Per un attimo ho pure pensato che se avessi tenuto le gambe chiuse la bambina non sarebbe nata», ha raccontato alla Abc News Marie Massey, che proprio non pensava sarebbe entrata in travaglio alla 23esima settimana. La donna quel mattino era andata al lavoro pensando che invece sarebbe dovuta rimanere a casa, perché non si sentiva troppo bene. Mai avrebbe immaginato che proprio quel giorno avrebbe conosciuto sua figlia. Che ha chiamato Faith, fede, una bambina minuscola di 424 grammi.
TRAVAGLIO INATTESO. Seduta alla scrivania della banca in cui lavorava, con dolori acuti, Marie di certo non pensava di essere entrata in travaglio. La corsa in taxi, l’accettazione in pronto soccorso, tutto le sembrava assurdo e incredibile, visto che la sua gravidanza procedeva bene e non c’erano state avvisaglie di un possibile parto prematuro. L’infermiera cercava di tranquillizzava ma Marie era ormai in un totale stato di angoscia per quella bambina così desiderosa di nascere.
POCHE POSSIBILITA’. I medici l’hanno subito informata che i bambini che nascono a 23 settimane raramente sopravvivono, e se lo fanno corrono il rischio di una paralisi cerebrale, di emorragie e altre complicazioni. «La lista delle cose tremende che mi dicevano è proseguita e proseguita, e io ero lì sdraiata e mi continuavo a dire che invece sarebbe stata bene, di non preoccuparmi. Ma loro continuavano a ribadire che non c’erano grandi possibilità che sopravvivesse».
IL TUBICINO PIU’ PICCOLO. Il neonatologo Michale Espiritu, dell’ospedale di Princeton, ha spiegato ai giornalisti dell’Abc che il problema era nella placenta della mamma, che i bambini nati a questa precoce settimana sopravvivono solo al 20 per cento. Di questi, solo il 5 per cento sopravvive senza presentare danni cerebrali significativi. Dopo che Marie ha partorito, i medici volevano metterla a riposo, ma lei si è subito alzata per andare a vedere sua figlia nell’incubatrice. Era rossa, con la pelle translucida e non ancora del tutto sviluppata, e con un tubo che le usciva dalla bocca per aiutarla a respirare. «Abbiamo usato il tubicino più piccolo che avevano in ospedale», ha spiegato un’infermiera.
10 CHILI DI GIOIA. I mesi sono passati e Faith ha continuato a rimanere in ospedale. «Vedevo uscire tutti gli altri neonati in braccio ai loro genitori, e noi continuavamo a rimanere lì», ha raccontato la mamma. Fino a luglio scorso, quando è potuta uscire. Oggi Faith pesa 10 chili ed è una bambina che sorride sempre. Il neonatologo che l’ha seguita l’ha definita un miracolo, visto che il suo cervello non ha riportato nessun danno. «Tutti siamo rimasti sorpresi di quanto fosse forte quella bambina da 424 grammi», ha concluso il medico.
A VOLTE LE BUONE NOTIZIE
...NON LO SEMBRANO POI TANTO
DARE PER SCONTATO QUELLO
CHE ACCADE NORMALMENTE
...E NON CONSIDERARLO UN MIRACOLO
...E' PERDERSI IL MEGLIO
...QUESTA MAMMA SE LO RICORDERA'
PER TUTTA LA VITA
DA RIVISTA TEMPI
UN ABBRBACCIOO
STE
E S.G.
info@cervinitarghe.it
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