giovedì 26 settembre 2013

NON ASPETTARE TROPPO A VIVERE SENZA DIO...E TROPPO BELLO STARE CON LUI


NON ASPETTARE TROPPO A VIVERE SENZA DIO
...E' TROPPO BELLO STARE CON LUI.

Io e Paolo Desandré abbiamo trascorso gli ultimi due
mesi bussando di porta in porta per la benedizione
delle case della nostra parrocchia. Già negli ultimi
giorni sentivo una specie di nostalgia perché il “giro”
stava terminando. Non mi era successo negli anni precedenti.
Ho vissuto questo compito con una coscienza
diversa, frutto di un’educazione ricevuta nella vita
comune in casa e rinvigorita da un episodio accaduto
nell’abitazione di una coppia di giovani sposi.
Ho suonato il campanello tardi, verso le 9 di sera. Mi
hanno aperto e subito mi hanno detto: «Padre, meno
male che è arrivato, temevamo che non arrivasse più.
Sono quattro anni che non riusciamo a far benedire la
casa perché torniamo tardi dal lavoro. Quest’anno
abbiamo preso un permesso orario per farci trovare da
lei. La aspettavamo dalle 4 e mezza del pomeriggio…
meno male che è arrivato».
Da quel momento in poi, ho suonato ogni campanello
col desiderio autentico di incontrare le persone che
avrei trovato in casa. Molti, conosciuti gli anni precedenti,
rimanevano stupiti del fatto che ricordassi il loro
nome o qualche particolare della loro vita di cui mi avevano
parlato. Un giorno sono entrato nella casa di una
giovane mamma, conosciuta in occasione del battesimo
di suo figlio. Poco tempo prima le era stato diagnosticato
un tumore al sistema linfatico. Mi aveva confidato il
suo terrore al pensiero che il figlio sarebbe dovuto crescere
senza la sua madre naturale. Le dissi (con un po’
d’imbarazzo, non sapevo che cos’altro dire...) di cominciare
a venire a messa, per stare alla presenza del
Signore e chiedere a lui la grazia di affrontare la situazione.
L’eucarestia è diventata per lei un appuntamento
fisso della giornata, a parte quando è in ospedale per la
chemioterapia. Ha cominciato a sentirsi a casa sua in
chiesa.
Dopo la benedizione della casa ha voluto che mi fermassi
a cena. A tavola mi ha raccontato come, da quella
vicenda, avesse compreso di avere vissuto troppo
tempo come se Dio non ci fosse. Sua madre, che è stata
colpita dalla stessa malattia, ha cominciato ad ammirare
la forza interiore che vede nella figlia. Anche altri amici
sono rimasti stupefatti dal cambiamento della sua persona:
prima sempre impaziente e scattosa, ora più sensibile e
attenta verso gli altri. La sua preoccupazione è diventata
cercare di infondere speranza alle altre giovani donne che
incontra all’ospedale, angosciate dal fatto che potrebbero
rimanere sterili a causa della chemioterapia. Mi ha chiesto
di aiutarla in questo e nel risponderle mi sono reso conto
della grazia che, attraverso di lei, stava investendo già chi le
sta vicino, e me per primo...

di Stefano Don

da fraternita' e missione
2010 giugno
http://www.sancarlo.org/it/?page_id=3615

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