Nonostante le pressioni interne e quelle internazionali a favore di una revisione in senso sempre più permissivo della legge che regolamenta l’aborto, in Irlanda il fronte pro-life segna un punto a suo favore. La Camera bassa irlandese ha infatti sonoramente bocciato un provvedimento che avrebbe reso possibile l’interruzione volontaria di gravidanza in caso di gravi malformazioni del feto. I voti contrari sono stati 95, mentre i favorevoli solo 45. L’opposizione alla modifica della legge ha avuto successo grazie all’accordo tra i due maggiori partiti di centrodestra,Fine Gael e Fianna Fail. La riforma promossa dal deputato Mick Wallace aveva suscitato non poche perplessità per l’evidente contrasto con la Costituzione irlandese che prevede eguali diritti per madre e nascituro. Quest’ultimo anche se affetto da gravi patologie non perde lo status di soggetto tutelato dalla stessa Costituzione, in virtù dell’ottavo emendamento che dal 1983 ha escluso l’aborto dall’ordinamento irlandese. Da allora, solo in caso di comprovato rischio per la vita della madre si poteva procedere alla soppressione del nascituro nel grembo materno.
Nel 2013, però, l’Irlanda aveva dovuto capitolare di fronte alle insistenti richieste di aggiornare le sue regole definite troppo restrittive. Tre anni fa, dunque, fu varata la nuova legge, The Protection of Life During Pregnancy Act («Legge per la protezione della vita durante la gravidanza», questo il titolo paradossale) che ha esteso i casi in cui è possibile il ricorso all’aborto includendo la donna che dichiari di volersi suicidare perché impossibilitata a sostenere una gravidanza e gli oneri che ne derivano, un criterio volutamente estremo per forzare la mano all’opinione pubblica. Come è facile capire, questo genere di aggiornamento della legge ha costituito una crepa nella fino ad allora solida impostazione dell’Irlanda improntata al favor vitae. Ma nonostante a ogni donna sia stato così fornito lo strumento legale per interrompere la gravidanza se e quando lo desideri, non si sono affatto esaurite le pressanti richieste del fronte favorevole all’aborto, basate sul fatto che molte cittadine irlandesi sarebbero costrette ad espatriare nella vicina Inghilterra alla ricerca di cliniche dove abortire con libertà anche maggiore.
Questo tipo di argomento è stato usato dagli stessi promotori del provvedimento ora bocciato dalla Camera, ma continua a essere un cavallo di battaglia anche in sede internazionale per mettere sotto processo l’Irlanda. Nel 2010 era stata la Corte europea per i diritti umani ad ammonire Dublino, cui si chiedeva di definire in modo quanto più possibile inequivocabile il concetto di «pericolo di vita» per la madre. Da lì è scaturita la legge del 2013, che ha incluso l’intenzione di suicidarsi nelle definizione di pericolo per l’incolumità della gestante. Due anni fa è stato poi il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a lamentare gli insufficienti passi in avanti verso l’aborto legale, nonostante la nuova legge già in vigore. E dalla stessa Onu, un mese fa, sono giunte ulteriori raccomandazioni: «L’Irlanda dovrebbe modificare la sua legge sulla interruzione volontaria di gravidanza, e la sua Costituzione, se necessario». Al mosaico abortista mancavano le malformazioni del feto. La Camera irlandese ha respinto al mittente questo nuovo attacco alla vita nascente, ma si può star certi che la partita non finisce qui. Il primo ministro Enda Kenny, contrario alla modifica che ha definito un «male per le donne», avrebbe intenzione di indire consultazioni pubbliche costituendo assemblee popolari sul tema dell’aborto. Intanto Eurostat ha fatto sapere ieri che l’Irlanda è il Paese Ue con il più alto tasso di natalità (14,2 nati ogni mille abitanti). Agli ultimi posti c’è l’Italia (8). In un continente che non sembra saper più accogliere la vita, è una classifica che deve far riflettere.
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