Quelle parole sugli interessi economici dietro le guerre
Con la risposta sui «potenti che vivono delle guerre» alla domanda di un bambino, Papa Francesco torna a parlare del commercio delle armi e dei suoi guadagni.
Ricevendo i settemila bambini della «Fabbrica della pace» e intavolando un dialogo con loro, Papa Francesco è tornato a parlare dei tanti interessi economici che stanno dietro alle guerre.
«Perché tante persone potenti non vogliono la pace? Perché vivono delle guerre, l’industria delle armi è grave! I potenti guadagnano la vita con la fabbrica delle armi e vendono le armi a questo e quel paese: è l’industria della morte, ci guadagnano».
Domenica 2 giugno 2013, Papa Bergoglio riceveva a Santa Marta tredici soldati italiani feriti durante le missioni di pace, la maggior parte dei quali avevano prestato servizio in Afghanistan. Erano accompagnati dai loro familiari e dai parenti di altri ventiquattro militari morti durante le operazioni di peacekeeping. Durante l’omelia della messa celebrata per loro, Francesco, riferendosi «ai grandi della Terra» e all’illusione di chi pensa di risolvere i «problemi locali e crisi economiche» attraverso la guerra, affermava: «Perché? Perché i soldi sono più importanti delle persone per loro! E la guerra è proprio questo: è un atto di fede ai soldi, agli idoli, agli idoli dell’odio, all’idolo che ti porta a uccidere il fratello, che porta a uccidere l’amore».
L’8 settembre 2013, all’indomani della veglia per la pace in Siria che aveva registrato una grande partecipazione in tutto il mondo, con adesione alla preghiera e al digiuno nel momento in cui si prospettava un intervento armato occidentale contro il regime di Assad, Francesco all’Angelus pronunciava parole inequivocabili contro il business delle armi e i trafficanti di morte. Ammoniva quei potenti della terra che stanno giocando la loro partita militare e commerciale sulla pelle delle popolazioni sofferenti. Scegliere il bene «comporta dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve, alla violenza in tutte le sue forme, alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale». Improvvisando, il Papa aggiungeva una frase eloquente: «Sempre rimane il dubbio: questa guerra di là, quest’altra di là – perché dappertutto ci sono guerre – è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale?».
Nell’intervista con il giornalista Henrique Cymerman, pubblicata sul quotidiano catalano «La Vanguardia» il 12 giugno 2014, Francesco affermava: «Scartiamo un’intera generazione per mantenere un sistema economico che non regge più, un sistema che per sopravvivere deve fare la guerra, come hanno fatto sempre i grandi imperi. Ma, visto che non si può fare la terza guerra mondiale, allora si fanno guerre locali. E questo cosa significa? Che si fabbricano e si vendono armi, e così facendo i bilanci delle economie idolatriche, le grandi economie mondiali che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro, ovviamente si sanano».
Una settimana dopo la diffusione dell’intervista, L’«Economist» criticava Francesco paragonandolo a Lenin. Nel mirino del settimanale londinese finivano le affermazioni sulle economie idolatriche che si alimentano con le guerre. «Dichiarando un collegamento diretto tra capitalismo e guerra – scriveva l’Economist – (il Papa) sembra prendere una linea ultra-radicale: una linea che – consapevolmente o meno – segue quella proposta da Vladimir Lenin nella sua analisi di capitalismo e imperialismo e di come siano stati la causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, un secolo fa. Ci sono molti contro-argomenti: la storia è piena di esempi di forme di potere che hanno generato violenza in modo ancora più evidente di quanto non abbia fatto il capitalismo, dal feudalesimo ai regimi totalitari, e pensatori come Joseph Schumpeter e Karl Popper hanno affermato con forza che il capitalismo può consolidare la pace offrendo metodi non violenti per soddisfare i bisogni umani».
Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”».
Di Andrea Tornielli per Vatican Insider (La Stampa)
http://www.papaboys.org/quelle-parole-sugli-interessi-economici-dietro-le-guerre/
Nessun commento:
Posta un commento