“Davvero tutto è buono e splendido perché tutto è verità”. I fratelli Karamazov Fedor Dostoevskij
mercoledì 20 agosto 2014
Conferenza stampa del Santo Padre Francesco durante il volo di ritorno dalla Corea
Conclusa la sua visita apostolica in Corea, Lunedì, 18 agosto Papa Francesco si è imbarcato sull’aereo “papale” per far ritorno in Vaticano. A bordo sono presenti numerosi giornalisti accreditati e Padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, provvede ad organizzare una conferenza stampa, durante il volo.
Santità, benvenuto tra noi per quest’ultimo appuntamento di questo viaggio che è stato molto intenso ma che ci sembra sia riuscito molto bene: almeno, Lei dà l’impressione di essere soddisfatto, dà l’impressione di essere stato bene e noi ne siamo stati molto contenti. Allora, per questo incontro, che credo avvenga secondo lo stile dei due precedenti che abbiamo avuto con Lei, ci siamo organizzati dividendoci per gruppi linguistici e poi in ognuno dei gruppi sono stati sorteggiati alcuni colleghi e colleghe che faranno le loro domande. Ne abbiamo un buon numero… Quando Lei è stanco ci dice che basta e noi ci fermiamo; altrimenti, continuiamo.
Allora, vogliamo incominciare con un rappresentante del gruppo asiatico e invitiamo a venire qui al microfono Sung Jin Park, della Yonhap News: è l’agenzia coreana. Io dico anche chi si deve preparare, in modo tale che incominci ad avvicinarsi qui e dopo non perdiamo troppo tempo nell’aspettarlo. La seconda domanda sarà di Alan Holdren, di EWTN.
Santità, Lei vuole dirci qualche cosa per introdurre? A Lei la parola, e poi daremo la parola al collega coreano.
(Papa Francesco)
Buongiorno. Grazie tante per il vostro lavoro che è stato molto impegnativo. Grazie per quanto avete fatto, e ora per l’attenzione per questo colloquio. Grazie tante.
(Padre Lombardi)
Allora, diamo la parola a Sung Park.
(Sung Jin Park)
Mi chiamo Sung Jin Park, giornalista della South Korean News Agency Yonhap. Santo Padre, a nome dei giornalisti coreani e del nostro popolo, desidero ringraziarLa per la Sua visita. Lei ha portato la felicità a molta gente, in Corea. E grazie anche per l’incoraggiamento all’unificazione del nostro Paese. Santo Padre, durante la Sua visita in Corea, Lei si è rivolto in primo luogo alle famiglie delle vittime del disastro del traghetto Sewol e le ha consolate. Ho due domande. Una: che cosa ha provato quando le ha incontrate? Due: non si è preoccupato che il Suo gesto potesse essere frainteso politicamente?
(Papa Francesco)
Quando ti trovi davanti al dolore umano, devi fare quello che il tuo cuore ti porta a fare. Poi diranno: “Ha fatto questo perché ha questa intenzione politica o quell’altra…”. Si può dire tutto. Ma quando tu pensi a questi uomini, a queste donne, papà e mamme, che hanno perso i figli, i fratelli e le sorelle, al dolore tanto grande di una catastrofe, non so, il mio cuore… io sono un sacerdote, e sento che devo avvicinarmi! Lo sento così; è prima di tutto questo. Io so che la consolazione che potrebbe dare una parola mia non è un rimedio, non restituisce la vita a quelli che sono morti; ma la vicinanza umana in questi momenti ci dà forza, c’è la solidarietà… Ricordo che come arcivescovo a Buenos Aires ho vissuto due catastrofi di questo tipo: una, l’incendio di una sala da ballo, dove si teneva un concerto di musica pop: sono morte 193 persone! E poi, un’altra volta, una catastrofe con i treni, credo che sono deceduti in 120. E io, in quei momenti, ho sentito lo stesso: di avvicinarmi. Il dolore umano è forte, e se noi in questi momenti tristi ci avviciniamo, ci aiutiamo tanto. E su quella domanda, alla fine, io vorrei aggiungere una cosa. Io ho preso questo. Dopo averlo portato per mezza giornata – l’ho preso per solidarietà con loro –, qualcuno si è avvicinato e mi ha detto: “E’ meglio toglierlo… Lei dev’essere neutrale…” – “Ma, senti, con il dolore umano non si può essere neutrali”. Così ho risposto. E’ quello che io sento. Grazie della tua domanda, grazie.
A chi tocca adesso?
(Padre Lombardi)
Alan Holdren di EWTN.
(Papa Francesco)
E dopo? [ridono]
(Padre Lombardi)
Poi dopo c’è Jean-Louis de la Vaissière, del gruppo francese.
(Alan Holdren)
Santità, mi chiamo Alan Holdren, lavoro per la Catholic News Agency, ACI Prensa a Lima, in Perù, anche EWTN. Come Lei sa, le forze militari degli Stati Uniti da poco hanno incominciato a bombardare dei terroristi in Iraq per prevenire un genocidio, per proteggere il futuro delle minoranze – penso anche ai cattolici sotto la Sua guida. Lei approva questo bombardamento americano?
(Papa Francesco)
Grazie della domanda così chiara. In questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, posso soltanto dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare, dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo anche avere memoria! Quante volte, con questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stata l’idea delle Nazioni Unite: là si deve discutere, dire: “E’ un aggressore ingiusto? Sembra di sì. Come lo fermiamo?”. Soltanto questo, niente di più.
Secondo, le minoranze. Grazie della parola. Perché a me dicono: “I cristiani, poveri cristiani…” Ed è vero, soffrono. I martiri, sì, ci sono tanti martiri. Ma qui ci sono uomini e donne, minoranze religiose, non tutte cristiane, e tutti sono uguali davanti di Dio. Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto dell’umanità, ma è anche un diritto dell’aggressore, di essere fermato per non fare del male.
(Padre Lombardi)
Jean-Louis de la Vaissière, di France Presse. Si prepara Fabio Zavattaro.
(Jean-Louis de la Vaissière, France Presse)
Buonasera, Santo Padre. Tornando ancora sulla vicenda irachena. Come il Cardinale Filoni, con il Superiore dei Domenicani, Cadoré, Lei, Santità, sarebbe pronto a sostenere un intervento militare sul terreno in Iraq per fermare i jihadisti? E poi avevo un’altra domanda: Lei pensa di potere andare un giorno in Iraq, forse in Kurdistan, per sostenere i profughi cristiani che La aspettano, e pregare con loro in questa terra dove vivono da duemila anni?
(Papa Francesco)
Grazie. Io sono stato poco tempo fa con il Presidente del Kurdistan, e lui aveva un pensiero molto chiaro sulla situazione, come trovare soluzioni… Ma era prima di questa aggressione ultima. Alla prima domanda ho risposto: io sono d’accordo sul fatto che, quando c’è un aggressore ingiusto, venga fermato… Sì, io sono disponibile, ma credo che posso dire questo: quando abbiamo sentito con i miei collaboratori di questa situazione delle minoranze religiose, e anche il problema, in quel momento, del Kurdistan che non poteva ricevere tanta gente – è un problema, si capisce, non poteva – ci siamo detti: che cosa si può fare? Abbiamo pensato tante cose. Abbiamo scritto prima di tutto un comunicato che ha fatto padre Lombardi a nome mio. Dopo, questo comunicato è stato inviato a tutte le Nunziature perché fosse comunicato ai governi. Poi, abbiamo scritto una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite… Tante cose… E alla fine abbiamo deciso di inviare un Inviato Personale, il Cardinale Filoni. E infine abbiamo detto: se fosse necessario, quando torniamo dalla Corea, possiamo andare lì. Era una delle possibilità. Questa è la risposta: sono disponibile. In questo momento non è la cosa migliore da fare, ma sono disposto a questo.
(Padre Lombardi)
Fabio Zavattaro, e si prepara Paloma García Ovejero della Cope.
(Fabio Zavattaro)
Chiedo scusa, un piccolo problema per arrivare. Lei, Santo Padre, è il primo Papa che ha potuto sorvolare la Cina. Il telegramma che ha mandato al presidente cinese è stato accolto senza commenti negativi. Pensa che questi siano passi in avanti di un dialogo possibile? E avrebbe desiderio di andare in Cina?
(Padre Lombardi)
Siamo sullo spazio aereo cinese, adesso? Sì, posso annunciare che siamo sullo spazio aereo cinese, in questo momento, quindi la domanda è pertinente…
(Papa Francesco)
E quando stavamo per entrare nello spazio aereo cinese, io ero nel cockpit con i piloti, e uno di loro mi ha fatto vedere lì un registro e ha detto: “Mancano dieci minuti per entrare nello spazio aereo cinese, dobbiamo chiedere l’autorizzazione. Si chiede sempre, è una cosa normale, ad ogni Paese si chiede”. E ho sentito come chiedevano l’autorizzazione, come si rispondeva… Sono stato testimone di questo. E il pilota ha detto: “Adesso va il telegramma”, ma non so come abbiano fatto. Così… Poi mi sono congedato da loro, sono tornato al mio posto e ho pregato tanto per quel grande e nobile popolo cinese, un popolo saggio… Penso ai grandi saggi cinesi, una storia di scienza, di saggezza… Anche i gesuiti: abbiamo storia lì, con padre Ricci… E tutte queste cose venivano da me. Se io ho voglia di andare in Cina? Ma sicuro: domani! Eh, sì. Noi rispettiamo il popolo cinese; soltanto, la Chiesa chiede libertà per la sua missione, per il suo lavoro; nessun’altra condizione. Poi, non bisogna dimenticare quel documento fondamentale per il problema cinese che è stata la Lettera inviata ai Cinesi da Papa Benedetto XVI. Quella Lettera oggi è attuale, ha attualità. Rileggerla fa bene. E sempre la Santa Sede è aperta ai contatti: sempre, perché ha una vera stima per il popolo cinese.
(Padre Lombardi)
Paloma García Ovejero è della Cope, la Radio cattolica spagnola, e si prepara Johannes Schidelko della KNA.
(Paloma García Ovejero)
Bene, il prossimo viaggio sarà in Albania. Forse l’Iraq. Dopo, Filippine e Sri Lanka… Ma dove andrà nel 2015? E Le dico anche: Lei sa che in Avila e in Alba de Tormes c’è tanta attesa: possono ancora sperare?
(Papa Francesco)
Sì, sì… La Signora Presidente della Repubblica di Corea, in perfetto spagnolo, mi ha detto: “La esperanza es lo ultimo que se pierde”. Così m’ha detto, riferendosi all’unificazione della Corea. Mi viene da dire questo: si può sperare, ma non è deciso.
(Paloma García Ovejero)
Ma dopo: Messico, Philadelphia…?
(Papa Francesco)
No, adesso ti spiego. Quest’anno è prevista l’Albania, è vero. Alcuni dicono che il Papa ha uno stile di incominciare tutte le cose dalla periferia. Ma no, vado in Albania perché? Per due motivi importanti. Primo, perché sono riusciti a fare un governo – pensiamo ai Balcani! –, un governo di unità nazionale tra islamici, ortodossi e cattolici, con un consiglio interreligioso che aiuta tanto ed è equilibrato. E questo va bene, è armonizzato. La presenza del Papa è per dire a tutti i popoli: “Si può lavorare insieme!”. Io l’ho sentito come se fosse un vero aiuto a quel nobile popolo. E l’altra cosa: se pensiamo alla storia dell’Albania, è stata religiosamente l’unico dei Paesi comunisti che nella sua Costituzione aveva l’ateismo pratico. Se tu andavi a Messa era anticostituzionale. E poi, mi diceva uno dei ministri, che sono state distrutte – voglio essere preciso nella cifra – 1.820 chiese. Distrutte! Ortodosse, cattoliche… in quel tempo. E poi, altre chiese sono state trasformate in cinema, teatro, sale da ballo… Io ho sentito che dovevo andare: è vicino, in un giorno si fa… Poi, l’anno prossimo vorrei andare a Philadelphia, all’incontro delle famiglie; e sono stato anche invitato dal Presidente degli Stati Uniti al Parlamento americano, e anche dal Segretario delle Nazioni Unite, a New York: forse le tre città insieme… Il Messico: i messicani vogliono che io vada alla Madonna di Guadalupe, e si potrà approfittare di quel viaggio, ma non è sicuro. E infine, la Spagna. I Reali mi hanno invitato e l’episcopato mi ha invitato… c’è una pioggia di inviti per andare in Spagna: Santiago de Compostela… forse è possibile, ma non dico di più perché non è deciso; andare al mattino ad Avila e ad Alba de Tormes, e tornare il pomeriggio… Sarebbe possibile…
(Paloma García Ovejero)
E’ possibile…
(Papa Francesco)
Sì, ma non è deciso. E questa è la risposta. Grazie a te.
****
(Padre Lombardi)
Johannes Schidelko dell’Agenzia cattolica tedesca. Si prepara Yoshimori Fukushima, del Giappone, per la prossima domanda.
(Johannes Schidelko)
Grazie. Santità, quale tipo di rapporto c’è tra Lei e Benedetto XVI? esiste un abituale scambio di opinioni, di idee, esiste un progetto comune dopo questa Enciclica?
(Papa Francesco)
Ci vediamo… Prima di partire sono andato a trovarlo. Lui, due settimane prima, mi ha inviato uno scritto interessante: mi chiedeva l’opinione… E abbiamo un rapporto normale, perché torno a questa idea, che forse non piace a qualche teologo – io non sono teologo –: penso che il Papa emerito non sia un’eccezione, ma dopo tanti secoli, questo è il primo emerito. Pensiamo, sì, come lui ha detto: “Sono invecchiato, non ho le forze”. E’ stato un bel gesto di nobiltà e anche di umiltà e di coraggio. Io penso: 70 anni fa anche i vescovi emeriti erano un’eccezione, non esistevano. Oggi i vescovi emeriti sono una istituzione. Io penso che “Papa emerito” sia già un’istituzione. Perché? Perché la nostra vita si allunga e a una certa età non c’è la capacità di governare bene, perché il corpo si stanca, la salute forse è buona ma non c’è la capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della Chiesa. E io credo che Papa Benedetto XVI abbia fatto questo gesto che di fatto istituisce i Papi emeriti. Ripeto: forse qualche teologo mi dirà che questo non è giusto, ma io la penso così. I secoli diranno se è così o no, vedremo. Lei potrà dirmi: “E se Lei non se la sentirà, un giorno, di andare avanti?”. Farei lo stesso, farei lo stesso! Pregherò molto, ma farei lo stesso. Ha aperto una porta che è istituzionale, non eccezionale. Il nostro rapporto è di fratelli, davvero. Io ho detto anche che lo sento come se avessi il nonno a casa per la saggezza: è un uomo con una saggezza, con le nuances, che mi fa bene ascoltarlo. E anche mi incoraggia molto. Questo è il rapporto che abbiamo con lui.
(Padre Lombardi)
Adesso abbiamo Yoshimori Fukushima del Mainichi Shimbun: siamo tornati in Asia. Lui è giapponese. E si prepara Deborah Ball, del Wall Street Journal.
(Yoshimori Fukushima)
Papa Francesco, intanto grazie mille per la sua prima visita in Asia. In questo viaggio, Lei ha incontrato delle persone che hanno sofferto. Che cosa ha provato quando lei ha salutato le sette “donne comfort” alla Messa di questa mattina? Per quanto riguarda la sofferenza delle persone, come in Corea, c’erano i cristiani nascosti anche in Giappone, e l’anno prossimo sarà il 150° anniversario della loro “riemersione”. Sarà possibile pregare per loro insieme con Lei a Nagasaki? Grazie mille.
(Papa Francesco)
Sarebbe bellissimo, sarebbe bellissimo! Sono stato invitato: sia dal governo, sia dall’episcopato; sono stato invitato. Le sofferenze… Lei torna su una delle prime domande. Il popolo coreano è un popolo che non ha perso la dignità. E’ stato un popolo invaso, umiliato, ha subito guerre, adesso è diviso, con tanta sofferenza. Ieri, quando sono andato all’incontro con i giovani, ho visitato il Museo dei martiri. E’ terribile la sofferenza di questa gente, semplicemente per non calpestare la Croce! E’ un dolore o una sofferenza storica. Ha capacità di soffrire, questo popolo, e anche questo fa parte della sua dignità. Anche oggi, quando c’erano queste donne anziane, davanti, a Messa: pensare che in quell’invasione sono state, da ragazze, portate via, nelle caserme, per sfruttarle… e loro non hanno perso la dignità. Oggi mostravano il volto, anziane, le ultime che rimangono… E’ un popolo forte nella sua dignità. Ma tornando a queste realtà di martirio, di sofferenze, anche di queste donne: questi sono i frutti della guerra! E oggi noi siamo in un mondo in guerra, dappertutto! Qualcuno mi diceva: “Lei sa, Padre, che siamo nella Terza Guerra Mondiale, ma ‘a pezzi’?”. Ha capito? E’ un mondo in guerra, dove si compiono queste crudeltà. Vorrei fermarmi su due parole. La prima è crudeltà. Oggi i bambini non contano! Una volta si parlava di una guerra convenzionale; oggi questo non conta. Non dico che le guerre convenzionali siano una cosa buona, no. Ma oggi arriva la bomba e ti ammazza l’innocente con il colpevole, il bambino, con la donna, con la mamma… ammazzano tutti. Ma noi dobbiamo fermarci e pensare un po’ al livello di crudeltà al quale siamo arrivati. Questo ci deve spaventare! Non lo dico per fare paura: si può fare uno studio empirico. Il livello di crudeltà dell’umanità, in questo momento, fa piuttosto spaventare. E l’altra parola sulla quale vorrei dire qualcosa, e che è in rapporto con questa, è la tortura. Oggi la tortura è uno dei mezzi quasi – direi – ordinari dei comportamenti dei servizi di intelligence, dei processi giudiziari… E la tortura è un peccato contro l’umanità, è un delitto contro l’umanità; e ai cattolici io dico: torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave! Ma di più: è un peccato contro l’umanità. Crudeltà e tortura. Mi piacerebbe tanto, a me, che voi nei vostri media, faceste delle riflessioni: come vedete queste cose, oggi? Com’è il livello di crudeltà dell’umanità? E cosa pensate della tortura? Credo che farà bene a tutti noi, riflettere su questo.
(Padre Lombardi)
Deborah Ball di Wall Street Journal; si prepara Anaïs Feuga della Radio Francese.
(Deborah Ball)
Grazie. La nostra domanda è: Lei tiene un ritmo molto, molto impegnativo, molto serrato e si concede poco riposo e nessuna vacanza; fa questi viaggi massacranti. Poi, negli ultimi mesi, abbiamo visto che Lei ha dovuto cancellare qualche appuntamento, anche all’ultimo momento. C’è da preoccuparsi per il ritmo che Lei tiene?
(Papa Francesco)
Eh sì, qualcuno me l’ha detto! Io ho fatto le vacanze, adesso, a casa, come faccio di solito, perché… una volta, ho letto un libro, interessante, il titolo era: “Rallegrati di essere nevrotico”! Anch’io ho alcune nevrosi, ma bisogna trattarle bene, le nevrosi! Dare loro ilmate ogni giorno… Una di queste nevrosi è che sono un po’ troppo attaccato all’habitat. L’ultima volta che ho fatto vacanze fuori Buenos Aires, con la comunità gesuita, è stato nel 1975. Poi, sempre faccio vacanze – davvero! –, ma nell’habitat: cambio ritmo. Dormo di più, leggo le cose che mi piacciono, sento la musica, prego di più… E questo mi riposa. A luglio e parte di agosto ho fatto questo, e va bene. L’altra domanda: il fatto che ho dovuto cancellare [degli impegni]: questo è vero, è vero. Il giorno che dovevo andare al “Gemelli”, fino a 10 minuti prima, ero lì ma non ce la facevo, davvero… Erano stati giorni molto impegnativi. E adesso devo essere un po’ più prudente. Tu hai ragione!
(Padre Lombardi)
Allora, adesso Anaïs Feuga della Radio Francese, e si prepara Francesca Paltracca di Radio Rai.
(Anaïs Feuga)
A Rio, quando la folla gridava: “Francesco, Francesco”, Lei rispondeva: “Cristo, Cristo”. Oggi Lei come gestisce questa immensa popolarità? Come la vive?
(Papa Francesco)
Ma, non so come dire… Io la vivo ringraziando il Signore che il suo popolo sia felice – questo lo faccio davvero – e augurando al popolo di Dio il meglio. La vivo come generosità del popolo, questo è vero. Interiormente, cerco di pensare ai miei peccati e ai miei sbagli, per non illudermi, perché io so che questo durerà poco tempo, due o tre anni, e poi… alla casa del Padre… E poi, non è saggio chiedersi questo, ma la vivo come la presenza del Signore nel suo popolo che usa il vescovo che è il pastore del popolo, per manifestare tante cose. La vivo più naturalmente di prima: prima mi spaventava un po’… Faccio queste cose… Mi dico anche nella mente: non sbagliare, perché tu non devi fare torto a questo popolo; e tutte queste cose… Un po’ così…
(Padre Lombardi)
Francesca Paltracca, di Radio Rai, e si prepara Sergio Rubín, del Clarín.
(Francesca Paltracca)
Per il Papa venuto “dalla fine del mondo”, che si è ritrovato in Vaticano, al di là di Santa Marta – di cui ci ha raccontato com’è la sua vita e la sua scelta – come vive dentro il Vaticano, il Papa? Ci chiedono sempre: che cosa fa, come si muove, passeggia? Poi abbiamo visto che Lei va alla mensa, e ci sorprende ogni giorno… abbiamo visto che è andato alla mensa del Vaticano, per esempio… Lei ci sorprende… Quindi, che tipo di vita fa, al di là del lavoro, all’interno di Santa Marta?
(Papa Francesco)
Mah, io cerco di essere libero… Ci sono appuntamenti di ufficio, di lavoro… Ma poi la vita, per me, è la più normale che posso fare. Veramente, mi piacerebbe potere uscire, ma non si può, non si può… no, non è per la precauzione; non si può perché se tu esci, la gente ti viene intorno… e non si può, è una realtà. Ma all’interno, a Santa Marta, faccio una vita normale di lavoro, di riposo, di conversazioni…
(Francesca Paltracca)
Non si sente prigioniero, insomma?
(Papa Francesco)
No, no. All’inizio sì, adesso… sono caduti alcuni muri… non so…: “il Papa non può andare…”; un esempio, per farti ridere: vado a prendere l’ascensore, subito viene uno, perché il Papa non poteva scendere in ascensore da solo. “Tu vai al tuo posto, che io scendo da solo”. E finita la storia. E’ così, no? E’ la normalità, una normalità.
(Padre Lombardi)
Allora, adesso tocca a Sergio Rubín e si prepara Jürgen Erbacher.
(Sergio Rubín)
Santo Padre, sono Sergio Rubín. Mi scuso, ma devo farLe, per il gruppo spagnolo, all’interno del quale c’è anche l’Argentina, una domanda che richiede le Sue conoscenze teologiche profonde. La Sua squadra, il San Lorenzo, per la prima volta è diventata campione d’America! Mi piacerebbe sapere come vive questo evento, e mi dicono anche che Lei riceverà una delegazione della Società sportiva questo mercoledì all’udienza generale…
(Papa Francesco)
Dopo il secondo posto del Brasile, è una buona notizia. Io l’ho saputo, questo, qui, qui a Seul me l’hanno detto; e mi hanno detto: “Senti, mercoledì vengono…”. Ma che vengano, è udienza pubblica, ci saranno… Per me il San Lorenzo è la squadra della quale tutta la mia famiglia era tifosa: mio papà giocava nel basket di San Lorenzo, era giocatore nella squadra di basket. E da bambini andavamo, anche mamma veniva con noi al gasometro… Io lo ricordo come oggi, la stagione del ’46, una squadra brillante aveva il San Lorenzo, sono usciti campioni… Lo sai, con gioia, lo vivo con gioia. Ma miracoli, no! Non parliamo di miracoli!
(Padre Lombardi)
Adesso Jürgen Erbacher, la televisione tedesca.
(Jürgen Erbacher)
La domanda è: si parla da tempo del progetto di un’Enciclica sull’ecologia. Si può dire quando uscirà e quali sono i punti centrali?
(Papa Francesco)
Questa Enciclica… Ho parlato tanto con il Cardinale Turkson e con altri, e ho chiesto al Cardinale Turkson di raccogliere tutti i contributi che sono arrivati. E prima del viaggio, una settimana prima, no, quattro giorni prima, il Cardinale Turkson mi ha consegnato la prima bozza. La prima bozza è grossa così… Direi che è un terzo di più della Evangelii gaudium! E’ la prima bozza. Ma adesso è un problema non facile, perché sulla custodia del creato, l’ecologia, anche l’ecologia umana, si può parlare con una certa sicurezza fino ad un certo punto. Poi, vengono le ipotesi scientifiche, alcune abbastanza sicure, altre no. E un’Enciclica così, che dev’essere magisteriale, deve andare avanti soltanto sulle sicurezze, sulle cose che sono sicure. Perché, se il Papa dice che il centro dell’universo è la Terra e non il Sole, sbaglia, perché dice una cosa che dev’essere scientifica, e così non va. Così succede adesso. Dobbiamo fare adesso lo studio, numero per numero, e credo che diventerà più piccola. Ma, andare all’essenziale e a quello che si può affermare con sicurezza. Si può dire in nota, a piè di pagina, “su questo c’è questa ipotesi, questa, questa…”, dirlo come informazione, ma non nel corpo di un’Enciclica, che è dottrinale e deve essere sicura.
(Padre Lombardi)
Abbiamo fatto 12 domande, tutti i gruppi hanno già fatto due giri. Vuole continuare o vuole che andiamo a mangiare?
(Papa Francesco)
Dipende dalla fame che loro hanno…
(giornalisti)
Non abbiamo fame, non abbiamo sonno…
(Padre Lombardi)
Allora, c’era in lista Jung Hae Ko, del giornale coreano…
(Jung Ae Ko)
Santità, grazie tante per la Sua visita alla Corea del Sud. Le farò due domande. La prima è: appena prima della Messa finale alla Cattedrale di Myeong-dong, Lei ha consolato alcune “donne di conforto”: quali pensieri l’hanno attraversata? Questa è la mia prima domanda. La seconda è: Pyongyang afferma che il Cristianesimo rappresenta una minaccia diretta al suo regime e alla sua leadership. Noi sappiamo che qualcosa di terribile è successo ai cristiani nordcoreani. Non sappiamo però cosa sia accaduto. C’è un impegno particolare nel Suo animo per tentare di cambiare l’approccio di Pyongyang ai cristiani nordcoreani?
(Papa Francesco)
La prima domanda, ripeto questo: oggi, queste donne erano lì perché, malgrado tutto quello che hanno sofferto, hanno dignità: ci hanno messo la faccia. Io ho pensato quello che ho detto anche poco fa, alle sofferenze della guerra, alle crudeltà che porta una guerra… Queste donne sono state sfruttate, sono state schiavizzate, queste sono crudeltà… Ho pensato tutto questo: la dignità che loro hanno e anche quanto hanno sofferto. E la sofferenza è un’eredità. Noi diciamo, i primi Padri della Chiesa dicevano che il sangue dei martiri è seme di cristiani. Voi coreani avete seminato tanto, tanto. Per coerenza. E si vede adesso il frutto di quella semina dei martiri. Sulla Corea del Nord, io non so… So che è una sofferenza… Una la so di sicuro: che ci sono alcuni parenti, tanti parenti che non possono ritrovarsi, e questo fa soffrire, questo è vero. E’ la sofferenza di questa divisione del Paese. Oggi, in cattedrale, dove ho indossato i paramenti per la Messa, c’era un regalo che mi hanno fatto, che era una corona di spine di Cristo, fatta con il filo di ferro che divide le due parti dell’unica Corea. E lo portiamo, questo regalo, io lo porto sull’aereo… La sofferenza della divisione, di una famiglia divisa. Io, come ho detto – ieri, credo, non ricordo quando, o parlando ai vescovi, non ricordo – abbiamo una speranza: le due Coree sono fratelli, parlano la stessa lingua. Quando si parla la stessa lingua è perché si ha la stessa madre e questo ci dà speranza. La sofferenza della divisione è grande, io capisco questo e prego perché finisca.
(Padre Lombardi)
Adesso tocca a Pulella, del gruppo di lingua inglese.
(Pulella)
Un’osservazione e una domanda: come italo-americano volevo farLe i complimenti per il Suo inglese. Non deve aver paura. E se prima di andare in America, la mia seconda patria, vuole fare un po’ di pratica, io sono disponibile. Qualsiasi accento che Lei voglia prendere, newyorkese… – io sono di New York – io sono disponibile. La domanda è questa. Lei ha parlato del martirio: a che punto siamo con il processo per il vescovo Romero? Lei cosa vorrebbe vedere uscire da questo processo?
(Papa Francesco)
Il processo era alla Congregazione per la Dottrina della fede, bloccato “per prudenza”, si diceva. Adesso è sbloccato. E’ passato alla Congregazione per i Santi. E segue la strada normale di un processo. Dipende da come si muovono i postulatori. Questo è molto importante, di farlo in fretta. Io, quello che vorrei, è che si chiarisca: quando c’è il martirio in odium fidei, sia per aver confessato il Credo, sia per aver fatto le opere che Gesù ci comanda, con il prossimo. E questo è un lavoro dei teologi, che lo stanno studiando. Perché dietro di lui [Romero], c’è Rutilio Grande e ci sono altri; ci sono altri che sono stati uccisi, ma che non sono alla stessa altezza di Romero. Si deve distinguere teologicamente, questo. Per me Romero è un uomo di Dio, ma si deve fare il processo, e anche il Signore deve dare il suo segno… Se Lui vuole, lo farà. Ma adesso i postulatori devono muoversi perché non ci sono impedimenti.
(Padre Lombardi)
Allora, abbiamo un’ultima domanda, la facciamo fare a Céline Hoyeau, che è venuta per La Croix, giornale cattolico francese.
(Céline Hoyeaux)
Santo Padre, vista la guerra a Gaza, è stata un fallimento, secondo Lei, la preghiera per la pace organizzata in Vaticano l’8 giugno scorso?
(Papa Francesco)
Grazie, grazie per la domanda. Quella Preghiera per la pace, assolutamente non è stata un fallimento. Primo, l’iniziativa non è venuta da me: l’iniziativa di pregare insieme è venuta dai due Presidenti, dal Presidente dello Stato di Israele e dal Presidente dello Stato di Palestina. Loro mi avevano fatto arrivare questo desiderio. Poi, volevamo farla là [in Terra Santa], ma non si trovava il posto giusto, perché il costo politico di ognuno era molto forte se andava dall’altra parte. La Nunziatura, sì, sarebbe stata un posto neutrale, ma per arrivare in Nunziatura il Presidente dello Stato di Palestina sarebbe dovuto entrare in Israele e la cosa non era facile. E loro mi hanno detto: “Lo facciamo in Vaticano, e noi veniamo!”. Questi due uomini sono uomini di pace, sono uomini che credono in Dio, e hanno vissuto tante cose brutte, tante cose brutte che sono convinti che l’unica strada per risolvere quella storia lì è il negoziato, il dialogo e la pace. Ma la sua domanda, adesso: è stato un fallimento? No, io credo che la porta è aperta. Tutti e quattro, come rappresentanti, e Bartolomeo ho voluto che fosse lì come capo dell’Ortodossia, Patriarca ecumenico dell’Ortodossia – non voglio usare termini che forse non piacciono a tutti gli ortodossi – come Patriarca ecumenico era bene che fosse con noi. E’ stata aperta la porta della preghiera. E si dice: “Si deve pregare”. E’ un dono, la pace è un dono, un dono che si merita con il nostro lavoro, ma è un dono. E dire all’umanità che insieme con la strada del negoziato – che è importante -, del dialogo – che è importante – c’è anche quella della preghiera. Giusto. Dopo è arrivato quello che è arrivato. Ma questo è congiunturale. Quell’incontro invece non era congiunturale: è un passo fondamentale di atteggiamento umano: la preghiera. Adesso il fumo delle bombe, delle guerre non lascia vedere la porta, ma la porta è rimasta aperta da quel momento. E siccome io credo in Dio, io credo che il Signore guarda quella porta, e guarda quanti pregano e quanti gli chiedono che Lui ci aiuti. Sì, mi piace questa domanda. Grazie, grazie per averla fatta. Grazie.
(Padre Lombardi)
Santo Padre, grazie mille. Credo che abbia fatto più di un’ora di conversazione con noi e quindi sia giusto adesso potere andare a riposare un poco al termine di questo viaggio. Tra l’altro, noi sappiamo che probabilmente questa sera tornerà dalla Madonna…
(Papa Francesco)
Dall’aeroporto passerò a ringraziare la Madonna [a Santa Maria Maggiore]. E’ una cosa bella. Il Dott. Giani aveva ordinato di portare i fiori della Corea con i colori della Corea, ma poi all’uscita dalla Nunziatura una bambina è venuta con un mazzo di fiori, di rose, e abbiamo detto: “Portiamo alla Madonna proprio questi fiori di una bambina della Corea”. E questi li porteremo. Dall’aeroporto andiamo a pregare un po’ lì e poi a casa.
(Padre Lombardi)
Bene. Sappia che anche noi saremo con Lei a ringraziare il Signore per queste giornate straordinarie. E auguri per la ripresa poi del Suo ministero a Roma; noi continueremo ad accompagnarLa e speriamo che Lei continui a darci, come ci ha dato in questi giorni, cose bellissime di cui parlare. Grazie.
(Papa Francesco)
E grazie a voi del vostro lavoro, grazie tante… E mi scuso di non rimanere più tempo con voi. Grazie! Buon pranzo!
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