Don Vittorione a 20 anni dalla morte
L’aereo sta sorvolando l’Angola.
I suoi fari illuminano l’aeroporto della capitale, Luanda.
A terra tutto è immerso nel buio.
Quell’atterraggio non è autorizzato da nessuno.
È domenica 1° maggio 1983, ore 22.30: a scendere dall’aereo,
partito da Genova carico di aiuti alimentari e di medicinali,
sono don Giuseppe Castelli, prete piacentino, oggi parroco in Val Nure,
e il Vittorione, Vittorio Pastori, poi don, che con il vescovo Manfredini
dieci anni prima aveva dato vita ad Africa Mission.
“I poveri - diceva Vittorione - non possono aspettare, hanno fame subito”.
L’Angola era oppressa da anni da un regime militare controllata da Mosca.
I viveri scarseggiavano, la popolazione era allo stremo.
A mettere in movimento don Castelli era stato un articolo del quotidiano Avvenire.
Nell’ex colonia portoghese erano all’opera anche alcune religiose di Santa Teresina fondate
a Bragança dal vescovo piacentino mons. Eliseo Coroli, barnabita,
che nei primi decenni del ‘900 era stato scelto dalla Santa Sede
per guidare la Prelazia del Guamàa, la futura diocesi di Bragança,
dove oggi è vescovo mons. Luigi Ferrando. Il filo che legava don Castelli
a mons. Coroli era ancora molto forte. Nel ‘64, infatti,
il barnabita aveva accolto il 29enne prete di Piozzano come missionario.
Erano gli anni carichi di entusiasmo del Concilio,
e quella carica missionaria non si era affatto spenta in don Castelli.
Le suore di Santa Teresina che operavano negli ospedali
si trovavano di fronte a dilemmi pazzeschi:
“su cinque bambini ricoverati, spesso vittime delle mine antiuomo
- racconta don Castelli -, tre dovevano lasciarli morire
perchè non avevano medicine adeguate”.
“Non potevo non far qualcosa - spiega don Castelli -.
Ne ho parlato subito al vescovo Manfredini,
che senza pensarci su ha preso il telefono e ha chiamato il Vittorione:
«aiuta il don Giuseppe, organizza una spedizione per l’Angola»”.
Leggi articolo alla pagina 24 dell’edizione di venerdì 5 settembre 2014
FONTE
I suoi fari illuminano l’aeroporto della capitale, Luanda.
A terra tutto è immerso nel buio.
Quell’atterraggio non è autorizzato da nessuno.
È domenica 1° maggio 1983, ore 22.30: a scendere dall’aereo,
partito da Genova carico di aiuti alimentari e di medicinali,
sono don Giuseppe Castelli, prete piacentino, oggi parroco in Val Nure,
e il Vittorione, Vittorio Pastori, poi don, che con il vescovo Manfredini
dieci anni prima aveva dato vita ad Africa Mission.
“I poveri - diceva Vittorione - non possono aspettare, hanno fame subito”.
L’Angola era oppressa da anni da un regime militare controllata da Mosca.
I viveri scarseggiavano, la popolazione era allo stremo.
A mettere in movimento don Castelli era stato un articolo del quotidiano Avvenire.
Nell’ex colonia portoghese erano all’opera anche alcune religiose di Santa Teresina fondate
a Bragança dal vescovo piacentino mons. Eliseo Coroli, barnabita,
che nei primi decenni del ‘900 era stato scelto dalla Santa Sede
per guidare la Prelazia del Guamàa, la futura diocesi di Bragança,
dove oggi è vescovo mons. Luigi Ferrando. Il filo che legava don Castelli
a mons. Coroli era ancora molto forte. Nel ‘64, infatti,
il barnabita aveva accolto il 29enne prete di Piozzano come missionario.
Erano gli anni carichi di entusiasmo del Concilio,
e quella carica missionaria non si era affatto spenta in don Castelli.
Le suore di Santa Teresina che operavano negli ospedali
si trovavano di fronte a dilemmi pazzeschi:
“su cinque bambini ricoverati, spesso vittime delle mine antiuomo
- racconta don Castelli -, tre dovevano lasciarli morire
perchè non avevano medicine adeguate”.
“Non potevo non far qualcosa - spiega don Castelli -.
Ne ho parlato subito al vescovo Manfredini,
che senza pensarci su ha preso il telefono e ha chiamato il Vittorione:
«aiuta il don Giuseppe, organizza una spedizione per l’Angola»”.
Leggi articolo alla pagina 24 dell’edizione di venerdì 5 settembre 2014
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