giovedì 22 gennaio 2015

March for Life di Washington DC



Why we March? Già, perché marciamo?
Perché ogni anno decine di migliaia di giovani provenienti dai quattro angoli degli Stati Uniti d’America affrontano ore (in alcuni casi, giorni) di viaggio, saltano giorni di lezione a scuola o all’università, investono tempo e risorse per partecipare alla grande March for Life di Washington DC?
Anche quest’anno infatti la più grande manifestazione per i diritti umani al mondo che si terrà giovedì 22 vedrà la partecipazione di centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani e studenti. L’anno scorso, con le temperature che hanno sfiorato i 12 gradi sotto zero e una tempesta di neve che aveva bloccato gran parte della costa orientale, erano circa 350mila  le persone presenti, mentre negli anni scorsi si era di gran lunga superato i 500mila.
La Marcia si tiene il 22 gennaio di ogni anno, anniversario della Roe vs. Wade, la sentenza della Corte Suprema che nel 1973 ha legalizzato l’aborto negli USA. Nel 2015 la cifra dei bambini eliminati da questa sentenza prima ancora di nascere ha raggiunto i 57 milioni, più del numero degli abitanti di Spagna e Portogallo messi insieme. Una gravidanza su 4 in America termina con un aborto.
Dal 1974, anno della sua creazione, la Marcia ha dunque un obiettivo molto semplice e chiaro: chiedere a gran voce l’eliminazione di questa legge federale e porre fine alla legalizzazione dell’aborto. L’evento è sempre preceduto da un comizio al National Mall, luogo storico della democrazia americana, all’ombra del celebre monumento a Washington. Tra gli altri prenderanno la parola quest’anno anche monsignor Joseph Kurtz, presidente della Conferenza Episcopale americana, politici americani rappresentanti l’ala repubblicana e quella democratica e Kristan Hawkins, presidente di Students for Life of America, una rete che fornisce aiuto e supporto alle più di 700 organizzazioni studentesche pro vita sparse in tutta la Nazione.
Al termine del comizio inizierà la marcia vera e propria che, percorrendo Constitution Avenue, terminerà poi di fronte al palazzo della Corte Suprema dove si susseguiranno vari momenti di testimonianza. Per tutta la settimana, inoltre, le centinaia di migliaia di persone presenti alla Marcia sono anche espressamente invitate a dedicarsi a un’intensa attività di lobbying, ovvero ad individuare i loro rappresentanti al Congresso e a chiedere un appuntamento per parlare con loro e spronarli a impegnarsi politicamente sul fronte della difesa per la vita.
Anche quest’anno, alla vigilia della Marcia è stata organizzata una veglia per la vita nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, alla quale partecipano ogni anno più di 20mila pellegrini. Mercoledì la Messa di apertura sarà presieduta dall’arcivescovo di Boston, il cardinale Sean O'Malley e al termine inizierà l’Adorazione eucaristica per la vita che durerà per tutta la notte fino alla Messa conclusiva della mattina. Un segno importante e molto indicativo di quanto il tema del rispetto della vita sia profondamente sentito dal mondo cattolico americano. La Marcia infatti rimane un evento aconfessionale dove sventolano fianco a fianco bandiere della Santa Sede e striscioni delle varie diocesi americane insieme a insegne delle più varie confessioni cristiane e non, ma basta un colpo d’occhio per rendersi conto di quanto la componente cattolica sia predominante nel grande mare di persone che sfilano per le strade di Washington. L’anno scorso alla Marcia erano presenti inoltre tre cardinali, oltre a decine di vescovi e a centinaia di sacerdoti, religiosi e religiose.
“Il nostro messaggio è molto semplice: l’aborto non deve essere legale. Ci battiamo per difendere la vita umana perché se si rinuncia a proteggere la vita a un qualsiasi stadio del suo sviluppo, si accetta di danneggiarla in toto. Se le leggi proteggono la vita umana, allora la devono proteggere ad ogni stadio della sua esistenza,” spiega padre Frank Pavone, presidente di Priests for Life, che porta avanti una campagna chiamata “Silent no more” che fornisce aiuto alle donne devastate a causa dell’aborto, portandole poi a condividere la loro storia, in modo da mettere sotto gli occhi di tutti concretamente il dramma dell’aborto e aiutare madri in difficoltà a non compiere questa scelta e a chiedere aiuto. “Il movimento pro life non deve mai distrarsi dal motivo per cui è sorto e dall’obbiettivo che raggiungerà, cioè quello di porre fine all’aborto: è questo il nostro obiettivo. Dovremmo essere fieri di essere chiamati pro life e anti abortisti!”
Per la Marcia di quest’anno sono attese nella capitale americana più di 300,000 persone. A rappresentare l’Italia sarà presente anche l’associazione Voglio Vivere, nella persona del presidente Silvio Dalla Valle che in Italia si batte a difesa della vita attraverso campagne di informazione, petizioni e la diffusione della devozione a Santa Gianna Beretta Molla.
#WhyWeMarch, “perché marciamo”, è dunque l’hashtag lanciato dagli organizzatori della Marcia e che sta portando migliaia di americani a lanciare attraverso i social la loro testimonianza per la vita. La domanda giusta però è: perché non marciare? Perché non essere ogni giorno testimoni della sacralità di ogni vita umana? La testimonianza chiara di queste centinaia di migliaia di persone (tra cui vescovi, sacerdoti e religiosi) che una volta all’anno mettono la faccia per la difesa della vita e si impegnano nel quotidiano per dare voce a chi non ha voce non può lasciarci indifferenti, non può non spronarci a rinnovare il nostro impegno a favore dei bambini non nati. Loro giovedì marceranno… e noi?

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