venerdì 14 febbraio 2014

E' QUESTA LA SCUOLA CHE VORRESTI PER I TUOI FIGLI??...+ LEGGE SULL'EUTANASIA

QUESTI SONO 2 ARTICOLI
MESSI SULLA HOME PAGE DI RADIO MARIA
E COMMENTATI DA PADRE LIVIO
 
OGGI VENERDI  14 FEBBRAIO 2014
 
 
...non parlo di notizie di cambi di governo
...che cadranno o rimarranno qualche anno
...solita storia
...ma di come cercano di educarci i figli
e di come trattano le persone piu deboli
...questo si che rimarrà per tanti anni
 
prima cosa l'educazione dei nostri figli.
...ecco cosa hanno stampato per i nostri figli
 
secondo in Belgio hanno approvato l'eutanasia anche sui bimbi
...c'è solo una possibilità che il re non dia l'approvazione
 
...l'Olanda non se la passa meglio, ha deciso che i malati mentali
...possono anche non fare parte attiva della popolazione
 
...l'Europa ha apostatato,
cioè non ha Dio,
...e questo è il risultato
 
...Don Stefano diceva Italia 55.000.000 milioni di abutanti
persone che vanno alla messa domenicale 5.000.000 milioni
è un paese di disgraziati
...senza grazia
 
in europa va molto peggio
se si esclude la Polonia e parte della Spagna
 
...per grazia di Gesù che lo ha permesso
da 33 anni abbiamo Maria che ci guida
ogni giorno scendendo sulla terra
...e ogni anno che passa capisco sempre di più
il perchè ci è cosi vicina
 
...non riusciranno a fare niente,
il male sembra onnipotente, ma non lo è
...è tutto fumo e niente arrosto.
 

 
Gender in classe: mondo capovolto
Di Lucia Bellaspiga – Avvenire, 14 Febbraio 2014
 
«Educare alla diversità a scuola»: tre volumetti prodotti dal Dipartimento per le Pari opportunità
(dipende dalla presidenza del Consiglio dei ministri), dall’Unar (Ufficio nazionale
antidiscriminazioni razziali) e dall’Istituto Beck.
È diretto alle scuole primarie, alle secondarie di primo grado e a quelle di secondo grado. In teoria
dunque tre guide intenzionate a sconfiggere bullismo e discriminazione, garantendo pari diritti a
tutti gli studenti. In realtà – a leggerne i contenuti – una serie di assurdità volte a «instillare» (questo
il termine usato) nei bambini fin dalla tenera età preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la
fede religiosa, la differenza tra un padre e una madre...
Al loro posto un relativismo che non lascia scampo ad alcun valore. Il tutto mascherato da rispetto
per le diversità (quando invece si cerca di omologare tutto, raccomandando persino di appiattire la
preferenza nei maschi per il calcio o la Formula 1 rispetto alle femmine) e per diritto alla propria
identità (quando viene negata anche quella di uomo e donna, trattati come pura astrazione).
Ma che uso fare dei tre volumi? Quale il loro effettivo destino? C’è il rischio che la dittatura del
gender entri prepotentemente – così come auspicato nel testo – nelle aule dei nostri figli e ne
influenzi pesantemente la crescita armonica? «Dal punto di vista puramente tecnico si tratta di
materiali didattici che l’ufficio delle Pari opportunità mette a disposizione di insegnanti e studenti –
spiega Roberto Pellegatta, preside dell’Istituto professionale statale "Meroni" di Lissone (Milano) –,
dunque necessita assolutamente del parere concorde di docenti e genitori, come avviene per i libri di
testo e per qualsiasi materiale didattico. Poiché va nelle mani dei ragazzini, esige obbligatoriamente
il parere del consiglio di classe e la votazione del collegio».
Non tocca al preside proporre tali testi, ma all’insegnante, nella piena libertà di insegnamento
prevista dalle norme. «Io sono preside alle superiori – aggiunge – ma mi sono confrontato anche
con i colleghi delle medie e delle elementari e a nessuno pare materiale appropriato per la scuola:
potrebbe essere adottato solo laddove qualche singolo docente volesse agitare posizioni molto
ideologiche e usarlo come strumento di battaglia». L’ufficio delle Pari opportunità, infatti, presenta
i tre volumetti come ausilio contro il bullismo e la discriminazione, «ma nei contenuti è evidente la
battaglia ideologica. Lascia il tempo che trova e io penso che non valga nemmeno la pena
contrastare un’operazione tanto lontana dalla realtà. Ciò che preoccupa invece è che sia stato
prodotto spendendo soldi dell’Unione Europea: era lì che bisognava contrastare il progetto».
Tutta colpa delle fiabe. «A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di
una principessa, se è femmina di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni
diverse». Così si legge nell’introduzione al volume Educare alla diversità rivolto ai bambini delle
elementari. In effetti è vero: sono millenni che gli dei si innamorano delle dee, che i cavalieri
combattono per le donzelle, che Cenerentola balla col principe e Biancaneve si risveglia al bacio di
un uomo... Siamo tutti cresciuti con queste certezze, e tutto sommato non siamo venuti su male (o
non per questo, comunque). Eppure a leggere l’introduzione alle linee guida per "insegnanti
rispettosi delle differenze", nonché le schede di lavoro da svolgere con i bambini, tanta omofobia
causa confusione mentale tra i piccoli. «Questi sono gli anni in cui i bambini di solito cominciano a
formarsi un’idea di se stessi e delle persone che li circondano», dunque occorre «incoraggiare la
diversità»: spesso i genitori e la scuola sono legati agli «stereotipi» della famiglia formata da un
padre uomo e una mamma donna e «come risultato molti bambini trascorrono gli anni della scuola
elementare senza accenni positivi alle persone LGBT» (lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Ma
c’è di peggio, avverte il testo: «Nella nostra società si dà per scontato che l’orientamento sessuale
sia eterosessuale e la famiglia, la scuola, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano un
orientamento eterosessuale»... Errori magari compiuti in buona fede, ma proprio per questo ecco
pronte le linee guida che rieducano prima gli insegnanti con una serie di esercizi, per poi crescere i
bambini nella consapevolezza che i due generi maschio e femmina sono roba vecchia, così come il
concetto di famiglia (al singolare), di madre e padre e via andare. E I DUE RE VISSERO FELICI E CONTENTI
Ecco allora le linee guida per i maestri: attraverso la letteratura, il cinema o invitando ospiti gay o
trans, dimostrare ai bambini che ci sono «uomini e donne, così come famiglie, diversi» da quello
che viene liquidato non come «stereotipo da pubblicità» (a questo è ridotta la famiglia!). Al bando
quindi tutta la letteratura per bambini, dalle fiabe a Pinocchio, ma anche Bambi o gli Aristogatti
(materiale chiaramente omofobo)? E ancora: «Non usare analogie che facciano riferimento a una
prospettiva eteronormativa», cioè che sottintenda anche involontariamente «che l’eterosessualità sia
l’orientamento normale»: insomma, vietato insinuare ad esempio che il re torna a casa dalla regina:
«Tale punto di vista può tradursi infatti nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di
una donna e la sposerà» (gravissimo periglio). Guai poi all’insegnante che si aspetti che gli studenti
di sesso maschile siano ad esempio più interessati «alla Formula 1»: la parola d’ordine è appiaTtire
le differenze, uniformare, negare l’evidenza, incoraggiare le femmine a tirare di pallone e i maschi a
parlare intanto «di cucina o di shopping».
 
Il maestro è invitato a combattere l’omofobia in modo interdisciplinare, anche nei problemini di
aritmetica: «Rosa e i suoi due papà comprano due lattine, se ogni lattina costa 2 euro quanto hanno
speso?». Difficile credere che tutto questo non sia uno scherzo. Incredibili poi le domande-tipo:
«Un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa è che il sesso vada fatto solo per
avere bambini»... Poiché invece la cosa che conta è il rispetto del partner coinvolto nell’atto
sessuale (lo ricordiamo, siamo elle elementari!) «potremmo ribaltare la domanda chiedendoci: i
rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?». Gradatamente il mondo è capovolto. Non è chiaro
che fine potrebbero fare a questo punto l’Odissea, con Penelope instancabilmente donna, moglie e
madre, oI Promessi Sposi, biecamente tradizionali (con l’aggravante della fede, visto che il testo
colpisce spesso la religiosità come causa di atteggiamenti chiusi e retrogradi). «Visione di film e
documentari a tematica omosessuale» completano il quadro, mentre «cartoncini, pastelli, matite
colorate» non servono più agli antichi lavoretti di un tempo (ricordate?) ma per cartelloni del tipo
«che cosa fa una famiglia quando ci sono due mamme o due papà?».
 
Per obiettività occorre dire che i passaggi contro il bullismo sono assolutamente condivisibili, ma
non si capisce perché solo in tema di omosessualità: e i bimbi presi di mira perché credenti? Derisi
perché vanno a Messa e fanno pure il chierichetto? O quelli disabili? Il ministero della Pari
opportunità non pensa a delle Linee guida per loro? O non siamo tutti uguali e con pari diritti?
 
ETERO CIOÈ NON NORMALE
Passando alle scuole medie e alle superiori, «coloro che durante questo periodo di sviluppo si
accorgono di essere gay, lesbiche o bisessuali» si trovano a sostenere sfide «peculiari del loro
orientamento», dunque i loro insegnanti devono attrezzarsi perché non basta «essere gay-friendly»,
è necessario «essere gay-informed». E su questo modulare l’insegnamento scolastico. La metodica è
sempre quella prevista per le elementari: non proporre mai situazioni in cui si presume che un uomo
ami una donna, due genitori siano maschio e femmina, il libro o il film presentino come «normale»
un rapporto etero anziché come «solo uno dei possibili orientamenti sessuali». E se di nuovo sono
ovvie e condivisibili tutte le raccomandazioni contro violenza e bullismo (e ci mancherebbe pure), il
resto è un groviglio di attività e concetti del tutto slegati dalla vita reale e da quella scolastica.
 
Gli autori dimenticano che qualsiasi problematica di un alunno – etero o omosessuale che sia – da
che mondo è mondo richiede tutta l’esperienza e la capacità introspettiva del docente, mentre qui
sembra che esista esclusivamente la sensibilità del ragazzo omosessuale: gli altri possono
tranquillamente crescere e maturare imparando che i due sessi sono un’astrazione, così come la
famiglia e tutto ciò che ne consegue (i figli, il matrimonio), che tutto è relativo.
 
Le attività con i ragazzini delle medie (11-14 anni) vanno da "Famiglie in tv" (oggi c’è solo
l’imbarazzo della scelta, comunque «l’insegnante consiglia Giudice Amy; Modern family; Tutto in
famiglia... »); a "Il gioco delle associazioni di parole" («Cosa vi viene in mente quando dico le
parole gay, lesbica, bisessuale, trans?», chiede il prof); al "Gioco dei fatti e delle opinioni": «Uno
studente può dire che due uomini che fanno l’amore sono disgustosi – queste le istruzioni –. A quel
punto l’insegnante fa notare che questa è un’opinione, un giudizio personale, derivata dal fatto che
siamo poco abituati a questo dal cinema e dalla televisione»: «È un fenomeno che per noi non è
stato reso normale», nulla più. Va da sé che «milioni di bambini crescono con genitori omosessuali»
e sono beatissimi, (se ne desume che nozze gay e adozione di figli sarebbero sacrosanti):
«L’impossibilità di sposarsi può avere un impatto sul benessere dei genitori e conseguentemente dei
figli», altrimenti felicissimi di avere due papà o due mamme.
 
Per le superiori il tutto si ripete pressoché identico, e questa sì è un’astrazione, che non tiene conto
di quanto un 12enne sia diverso da un 18enne: stessi giochi, stesse attività, persino stessi film
proposti. Ad esempio "Kràmpack" (regia di Cesc Gay, e non è un gioco di parole): «Nico e Dani
sono due ragazzi 16enni che si apprestano a trascorrere le vacanze insieme. È l’estate della perdita
della verginità. I due in passato avevano condiviso giochi di masturbazione reciproca...». Se questa
è scuola.
 
 
 
 
 
 
Olanda, ciò che faceva Hitler ora lo fa lo stato
Di Giulio Meotti – Il Foglio, 14 Febbraio 2014

“La legge sull’eutanasia in Olanda sta deragliando”. Non lo ha detto un cardinale dell’Aia o
Utrecht, ma niente meno che il dottor Boudewijn Chabot, lo psichiatra che nel 1994 per primo fornì
in Olanda un farmaco letale per il suicidio assistito a una sua paziente con problemi mentali.
Riconosciuto colpevole, Chabot non è stato condannato dai giudici, che hanno invece ritenuto la sua
azione “amorevole”, e sul suo caso è stata poi costruita la legge sull’eutanasia approvata nel 2001.
Adesso, sul quotidiano olandese Nrc Handelsblad, il padre della legge sull’eutanasia Chabot
denuncia l’anarchia eutanasica nei Paesi Bassi, dove tra l’altro la federazione dei medici ha
autorizzato i camici bianchi a togliere la vita a bimbi nati con gravi malformazioni, una norma, che
entrerà in vigore dal 2014 e che, stando al giornale Volkskrant, riguarda trecento bambini l’anno.
Il pioniere dell’eutanasia olandese dice di non sentirsi più a suo agio con questa legge, che ha troppi
“difetti”, e di essere rimasto “sorpreso dai recenti sviluppi”.
Gli sviluppi recenti sono quelli esposti dal ministro della Sanità, Edith Schippers, che due giorni fa
è andata in Parlamento a rendere conto della situazione della “dolce morte”. Il dato più drammatico
riguarda i malati di mente, i disabili psichiatrici, i folli e i dementi: 42 olandesi che soffrivano di
patologie psichiatriche non terminali sono stati messi a morte nel 2013. Erano stati 14 nel 2012. Un
aumento del trecentoventi per cento. Il giornale degli specialisti di malattie mentali, Tijdschrift voor
Psychiatrie, parla della morte come “emancipazione” del paziente psichiatrico.
Il boom di disabili psichiatrici messi a morte si deve in gran parte al programma “Levenseinde”,
fine vita, quindici unità eutanasiche mobili che uccidono i pazienti a domicilio. E’ il primo
esperimento al mondo di eutanasia porta a porta e ha già una lista di attesa di duecento persone.
Contattare il “servizio” è molto semplice, è sufficiente una telefonata o una e-mail e, nel giro di due
giorni, l’équipe della morte è da te con la “medicina”.
Ad approvare il programma di “eutanasia ambulante” è stato proprio il ministro della Sanità
Schippers. Ha richiesto e ottenuto l’eutanasia anche chi aveva “depressioni croniche” o “soffriva di
demenza”, come l’Alzheimer. Un sondaggio pubblicato dal New England Journal of Medicine
rivela che il 64 per cento degli psichiatri olandesi accetta l’eutanasia attiva per i pazienti che
soffrono di malattie mentali. Queste unità si chiamano “Levenseindekliniek”, clinica della dolce
morte. Ne fa parte anche la psichiatra Gerty Casteelen, che ha appena messo a morte una donna che
soffriva di disturbi della personalità e di mania compulsiva. Lo scorso ottobre una donna ha chiesto
e ottenuto che le venisse praticata l’eutanasia solo perché cieca, causa di “insopportabili e
continuative” sofferenze.
Un altro caso si distingue per la crudezza: una donna che aveva sofferto di anoressia per trent’anni.
Trattata senza risultati con tutti i metodi sanitari conosciuti, dopo cinque anni ha chiesto di morire.
Nel momento in cui gli specialisti non erano in grado di offrirgli niente di più, il suo psichiatra le ha
dato il consenso per l’eutanasia.
Nelle nuove linee guida della Royal Dutch Medical Association si può includere nell’eutanasia chi
ha “disturbi mentali e psico-sociali”, come “perdita di funzionalità, la solitudine e la perdita di
autonomia “come criteri accettabili per l’eutanasia”. Il documento conclude sostenendo che il
“concetto di sofferenza” è “ampio” rispetto alla sua interpretazione ed esso dovrebbe includere
anche “disturbi della vista, dell’udito e della mobilità, cadute, confinamento a letto, affaticamento,
stanchezza e perdita di fitness”.
Accadde vent’anni fa, nel 1993, che il tribunale di Assen, nel nord dell’Olanda, prosciolse uno
psichiatra che aveva aiutato a morire una disabile mentale. La Corte riconobbe che anche la
“sofferenza morale” giustifica l’iniezione letale.
Allora il capo della Federazione dei medici olandesi, il compianto Karel Gunning, denunciò quanto
stava accadendo con queste parole: “Tutti gridano all’omicidio quando si parla delle esperienze
della Germania nazista, ma secondo me quello che si vorrebbe fare in Olanda è peggio. 

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