sabato 25 ottobre 2014

1 - BENEDETTA BIANCHI PORRO - 1936-1944

La vita



1936

Benedetta nasce a Dovadola (casa natale), piccolo paese in provincia di Forlì, dall'ingegner Guido Bianchi Porro e da Elsa Giammarchi, l'8 agosto 1936. E' la seconda di sei figli.
Il 13 agosto riceve il battesimo “sotto condizione”, nella chiesa della SS.ma Annunziata. Le sono imposti i nomi di Benedetta Bianca Maria.
Nel novembre è colpita da poliomielite e resta con una gambina menomata, con la destra un pò piu' corta dell’altra. Anni dopo (1953 e 1955) si sottoporrà ad interventi correttoriI ragazzetti del paese la chiamano "la zoppetta", ma lei non se ne offende: "dicono la verità". (Benedetta a 2 anni)

1942

Incomincia la prima elementare a Sirmione, saltando poi la seconda classe.

1943

Allo scoppio della II guerra mondiale, la sua famiglia sfolla in campagna, a Casticciano presso Bertinoro, dove frequenta per alcuni mesi la terza elementare.

1944

Quando la linea gotica viene travolta dall'avanzata anglo-americana, la Romagna e' percorsa dalle truppe tedesche in ritirata. Ma della guerra vi è solo un bagliore riflesso nei diari che la bimba tiene diligentemente aggiornati, fin dai cinque anni, per volontà materna. Si tratta di notazioni rapide, naturalmente rapportate alla sua età, che riguardano più spesso la famiglia, la natura, i giochi, il primo confuso sbocciare dei sentimenti. (Benedetta a 7 anni)
Benedetta e' una bimba sensibile e delicata, intelligente e volitiva. Gioca festosamente coi fratellini e con gli altri bambini, ma talora si ritrae in pensosi silenzi: sono i momenti in cui Benedetta guarda stupita il miracolo della vita che trionfa in tutte le cose, nei fiori, nei prati pieni di sole, nella sua piantina di ciliegio che innaffia quotidianamente, nell'aurora meravigliosa. Allora confida al suo diario la gioia delle sue scoperte. "C'e' l'universo incantevole. Che bello vivere!" Corre a vedere la mietitura del grano, si ferma incantata ad ascoltare il canto degli agricoltori, si confonde nelle aie dei contadini con gli altri bimbi, poi sale sul cipresso: "lassù fra i suoi rami ho formato la mia casina".
Il 7 maggio è ammessa alla Prima Comunione e il 21 maggio riceve il sacramento della Cresima.
Il 4 dicembre lascia Casticciano e va a Dovadola, ospite del nonno, mentre la sua famiglia si trasferisce a Forlì, dove la casa è stata occupata dagli Inglesi.

1945

Il ritorno alla pace rappresenta per la bimba di nove anni solo un'allegra avventura in più: il trasloco a Forlì dove, eccettuato un breve soggiorno a Brescia, ospite della famiglia Rabotti, Benedetta rimarrà' fino al '51.
La vita riprende tranquilla, in compagnia dei genitori e dei fratellini. Ha saltato una classe e studia dalle suore Dorotee. Sono anni sereni quelli trascorsi in Romagna, vita di provincia: le festicciole di compleanno, un po' di catechismo, le lezioni di pianoforte, il vestito bello la domenica.(Benedetta alle medie)
"Ti ricordi, Manuela, come eravamo felici quando alla domenica la mamma ci portava a San Mercuriale e tutti volevamo stare attaccati a lei, come eravamo felici allora! E non sapevamo di esserlo".

1946

Il 23 giugno supera l’esame di ammissione alle medie. A Brescia, presso le suore Orsoline, frequenterà la prima media. In questo periodo è ospite della famiglia Rabotti, mentre la sua famiglia era rimasta a Forlì.

1947-52

Frequenta a Forlì la scuola media "Biondo Flavio" e la quarta, quinta ginnasio e la prima liceo classico al “G.B. Morgagni”.

1949

Comincia ad accusare progressiva perdita dell’udito.

1951

La famiglia Bianchi Porro si trasferisce a Sirmione del Garda. Benedetta parla con entusiasmo della sua villa affacciata sul lago: "bianca, dalle persiane verdi, un terrazzo di legno sul davanti, cancello piccolo a lato le camere ampie e spaziose danno un senso di libertà...". Sirmione è bella, e alla ragazzina piace vivere nella sua villa tra gli ulivi, così come le piacciono le discussioni coi fratelli, la politica, lo sport, le lunghe nuotate nel lago, le voci, le risa, le barche, la gente, le cose. (Benedetta a 14 anni)
Benedetta si appassiona a tutto; le piace molto studiare e trascorre ore al piano. Ma la sua ardente gioia di vivere ha un'ombra di tristezza, un presagio ineffabile, un nascosto tremore:
"guardando questo spettacolo il mio animo è preso da ricordi, e da un terribile bisogno di indefinito, di lontano, di silenzio. Un bisogno di essere fuori dal mondo, lontana da tutti, e un bisogno di qualcuno cui confidare i dolori della mia vita; di uno, insomma, che mi consoli. Basta, per confortarmi, alzare il pensiero a Dio".
Per evitare la malformazione alla schiena deve portare un busto che l’opprime e la condiziona. Di giorno in giorno cresce l’inquietudine del suo spirito. Assetata d’amore, comunica ad Anna, la più cara amica dell’adolescenza, i suoi più profondi e delicati sentimenti. "Tu sei la mia prima amica e amica per me vuol dire qualcosa di più di quel che gli altri intendono. L’amica deve essere qualcosa di noi stessi e tu sei per me la metà dell’anima mia, l’acqua in cui io mi specchio".

Quando per la lontananza non può godere della sua rasserenante presenza, Benedetta avverte ancora di più la solitudine interiore. La sordità avanza. Si spegne il sussurro delle cose, la festa della vita: "... il cielo è grigio e nebbioso e le cose sono annoiate e piangono invece di ridere per la mia anima".
Le si apre una vita nuda d’amore: quanti desideri e speranze destinati a morire!
Rimpianto, smarrimento, angoscia. La prova si fa sempre più dura. Benedetta trema: "... temo che tutto sia illusione e l’illusione mi fa tremare più della disperazione".
Ad Anna, ancor più che alle pagine del suo diario, confida il tumulto del suo spirito."Anch’io sono assetata di pace e desidero abbandonare le onde del mare e rifugiarmi nella quiete di un porto. Ma la mia barca è fragile, le mie vele sono squarciate dal fulmine, i remi spezzati e la corrente mi trascina lontano".
Benedetta conosce il gelo dello scetticismo, l’allucinante paura del vuoto e invoca aiuto:"Sapessi, Anna, come ho bisogno del tuo aiuto. Desidero la verità, non desidero che questo, ma nessuno ne sa nulla".
Ma quella Verità che lei cercava comincia a farsi sentire nella voce della sua anima. La tempesta a poco a poco si placa. In questa drammatica esperienza umana si prepara la sua risurrezione. Benedetta scopre dentro di se la ricchezza della vita interiore. 
E’ in seconda liceo, al "Bagatta" di Desenzano quando annota nel diario: "Sono stata interrogata in latino; ogni tanto non capivo quello che il professore mi chiedeva. Che figura devo fare ogni tanto, ma cosa importa? Un giorno forse non capirò niente di quello che gli altri dicono, ma sentirò sempre la voce dell’anima mia: e questa e' la vera via che devo seguire".
Benedetta opera la scelta di una vita che trova il suo senso e la sua giustificazione nei valori dello spirito.

fonte:http://www.benedetta.it/index.php/it/la-vita?showall=1&limitstart=

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