chitarra
e
circondò statua e cellulare con vasi di fiori presi
dal
bordo del palco.
"Fratel Ettore, siamo arrivati", disse la
ragazzona
china sul telefonino.
"molto bene! Ve li ho mandati da Seveso,
visto
che io non potevo venire. Sono ospiti di Casa
Betania,
e non dite barboni, sono amici! Pino, sei
arrivato
anche tu? Tutto bene?".
"Tutto bene, fratel Ettore, Già che ci
sentiamo,
cosa facciamo per quelle piastrelle
scheggiate?".
"Lascia stare, Pino, lascia stare. Cosa vuoi
che
importi a questa gente delle nostre piastrelle?
Questa gente è qui per pregare. Pensateci voi!".
Pino
diede l'accordo, e tutti insieme attaccarono con
una
canzoncina per bambini: "Ave mamma tuutta
bella
seei... Come neeve al sool...".
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Io e Paolo eravamo paralizzati. Ci rendevamo
conto di aver assistito a qualcosa di
fondamentale,
ma ce ne sfuggiva il segreto. Quella parata
superava l'estetica. Bruciava le tante serate alla
ricerca
di qualcosa di originale da dire. Tutti i nostri
concertini
non valevano una suola consumata ai piedi
dell'ultimo degli sciancati di quella
inarrivabile
compagnia di giro. C'era la provocazione, c'era
uno
strano modello di bellezza fuori canone visibile
solo
con occhiali speciali e, soprattutto, c'era
qualcuno
sicuro che fosse suo diritto comunicare.
Emanuele Fant
LA MIA PRIMA FINE DEL MONDO
pag.22-26
editrice monti
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