giovedì 7 agosto 2014

fratel ettore dei poveri


 
13
Le signore sulle sedie di plastica accanto ci squadravano
come se chi ha una pettinatura geniale
non può essere interessato davvero a una conferenza.
E invece noi allungavamo il collo per vedere;
ma niente iniziava. prese la parola un uomo troppo
sudato per aspirare al ruolo di conduttore.
Il microfono lanciò il fischio che è la sigla di tutti i dibattiti
organizzati male.
"Chiedo scusa , chiedo scusa signori... Un po'
di silenzio. Grazie a tutti per essere intervenuti...
Ecco, come dire... Quando ho sentito Fratel Ettore,
stamattina, al telefono , mi ha detto di stare tranquillo,
che sarebbe arrivato per tempo. Ecco, era in
Abruzzo, non so su quale montagna. Io gli ho chiesto
se era sicuro, o se era meglio rimandare, ma lui no.
Si è quasi arrabbiato".
Mormorio di delusione.
Un sacerdote che teneva la spalla del triste ambasciatore
per trasmettergli coraggio, avanzò verso il
microfono: "Cari amici, fratel Ettore è così,imprevedibile:
E questa assenza è una lezione su di lui. 
E'sempre tanto impegnato ad aiutare chiunque, che si
dimentica le cose meno importanti, come il nostro
incontro di stasera".
Secondo mormorio della gente insoddisfatta del
secondo posto nelle priorità del santo locale.
 
 
14
Il telefono portatile prese a squillare nel taschino
dell'uomo sudato. L'organizzatore si illuminò,
trasmettendo lucentezza anche al prete: "E' fratel Ettore.
Colpo di scena, signori!".
Applausi e mormorii più ottimisti.
Il cellulare apribile fu piegato a novanta gradi,
poi fu fatto sedere, con uno schienale di bottigliette
di plastica, di fronte al microfono. La voce dall'altra
parte aveva un timbro afono, come se tanto sforzo
per comunicare non corrispondesse il giusto suono.
Gridava e si intuiva solo la metà di quello che aveva
da dire: "Adesso...Abruzzo...san Camillo de Lel...
grande peccatore... tegole, mattoni, sol... Novate...
viva Gesù, viva Maria che pr... adesso, tutti insieme,
fuori i rosari... una bella decina dob... forza,
iniziare...".
 
Il moderatore prese la parola: "E va bene, fratel
Ettore, proviamo a parlare così, in collegamento.
Vediamo se riusciamo. Vado io con le domande?".
"Ma che domande! Prima dobbiamo pregare.
Conoscete il Salmo 8? Chi conosce il salmo 8? Ditemi
se qualcuno ha alzato la mano, che non vedo".
"No , nessuno".
"Molto bene, anzi no, molto male. Adesso ve lo
dico io".
E via col Salmo 8, completo di note interpretative.
 
"Che salmo significativo! Ma adesso ci parli
anche delle belle cose che fate. Quante comunità
avete, quante persone sono sopravvissute grazie a
voi... Alcuni dati concreti sono molto interessanti
per chi conosce la sua opera solo stasera. Voi vi
occupate di barboni, non è vero?".
"Cose concrete? Adesso ho in braccio una statua
della Vergine Maria che devo spedire a una missione.
Va bene? Non ho i soldi dietro, li ho dimenticati
a Milano. Costa un milione e mezzo mandarla
con l'aereo. Se noi adesso ci mettiamo a pregare
insieme, sono sicuro che me ne arrivano tre, di milioni.
Entro domani mattina. E allora, forza, fuori
le voci, che la Mamma deve andare in Sudamerica...".
I più coraggiosi raccolsero l'invito, Fratel Ettore,
dall'altra parte dello Stivale, gridava: "Guardate
che sento! Non state pregando! Più forte! Tutti
insieme!".
Come se Dio volesse ricambiare alle timide invocazioni
dell'uditorio, dal fondo del cortile si materializzò
un piccolo corteo guidato da un uomo placido
con la chitarra al collo, pedinato da una statua
di Maria alta tre volte il nano baffuto incaricato di
reggerla. Seguiva una ragazzona mascolina con gli
occhi chiusi per cantare, uno zoppo che stringeva
mani a caso tra la folla e un poveretto in carrozzina
usato come sostegno per un cartellone che minacciava
abortisti, elettori del Partito Radicale e generici
nemici della Pace.
Il circo dei freak si schierò davanti al tavolo del
relatore, la Madonna prese posto accanto al telefono
portatile, poi l'uomo placido posò la chitarra e
circondò statua e cellulare con vasi di fiori presi dal
bordo del palco.
"Fratel Ettore, siamo arrivati", disse la ragazzona
china sul telefonino.
"molto bene! Ve li ho mandati da Seveso, visto
che io non potevo venire. Sono ospiti di Casa Betania,
e non dite barboni, sono amici! Pino, sei arrivato
anche tu? Tutto bene?".
"Tutto bene, fratel Ettore, Già che ci sentiamo,
cosa facciamo per quelle piastrelle scheggiate?".
"Lascia stare, Pino, lascia stare. Cosa vuoi che
importi a questa gente delle nostre piastrelle?
Questa gente è qui per pregare. Pensateci voi!". Pino
diede l'accordo, e tutti insieme attaccarono con una
canzoncina per bambini: "Ave mamma tuutta bella
seei... Come neeve al sool...".
 

 15
Io e Paolo eravamo paralizzati. Ci rendevamo
conto di aver assistito a qualcosa di fondamentale,
ma ce ne sfuggiva il segreto. Quella parata
superava l'estetica. Bruciava le tante serate alla ricerca
di qualcosa di originale da dire. Tutti i nostri concertini
non valevano una suola consumata ai piedi
dell'ultimo degli sciancati di quella inarrivabile
compagnia di giro. C'era la provocazione, c'era uno
strano modello di bellezza fuori canone visibile solo
con occhiali speciali e, soprattutto, c'era qualcuno
sicuro che fosse suo diritto comunicare.
 
 
 
 
 

 
Emanuele Fant
LA MIA PRIMA FINE DEL MONDO
pag.22-26
editrice monti

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