martedì 14 luglio 2015

Il tornado in Riviera del Brenta ha spazzato via tutto, ma non la caparbietà dei veneti

Il tornado in Riviera del Brenta 

ha spazzato via tutto,

ma non la caparbietà dei veneti


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Luglio 11, 2015 Gianluca Salmaso
La spaventosa tromba d’aria ha recato danni e disagi, ma la gente si è subito ripresa. «Non saremmo mai riusciti a rimetterci in piedi senza l’aiuto dei tanti amici»
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«Siamo stati fortunati, quando il tornado è passato il centro era chiuso. Chissà altrimenti cosa sarebbe potuto succedere». A parlare con temp.it è Arianna Scarpa, direttrice del centro diurno che accoglie alcuni disabili a Dolo, Venezia. Meno fortunato è stato Stefano, uno dei nostri ragazzi, che è rimasto sotto le macerie della sua casa assieme alla madre fino a quando i pompieri non li hanno estratti entrambi incolumi, grazie al cielo.
Lo scorso 8 luglio la riviera del Brenta, quel lembo di terra che congiunge Padova con Venezia adagiato lungo le rive del fiume e del suo naviglio, è stata teatro di una delle più spaventose trombe d’aria della storia d’Italia. Venti a più di 300 chilometri orari si sono abbattuti su case e automobili, radendo al suolo, tra le altre, anche una delle storiche ville venete che costellano il panorama rivierasco. Proprio nei pressi di ciò che resta di villa Fini a Dolo si trova il centro Ceod. «Stiamo ancora facendo una stima dei danni, ma le maestranze si sono già attivate per mettere in sicurezza la struttura di accoglienza, poteva comunque andarci peggio: altri edifici nelle vicinanze sono stati letteralmente sbriciolati. I ragazzi in questi giorni sono rimasti a casa, da lunedì verranno divisi tra altri centri della zona e da settembre, dopo le vacanze, torneranno qui con noi. Il tornado però ci ha fatto un altro torto: ha messo fuori uso il nostro amato pulmino», racconta ancora Arianna Scarpa.
«Solo due anni fa ci era stato donato non senza sacrifici da Millesogni, un’associazione di volontariato della zona, e ora è inservibile. Lo tenevamo parcheggiato all’ombra degli alberi nel parco, per noi era ed è indispensabile: senza quel mezzo non possiamo portare in giro i nostri ragazzi in sicurezza, perché il Ceod è affacciato direttamente su una strada molto trafficata. L’abbiamo già portato in officina per capire che danni abbia subito, sperando che a quelli visibili non ne siano seguiti altri di meccanici».
Il fortunale non ha risparmiato niente e nessuno, tranne la voglia di fare dei cittadini. Un esempio è Giulia, sorpresa in casa dalla tempesta e che un paio di giorni dopo racconta: «C’è chi ha dovuto passare la notte nelle scuole perché non poteva tornare a casa. A noi è andata decisamente meglio. Ieri abbiamo finito di pulire la casa e il giardino, abbiamo noleggiato un generatore perché siamo senza corrente e stasera vengono a sistemare il tetto. Non saremmo mai riusciti a rimetterci in piedi senza l’aiuto dei tanti amici che si sono precipitati a casa nostra, tra loro anche una ragazza che si era trovata in macchina nell’occhio del ciclone. La sera è tornata a casa, e la mattina dopo è venuta ad aiutarci».
La stampa locale ha già ribattezzato questi ragazzi “gli angeli del tornado”. Soprattutto giovanissimi, che già nei primi momenti sono scesi in strada per prestare soccorso, come racconta Antonio: «Ormai l’hanno detto tutti che sembrava un film, ma è la verità. Io una cosa del genere non l’avevo mai vista: persone insanguinate, altri che urlavano presi dal panico e sirene, sirene ovunque. Abbiamo spostato a mani nude alcuni alberi che erano caduti in strada per permettere per quanto possibile il passaggio ai soccorsi. La peggiore esperienza della mia vita».
Come altre volte in cui la natura è stata inclemente con loro, i veneti si sono rimboccati le maniche prima ancora di metabolizzare il dramma che hanno vissuto, con dedizione e caparbietà. Una lezione per tutti.


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