martedì 17 dicembre 2013

DI MORALISMO SI MUORE ANCHE A NATALE



Mi è capitato l'altra mattina di parlare con una bimba
che ha perso il papà poco tempo fa e che mi chiedeva:
 "Ma che Natale sarà quest'anno per me?".
Io le ho risposto, semplicemente, "il tuo".
 Infatti ciò che serve al Natale,
e per cui la Chiesa ci fa passare attraverso l'Avvento,
non é né un papà né una mamma,
né un figlio né un lavoro:
ciò che serve al Natale è un desiderio,
 il desiderio – magari lancinante – che qualcuno venga, che qualcosa accada.
In questo senso, senza un grande dolore
non ci potrà mai essere una grande attesa.
Il Natale, infatti, non ha bisogno della nostra perfezione
o del nostro quadro affettivo "ordinato",
il Natale ha bisogno di me, della mia domanda.
Non si può fingere festa quando nel cuore c'è dolore,
né usare Gesù Cristo per distrarsi dalla vita
e pensare a qualche piccolo regalo:
il Natale è anzitutto il tempo della consapevolezza, il momento dell'autocoscienza.
Di che cosa ha bisogno la Tua carne ferita?
 Di che cosa ha bisogno la tua vita?
Non delle luci, e neppure di un "miracolo natalizio":
la tua vita ha bisogno di Quel Bambino.
L'Avvento non è il momento in cui si aspetta e si organizza il Natale,
 l'Avvento è il tempo in cui si rientra nel Santuario
del proprio Io con una domanda semplice e disarmante:
ma io, che cosa voglio dalla vita?
Di che cosa ho realmente bisogno?
Solo un cuore che domanda e che chiede è davvero pronto al Natale,
al dono di Quel Bambino solo e indifeso che
– nudo – è venuto a prenderti per mano.
Il rischio, come sempre, non è quello di non essere pronti,
ultimo scampolo di ogni moralismo, o cattolicamente perfetti:
 il rischio è quello che Lui venga e noi non siamo in casa,
avendo gli occhi così pieni di ciò che ci manca,
o di ciò che non abbiamo più, da non sussultare
davanti a quel pianto che, squarciando quella notte,
ha squarciato la nostra vita.
Questo è l'Avvento.
Questo è quello che ci manca:
smettere di inseguire le nostre idee
per permettere al nostro cuore di gioire di quella Presenza.
Il moralismo ci uccide la vita perché ci impedisce
di tirare fuori e di prendere in mano la nostra esperienza.
Per questo passano i Natali e noi non impariamo niente:
perché il nostro cuore, alla fine,
ha sempre festeggiato la festa di qualcun altro.
Questa Avvento, questi giorni che ci rimangono di attesa,
saranno veri, saranno grandi, non se saremo più pii o più bravi,
ma se avremo il coraggio di guardare in faccia la nostra vita.
Per metterla davanti a Colui che, senza tanti giri di parole,
è venuto semplicemente ad abbracciarla.
 
...stralcio dall'articolo
Di moralismo si muore anche a Natale

Federico Pichetto

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