giovedì 31 luglio 2014

L’estate degli imprevisti battesimi

L’estate degli imprevisti battesimi

 
 

Era il giorno del Sacro Cuore, festa della parrocchia e festa per 12 catecumeni, adulti e bambini, che si erano preparati al battesimo: li aspettavamo, quella domenica, da tanti luoghi più o meno vicini, un po’ in ansia per l’attesa e perché non capitassero imprevisti. Eppure, proprio la sera della vigilia, arriva una telefonata: era una giovane mamma che l’indomani avrebbe dovuto portare al Battesimo la sua bambina. Si era rotta la macchina, impossibile farla aggiustare in poche ore festive. Di più, il papà di un’altra famiglia doveva sostituire un collega al lavoro, e pazienza se era domenica: non potevano partire. Ero così stanco, per di più a fine anno, non sapevo che fare. Ci siamo scambiati poche parole tra amici, tra cui una laica consacrata dei Memores Domini, arrivata per darci una mano da Novosibirsk: avremmo celebrato la messa e battezzato chi era presente in parrocchia. Poi, dopo un po’ di festa, avremmo raggiunto i parenti della mamma che mi aveva chiamato e avremmo celebrato i sacramenti in casa, con i bambini di tre famiglie (tutte parenti tra loro…) e il nonno, malato terminale di tumore. Proprio la figlia mi aveva cercato tempo prima, chiedendomi di battezzare il papà e la figlia insieme. Negli ultimi giorni, però, il male era avanzato tanto da impedirgli di muoversi. Insomma, spostarci noi avrebbe reso possibile l’incontro così atteso anche da quell’uomo anziano.

Una prima opportunità. La domenica mattina accogliamo nella comunità i nuovi cristiani e li festeggiamo con pizza a volontà preparata dalla nostra Berni, una vera specialità. Poi ci mettiamo in viaggio per raggiungere la piccola chiesa domestica che ci attendeva. I bambini avevano un abito nuovo bianchissimo fatto a mano dalle loro mamme: una bellissima cerimonia, una letizia palpabile. Ma il nonno non c’era. Chiedo alla figlia perché: costretto al letto, pareva alla fine. «Avvisa che andiamo noi da lui, se volete. Mangiamo il dolce coi bambini e partiamo subito», dico.

Seconda opportunità. Ci rimettiamo di nuovo in macchina, e arriviamo alla casetta del nonno. Modesta, silenziosa. «Entro da solo», spiego, «c’è una sola stanza piccola piccola, e non bisogna mettergli disagio». Il malato è seduto sul divano, con gli occhi chiusi, sembra del tutto assente. Gli parlo, come se potesse ascoltarmi, rendo partecipi i familiari e gli impartisco il Battesimo insieme alla Cresima, vista la gravità della situazione e il desiderio vivissimo dei suoi parenti. Poi torniamo stremati nella nostra parrocchia: avevamo seguito gli imprevisti seminati qua e là, senza ancora capire perché.

Il lunedì, come da tradizione, noi sacerdoti della san Carlo siamo a cena dalle Memores a Novosibirsk. Io avevo tenuto sempre il telefonino spento, e quando sto per uscire dall’appartamento delle ospiti, accendendolo, vedo due chiamate. La famiglia che avevo incontrato il giorno prima mi avvisava che il nonno era mancato il mattino stesso e l’indomani ci sarebbero stati i funerali.

Martedì, tornando a quella casetta, partecipando al funerale, pensavo a quel vecchio uomo certamente in Paradiso, perché non si era più svegliato dopo aver ricevuto il battesimo; pensavo a tutto ciò che Dio aveva permesso: la macchina rotta, il collega da sostituire, la decisione di celebrare i battesimi in quelle case, la mia domanda sul nonno ammalato…

Tutto era voluto, preparato per lui, perché ricevesse la Grazia di entrare nella Chiesa, e per noi, perché capissimo in che buone mani è il nostro destino.

Nell’immagine, paesaggio estivo siberiano (foto Olga Filonenko)
 

s. ignazio di lojola 31 luglio - provate gli spiriti se sono da Dio

 

Provate gli spiriti se sono da Dio
Dagli «Atti» raccolti da Ludovico Consalvo dalla bocca di sant'Ignazio
8Cap. 1, 5-9; Acta SS. Iulii, 7, 1868, 647)
Essendo stato appassionato divoratore di romanzi e d'altri libri fantasiosi sulle imprese mirabolanti di celebri personaggi, quando cominciò a sentirsi in via di guarigione, Ignazio domandò che gliene fossero dati alcuni tanto per ingannare il tempo. Ma nella casa, dove era ricoverato, non si trovò alcun libro di quel genere, per cui gliene furono dati due intitolati «Vita di Cristo» e «Florilegio di santi», ambedue nella lingua materna.
Si mise a leggerli e rileggerli, e man mano che assimilava il loro contenuto, sentiva nascere in sé un certo interesse ai temi ivi trattati. Ma spesso la sua mente ritornava a tutto quel mondo immaginoso descritto dalle letture precedenti. In questo complesso gioco di sollecitazioni si inserì l'azione di Dio misericordioso.
Infatti, mentre leggeva la vita di Cristo nostro Signore e dei santi, pensava dentro di sé e così si interrogava: «E se facessi anch'io quello che ha fatto san Francesco; e se imitassi l'esempio di san Domenico?». Queste considerazioni duravano anche abbastanza a lungo avvicendandosi con quelle di carattere mondano. Un tale susseguirsi di stati d'animo lo occupò per molto tempo. Ma tra le prime e le seconde vi era una differenza. Quando pensava alle cose del mondo era preso da grande piacere; poi subito dopo quando, stanco, le abbandonava, si ritrovava triste e inaridito. Invece quando immaginava di dover condividere le austerità che aveva visto mettere in pratica dai santi, allora non solo provava piacere mentre vi pensava, ma la gioia continuava anche dopo.
Tuttavia egli non avvertiva né dava peso a questa differenze fino a che, aperti un giorno gli occhi della mente, incominciò a riflettere attentamente sulle esperienze interiori che gli causavano tristezza e sulle altre che gli portavano gioia.
Fu la prima meditazione intorno alle cose spirituali. In seguito, addentratosi ormai negli esercizi spirituali, costato che proprio da qui aveva cominciato a comprendere quello che insegnò ai suoi sulla diversità degli spiriti. 

mercoledì 30 luglio 2014

PADRI DEL DESERTO - PREGHIERA-SEMPLICITA-VOLONTA' DI DIO



Pregare incessantemente

La parola chiave degli apoftegmi è senza dubbio 1Ts 5, 17: «Pregate incessantemente». Questo è il versetto più citato nei circa 2300 detti differenti. Questa esortazione di san Paolo si trova nascosta tra altre esortazioni e non è accompagnata da ulteriori spiegazioni o da alcun commento. I monaci perciò hanno preso questa parola nel senso letterale di una preghiera di 24 ore su 24. Il loro sforzo comune per realizzare un tale compito deve essere qualificato senz’altro come grandioso. Il primo passo a questo fine era la separazione dal mondo (anacoreta, da anachôrein = ritirarsi). Gli anacoreti scoprirono il deserto come un luogo molto adatto a questa separazione, sull’esempio di Gesù che dimorava 40 giorni nel deserto o andava a pregare sui monti durante la notte. Ben presto, si vide che un’ascesi dura e severa ne era una parte indispensabile.

4. Semplicità

La preghiera dei monaci del deserto non consisteva in salmi o in altri testi biblici. La semplicità proibiva loro di rendere la preghiera complicata. Nutrivano la mente con la lettura e la meditazione, cioè con la ripetizione mormorata della Bibbia; la preghiera, invece, la facevano essi stessi. «Non c’è bisogno di vane parole, disse abba Macario, ma tendi le mani e di’: Signore, come vuoi e come sai, abbi pietà di me»[5]. Alludeva a Mt 6, 7: «Nel pregare non siate ciarlieri come i pagani». Le parole «abbi pietà di me» rimandano alla preghiera del pubblicano (Lc 18, 13): di lì s’è formata la famosa «preghiera di Gesù». Il detto dell’abate Macario fa presumere che il monaco del deserto limitasse abitualmente la preghiera alla ripetizione continua di una stessa giaculatoria. Un apoftegma dell’abate Sisoês rafforza questa presunzione. Egli diceva: «Ecco, da trent’anni non prego più Dio per un peccato particolare, ma prego così: «Signore Gesù, proteggimi dalla mia lingua». E fino ad ora ogni giorno cado nel peccato a motivo della lingua»[6]. All’inizio quindi abba Sisoês emetteva una specie di preghiera di Gesù, una preghierina di misericordia; più tardi diceva che da trent’anni l’aveva cambiata in una preghiera ininterrotta per tenere a freno la lingua (Gc 1, 26).

Colui che prega tutto il giorno non ha più bisogno di ore particolari di preghiera. Perciò non possiamo aspettarci di trovare presso i primi monaci, i quali erano solitari in senso stretto, un vero «ufficio», cioè un obbligo. Quest’ultimo però nacque spontaneamente da quando i solitari incominciarono a ricevere discepoli. Fin da allora si radunavano per pregare insieme (synaxis). Per questa sinassi sceglievano di preferenza, ma non esclusivamente, dei salmi. Soltanto nella terza «generazione» si cominciò qua e là a cantare quei salmi
 
6. La volontà di Dio

Il vero monaco desidera conoscere la volontà di Dio e prega a tale scopo. Perciò deve recidere la propria volontà. La parola «recidere», preferita in tali contesti, ne indica l’asperità. Infatti, stroncare la propria volontà è la cosa più dura che mai si possa chiedere ad un uomo. Un apoftegma lo mette in rapporto con la dichiarazione di san Pietro in Mt 19, 27. In questo testo si legge: «La via stretta ed angusta è questa: far violenza ai propri pensieri e stroncare la propria volontà per la volontà di Dio. E questo è il significato di: “Ecco, noi abbiamo abbandonato tutto e ti abbiamo seguito”»[8]. I monaci prendevano sul serio la parola di Gesù: «Non sono venuto per fare il mio volere, ma il volere di colui che mi ha mandato» (Gv 5, 30 e 6, 38

L’amico di Caserta

03 - Dwight Longenecker
Don Dwight Longenecker, 
americano ex protestante ed ex anglicano, oggi sacerdote cattolico

di Sandro Magister
Quando trapelò la notizia, confermata da padre Federico Lombardi, che papa Francesco intendeva recarsi in forma privata a Caserta solo per incontrarvi un suo amico, pastore di una locale comunità evangelica, il vescovo della città, Giovanni D’Alise, cadde dalle nuvole. Non ne sapeva nulla.
Per di più, il papa aveva programmato questa sua puntata a Caserta proprio nel giorno della festa di sant’Anna, patrona della città. Vistisi trascurati, tra i fedeli ci fu la minaccia di una sollevazione. Ci volle una settimana buona per convincere il papa a cambiare programma e a sdoppiare il viaggio in due momenti: il primo, sabato 26 luglio, in forma pubblica per i fedeli casertani e il secondo, in forma privata, il lunedì successivo per l’amico evangelico.
Erano mesi che Jorge Mario Bergoglio s’era prefissato di incontrare questa persona. Ne aveva già fatto cenno il 15 gennaio a un gruppo di fedeli di Caserta, dopo un’udienza generale in piazza San Pietro. Ne aveva riparlato il 19 giugno durante un incontro a Roma con alcuni pastori evangelici, tra i quali proprio lui, l’amico casertano, Giovanni Traettino, conosciuto nel 2006 a Buenos Aires in occasione di un dibattito con l’allora arcivescovo della capitale argentina.
L’incontro di Caserta con il pastore Traettino non è infatti un episodio isolato, ma fa parte di uno sforzo a più largo raggio che papa Francesco sta compiendo per catturare le simpatie dei leader mondiali di quei movimenti “evangelical” e pentecostali che soprattutto nell’America latina sono i più temibili concorrenti della Chiesa cattolica, alla quale strappano masse ingenti di fedeli.
I cristiani “evangelical” e pentecostali, sorti un secolo fa in ambito protestante, hanno avuto una espansione spettacolare. Si calcola che siano oggi quasi un terzo dei circa due miliardi di cristiani presenti nel mondo, e tre quarti dei protestanti. Ma ve ne sono anche dentro la Chiesa cattolica. Lo scorso 1 giugno papa Francesco ha incontrato nello stadio olimpico di Roma 50 mila aderenti al Rinnovamento nello Spirito, che in Italia è il più importante raggruppamento carismatico cattolico.
Tre giorni dopo, il 4 giugno, il papa ha incontrato a lungo nel residence di Santa Marta alcuni leader “evangelical” degli Stati Uniti, tra i quali il celebre televangelista Joel Osteen, il pastore californiano Tim Timmons e il presidente dell’Evangelical Westmont College Gayle D. Beebe.
Il 24 giugno altro incontro. Questa volta con i televangelisti del Texas James Robinson e Kenneth Copeland, col vescovo Anthony Palmer della Communion of Evangelical Episcopal Churches, con i coniugi John e Carol Arnott di Toronto e altri leader religiosi di spicco. C’erano anche Geoff Tunnicliffe e Brian C. Stiller, rispettivamente segretario generale e “ambasciatore” della World Evangelical Alliance. L’incontro è durato tre ore ed è continuato a pranzo, nel refettorio di Santa Marta, dove il papa, tra grandi risate, ha battuto un “cinque” a palme aperte con il pastore Robinson (vedi foto).
Copeland e Osteen sono sostenitori della “teologia della prosperità”, secondo cui più in ciascuno la fede cresce più cresce la ricchezza. Sono essi stessi molto ricchi e conducono uno stile di vita dispendioso. Ma Francesco ha loro risparmiato una predica sulla povertà.
Piuttosto – stando a quanto riferito dall’”ambasciatore” Stiller – il papa ha loro assicurato: “Non sono interessato a convertire gli ‘evangelical’ al cattolicesimo. Su molti punti di dottrina non ci troviamo d’accordo. Ci basta mostrare l’amore di Gesù”.
Ma ha anche detto loro d’aver imparato dalla sua amicizia con il pastore Traettino che la Chiesa cattolica, con la sua imponente presenza, fa troppo da ostacolo alla crescita e alla testimonianza di queste comunità. E anche per questo motivo aveva pensato di visitare la comunità pentecostale di Caserta: “per chiedere scusa per le difficoltà date alla comunità”.
Durante i pontificati di Giovanni Paolo II e più ancora di Benedetto XVI, gli “evangelical” americani, generalmente piuttosto conservatori, avevano attenuato il loro tradizionale antipapismo e trovato momenti d’incontro con la Chiesa cattolica nella comune battaglia per la difesa della libertà religiosa, della vita e della famiglia.
Su questi temi, nei suoi colloqui delle scorse settimane, papa Francesco non si è soffermato.
Ma lo scorso marzo il papa ha anche incontrato brevemente, a Roma, la religiosissima famiglia “evangelical” Green, proprietaria dell’azienda Hobby Lobby, alla quale la corte suprema degli Stati Uniti ha dato clamorosamente ragione a fine giugno nella sfida da essa lanciata contro la legge voluta da Barack Obama che obbligava le aziende a includere nell’assicurazione sanitaria dei dipendenti la copertura dei trattamenti anticoncezionali e abortivi.
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2014/07/lamico-di-caserta/

Palmer, l'anglicano che non voleva più "protestare"

 

Per i postumi di un incidente motociclistico occorso in Gran Bretagna, e dopo lunghe ore passate in sala operatoria, il 20 luglio è scomparso Anthony Joseph Palmer, vescovo della Comunione delle Chiese Evangeliche Episcopali (Ceec), fondata nel 1995 e aderente alla Comunione Anglicana. Nato nel Regno Unito, cresciuto in Sudafrica, ex assicuratore medico, sposato a un’italiana, convertito adulto, “Tony” Palmer (così era noto) è stato un grande amico di Papa Francesco. Lunedì 28 luglio avrebbe dovuto esserci anche lui all’incontro “segreto” di Caserta con il Pontefice e il pastore Giovanni Traettino della Chiesa Evangelica della Riconciliazione.
La loro non era certo un’amicizia all’insegna di un irenismo oramai senza sapore. «Io capisco Tony Palmer perché ho vissuto lo stesso percorso», ha commentato don Dwight Longenecker, americano ex protestante ed ex anglicano, oggi sacerdote cattolico, e vera e propria “personalità” del web. «Cresciuto in una famiglia evangelica nordamericana, ho cercato la Chiesa storica e sono diventato anglicano. Questo passo mi ha avvicinato al cattolicesimo e ho finito per essere accolto nella piena comunione della Chiesa cattolica. Percorrendo questa strada, ho affermato tutta la pienezza della fede nella Chiesa cattolica e tutti gli aspetti positivi delle tradizioni evangelica e anglicana allo stesso tempo. Non ho negato gli aspetti positivi della mia ma diventando cattolico li ho affermati ancor di più». Aggiunge infatti sempre don Longenecker che «da un po’ di tempo oramai la vera divisione nel cristianesimo non è più tra cattolici e protestanti. È tra i cristiani che credono nella religione rivelata e quelli che credono in una religione relativa. La vera divisione è tra i progressisti che vogliono alterare la fede storica in base allo spirito del tempo e chi crede che lo spirito del tempo vada sfidato dalla verità eterna e immutabile del Vangelo cristiano. Coloro che credono in una forma relativa, progressiva e modernista del cristianesimo disprezzano l’elemento miracoloso della religione e pensano che la Chiesa debba adattarsi completamente ai bisogni della società moderna».
Il giovane Palmer era tra quelli che a Cristo ci credevano sul serio ed è così che ha incontrato il Papa. La Ceec di cui Palmer è stato un rappresentante di spicco è sorta all’interno del cosiddetto “movimento della convergenza”, che, a partire dagli anni 1970, ha portato un certo numero di protestanti conservatori degli Stati Uniti di tendenza evangelical, molti dei quali con uno stile di preghiera carismatico, a riscoprire la tradizione liturgica ed episcopale della Comunione Anglicana, diffondendosi poi in Europa grazie agli sforzi dell’arcivescovo missionario Robert L. Wise e in questo modo anche in Italia con la Comunità “L’Arca”, fondata a Todi proprio da Palmer.  
Il vescovo anglicano e il Papa cattolico si conoscevano da tempo, ma per Palmer il momento forse più decisivo e incisivo è arrivato il 14 gennaio quando, in qualità di responsabile dell’International Ecumenical Officer della Ceec, lo ha ricevuto il Pontefice. Tra le molte cose di cui immaginiamo (e mai sapremo) si siano parlati, c’è stata anche la Charismatic Evangelical Leadership Conference, in programma per il febbraio successivo in Texas, sotto gli auspici di Kenneth Copeland, un famoso leader del movimento evangelical pentecostale Word of Faith. Palmer l’ha sicuramente illustrata, spiegata e commentata a Francesco; gliene avrà certamente sottolineato l’importanza, magari insistendo proprio sulla quasi unicità di un evento così. I dettagli saranno stati quel che saranno stati, ma la realtà di fatto che tutti hanno poi potuto vedere con gli occhi e ascoltare con le orecchie è che il vescovo anglicano e il Papa cattolico hanno deciso di provare a sfruttarla quell’occasione speciale. Come? Con un messaggio del Papa, la prima volta di un Papa cattolico alla grande kermesse dei protestanti pentecostali. Anzi, con un video registrato nella stanza del Papa a Santa Marta dall’iPhone di Palmer. 
Un filmato casereccio, domestico, in cui il Pontefice balbetta un poco l’inglese e poi si fa sottotitolare, ma che importa? Quando l’anglicano Palmer ha preso la parola davanti agli evangelical, tutti lo hanno ascoltato come un fratello sincero. E Palmer di cos’ha parlato? Praticamente solo del cattolicesimo: dei carismatici cattolici italiani, della Chiesa Cattolica per intero, dell’antica amicizia con l’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio, del Conclave che poi lo ha eletto al Soglio di Pietro, dell’emozione che ha provato nel vedere Papa quello che lui considera uno dei suoi tre padri spirituali, di sua moglie che ha riscoperto il cattolicesimo e dei loro figli educati in questa stessa fede. E subito dopo, quando nessuno se lo aspettava, Palmer ha annunciato l’impossibile, il video del Papa cattolico. La sala protestante lo ha ascoltato, attonita e ammutolita; qualcuno (d’importante, d’influente) ha poi addirittura deciso di convertirsi al cattolicesimo. E Papa Francesco ha parlato di nostalgia, un sentimento forte, fortissimo: il languore più profondo, lo struggimento viscerale, la mancanza strutturale di qualcosa, il senso dell’incompiutezza, il desiderio di un compimento profondo. Ai protestanti manca il compimento autentico del cristianesimo, e tanto loro quanto i cattolici soffrono per la mancata unità del corpo di Cristo. Con una parola spesa via smartphone in Texas, “nostalgia”, Francesco ha fatto più passi avanti di mille discorsi ecumenici, di mille dialoghi interreligiosi.
L’anglicano Palmer parlava del Papa con una reverenza e con una carità che molti cattolici hanno purtroppo scordato. Avevano un piano, Palmer e Francesco, le cui radici risalgono ai tempi in cui il vescovo anglicano avvicinò la Chiesa di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Lavorare per l’unità dell’unica Chiesa. Che è la nostalgia di una cosa bellissima, perduta e da riguadagnare, non un sogno futuribile aperto a qualsiasi sperimentazione. Diceva l’anglicano Palmer, lo diceva in faccia ai protestanti: «La protesta di Martin Lutero è finita. E la vostra?»


http://www.lanuovabq.it/it/articoli-palmer-langlicano-che-non-voleva-piu-protestare-9874.htm

PADRI DEL DESERTO - Poemen 91 - non è monaco chi...





Il padre Poemen disse:
"Non è monaco chi si lamenta,
non è monaco chi rende male per male,
non è monaco monaco chi si adira".

Vita e detti dei padri del deserto
ed:città nuova

PADRI DEL DESERTO - POEMEN - 93 "la mia anima non vuole questa cosa"






Raccontavano che un fratello aveva la tentazione della
bestemmia, e si vergognava a dirlo. Quando sentiva parlare di
grandi anziani, si recava da loro per manifestarla, ma, quando
arrivava, si vergognava a confessarla. Si recò parecchie volte
anche dal padre Poemen; l'anziano capì che aveva dei pensieri
e si rattristò, perché il fratello non li diceva. Un giorno, 
prevenendolo,gli disse: "Ecco, da tanto tempo vieni qui con dei 
pensieri da manifestarmi, e quando arrivi non vuoi dirmeli, ma
te ne vai ogni volta turbato portandoli con te. Dimmi, figliolo,
cos'è che hai?". Gli dice: "Il demonio mi tenta a bestemmiare
Dio, e mi vergognavo a dirlo". Appena gli ebbe raccontato la 
cosa, ne fu subito liberato. L'anziano gli disse:"Non affliggerti,
figliolo: ma, quando ti viene questo pensiero, dì:-Io non
c'entro; la tua bestemmia ricada su di te, Satana! . La mia
anima non vuole questa cosa.E, ogni cosa che l'anima non
vuole, dura poco". Il fratello se ne andò guarito (344c-345a)


martedì 29 luglio 2014

LE SCHIAVE

<B>Il prete che portò una prostituta dal Papa<br>Don Oreste Benzi, una vita per i deboli</B>
 
 
Le schiave non vogliono essere consolate,
ma liberate
 

Don Oreste Benzi

PROSTITUZIONE - APG23 IL MODELLO NORDICO

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IoCon APG23 Luglio
PROSTITUZIONE: ECCO COS'E' IL MODELLO NORDICOIntervista a Max Waltman, ricercatore presso l'università di Stoccolma sui temi della tratta
L'argomento prostituzione è sempre più acceso. Da una parte chi vorrebbe abolire la Legge Merlin preoccupato solo di rendere più decorose le strade, ma che non si preoccupa delle vittime. Dall'altra la Comunità Papa Giovanni XXIII, che mira all'eliminazione della prostituzione fermando i clienti. A livello internazionale si parla del modello nordico-svedese: fu la Svezia, infatti, il primo Stato al mondo che vietò la prostituzione punendo il cliente. Chi meglio della Svezia può allora spiegarci questa esperienza. Vi proponiamo la prima parte dell'intervista a Max Waltman, ricercatore presso l'università di Stoccolma, in Svezia, specializzato sulle tematiche della tratta, prostituzione, pornografia e violenza di genere.
Sig. Waltman, ci può spiegare in cosa consiste il modello svedese?«È molto semplice. Nel gennaio 1999 è entrata in vigore la legge che proibisce l'acquisto di atti sessuali e decriminalizza coloro che sono comprati. Prevede una multa o fino ad un anno di carcere per chi acquista servizi sessuali, cioè i clienti delle prostitute. In questo modo si interviene direttamente su ciò che viene definita la domanda: i clienti. Allo stesso tempo, le persone che si prostituiscono sono de-criminalizzate, non sono punibili, perché esse sono riconosciute come delle vittime e ad esse viene fornito un supporto per uscire dalla prostituzione».
Come si è arrivati a questa legge?«Sin dagli anni '80 c'erano stati diversi tentativi di introdurre una legislazione simile a quella attuale. Tutti furono senza successo. Tra l'altro, erano note le frequentazioni con prostitute da parte di alcuni politici svedesi, anche famosi. Al riguardo in Svezia è stato girato anche un film. Nel 1990 la svolta. Durante un convegno di una rete di femministe svedesi (ROKS), ci fu l'intervento di un avvocato americano, Catharine MacKinnon, la quale sostanzialmente disse: “La disparità di genere tra uomo e donna e la subordinazione sessuale delle donne non possono essere combattute, assumendo che vi sia una parità tra i sessi. Empiricamente questa parità, oggi, non esiste. Pertanto, in un mondo in cui non c'è questa parità, è necessaria una legge contro gli uomini che comprano le donne”».     

Intervista tratta da Sempre, mensile di APG23
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L'AMORE

Foto: Nulla è sprecato se fatto con #amore #citazioni #sololamore
 

LA POVERTA'

Foto: Lo Spirito del Signore è lo spirito di povertà. I forti sono poveri che non vacillano né nella prosperità, né nelle avversità #AntoniodaPadova #egioiasia.
 

IL DENARO

Foto
 

LIBERTA'

Foto: La #libertà è uno dei doni più che il cielo abbia mai dato agli uomini. Essa è un bene così prezioso che per la libertà si può e si deve mettere a repentaglio la #vita #citazioni
 

lunedì 28 luglio 2014

MESSAGGIO 25 LUGLIO 2014 MEDJGORIE

ALLEGO IL COMMENTO DI PADRE LIVIO A FINE PAGINA


"CARI FIGLI! VOI NON SIETE COSCIENTI 
DI QUALI GRAZIE VIVETE IN QUESTO TEMPO 
IN CUI L’ALTISSIMO VI DONA I SEGNI 
PERCHÉ VI APRIATE E VI CONVERTIATE. 
RITORNATE A DIO ED ALLA PREGHIERA; 
NEI VOSTRI CUORI, FAMIGLIE E COMUNITÀ REGNI LA PREGHIERA 
PERCHÉ LO SPIRITO SANTO VI GUIDI E VI ESORTI 
AD ESSERE OGNI GIORNO, 
APERTI SEMPRE DI PIÙ ALLA VOLONTÀ DI DIO 
ED AL SUO PIANO SU CIASCUNO DI VOI. 
IO SONO CON VOI, E CON I SANTI E GLI ANGELI INTERCEDO PER VOI. 
GRAZIE PER AVER RISPOSTO ALLA MIA CHIAMATA. “

Cari amici,
nel suo messaggio la Regina della Pace ci ammonisce 
perché non siamo in grado di comprendere 
lo straordinario tempo di grazia della sua presenza.

Rimaniamo chiusi e non decidiamo la conversione, 
perché siamo distratti dall'effimero che ci allontana da Dio.
Per questo esorta tutti, i singoli cuori, le famiglie e le comunità, 
a ritornare a Dio e alla preghiera.

Quando c'è la preghiera, c'è la presenza di Dio 
e la grazia dello Spirito Santo che illumina, 
facendoci conoscere la volontà di Dio su ognuno di noi, 
e che infonde la forza per realizzarla.

Quando non c'è la preghiera, la divina presenza svanisce 
e noi viviamo come se Dio non ci fosse.
La Madonna è una madre premurosa 
che veglia su tutti i suoi figli e non li abbandona mai.

 In ogni momento intercede presso Dio per noi 
insieme agli angeli e ai santi.


Vostro Padre Livio

PADRI DEL DESERTO : Poemen 56 - L'UOMO PERFETTO

 
 
Il padre poemen disse :
 
"A parole , gli uomini sono perfetti ;
a fatti , sono ben poco "
 
 
 
56 - POEMEN - Padri del deserto 

Padri del deserto - Poemen - silenzio

 
 
Il silenzio non è una virtù
quando la carità necessita la parola”.
 

Poemen

Padri del deserto - Poemen 37 - silenzio


 
Disse ancora:
«Da qualsiasi pena tu sia colto,
la vittoria è il tacere».
 
 

Poemen - 37

Pasdri del deserto - Poemen 27 - silenzio

 
Disse abba Poemen:
 
 «Vi è un uomo che sembra tacere e il suo cuore giudica gli altri;
costui parla sempre;
e ve ne è un altro che parla da mane a sera
e conserva il silenzio;

 non dice cioè niente che non sia di edificazione».

la strada

VUOI SAPERE LA STRADA?

Trovai un agente, corsi da lui e,
col fiato in gola,
gli domandai la strada.
Sorridendo mi disse:
«È da me che vuoi sapere la strada?».
Gli risposi:
«Sì, da solo non riesco a trovarla!».
«Rinuncia, rinuncia!»,
disse voltandosi come quelli che ridono di nascosto.

Franz Kafka
 
Impressiona questo frammento che ho tratto da una novella di Kafka
(1883-1924). La parabola è più che evidente.
Da un lato, c'è l'uomo contemporaneo
che si agita in un labirinto di idee, di voci, di sollecitazioni
(«l'uomo labirintico» descritto da autori come Borges o come Robbe-Grillet). Cerca una via d'uscita, una rotta nel mare delle opinioni che forse internet gli ha rivelato.
È il moderno Ulisse che non ha alle spalle nessuna Itaca e,
quindi, non sa dove volgere la prua della sua nave per trovare una meta.
È l'uomo smarrito di oggi, che all'esterno ostenta sicurezza e certezza, mentre nell'anima è spaesato, stranito, senza bussola morale.
 
 

laparola.it

venerdì 25 luglio 2014

marcello candia

 
 
Marcello Candia, l’industriale per i poveri

Posted on 15 luglio 2014


L’8 luglio 2014, la Congregazione dei Santi ha promulgato il decreto sul riconoscimento delle virtù eroiche del servo di Dio dott. Marcello Candia, missionario laico in Amazzonia brasiliana dal 1965 al 1983, dove ha speso la sua vita di volontario fra i poveri e i lebbrosi e tutte le sue sostanze. Marcello Candia (1916-1983), figlio di un industriale milanese, nato a Portici (Napoli), eredita dal padre la fabbrica di acido carbonico la dirige per 18 anni con successo, fondando tre nuovi stabilimenti. Ma Dio lo chiamava ad essere “l’industriale della carità”. Fin da giovane studente (tre lauree in chimica, biologia e farmacologia), divideva il suo tempo fra l’industria paterna e le opere di carità nella sua Milano: il “Villaggio della madre e del fanciullo”, l’assistenza ai profughi dai campi di concentramento tedeschi, un dispensario medico gratuito per i poveri, l’aiuto ai baraccati delle periferie milanesi (dove da adolescente mamma Luigia portava i cinque figli alla domenica pomeriggio), il “Collegio degli studenti d’Oltremare” voluto dal Card. Montini.

Non si era sposato per fare opere di bene e sentiva profondamente anche la chiamata alle missioni. Fonda la scuola di medicina per missionari (all”Università di Milano) e sostiene i primi organismi di laicato missionario in Italia. Nel 1949 incontra mons. Aristide Pirovano, missionario del Pime e fondatore della diocesi di Macapà alle foci del Rio delle Amazzoni, che lo invita ad andare con lui per fondare un ospedale per i poveri. Marcello va in Amazzonia e si appassiona di quel popolo, ma solo nel 1964, a 49 anni, riesce a vendere la sua fiorente industria e va a Macapà con i missionari del Pime, donandosi totalmente a quella missione. La sua vita, nei 19 anni di Amazzonia (muore nel 1983 di cancro al fegato, è tutta una corsa contro il tempo per realizzare e finanziare molte opere di bene: l’ospedale di Macapà, allora il più grande e moderno dell’Amazzonia brasiliana, il rifacimento del lebbrosario di Marituba (con 2000 lebbrosi), nella foresta presso Belem, centri sociali e casette per i poveri, scuola per infermiere, aiuti a tutte le missioni del Brasile povero che ricorrevano a lui.

All’inizio, in Amazzonia aveva più d’un miliardo di lire (del 1964), spende tutto e incominciano ad arrivargli le offerte dei suoi ex-dipendenti, di molti amici e di tanti altri che venivano a conoscenza della sua avventura. Marcello mandava foto e lettere e tornava un mese l’anno in Italia per rispondere a inviti di conferenze e interviste. Avendo venduto anche la sua casa a Milano, in Italia era ospite del Pime, che gli organizzava gli incontri e le interviste a giornali, radio e televisioni.
Dove sta la grandezza di questo “santo” del nostro tempo, modello per i laici missionari? Nella sua profonda vita di fede e di pietà e nella sua carità. Si definiva “un semplice battezzato”: non apparteneva ad alcuna associazione o movimento ecclesiale; un uomo libero, con una spiritualità profonda ma elementare, che s’è santificato con le preghiere del “Manuale del buon cristiano”. Era il santo della carità, il santo della Croce e il santo della gioia. In quel tempo di dittatura in Brasile, i militari sospettavano di questo riccone che va a spendere i suoi soldi in una regione ai confini del Paese e vive poveramente. Lo sorvegliavano, ostacolavano, umiliavano e lui sopportava con pazienza. Il governatore militare di Macapà dice al vescovo mons. Giuseppe Maritano: “”Mi spieghi lei questo mistero. Vedo che il dottor Candia s’interessa solo dell’ospedale e spende tutto quel che ha per i poveri.. Però, quando gli parlo mi sembra una persona normale”. Mons. Maritano ha testimoniato: “Voleva che l’ospedale fosse per i poveri, perchè questo era l’unico scopo per il quale l’aveva costruito. Diceva: ‘Se c’è un malato povero e uno ricco, prima ospitiamo il povero e poi, se c’è posto, il ricco, che può rivolgersi all’ospedale governativo. Io voglio un ospedale missionario per i poveri e quindi dev’essere per forza passivo. Se è in attivo vuol dire che non è più missionario e per i poveri’. Marcello pagava tutte le spese e i passivi”.

Il mistero della sua vita sta tutto nella sua preghiera. Pregava molto, una preghiera semplice e continua, aveva sempre il pensiero rivolto a Dio e ha portato in Brasile le Carmelitane di Firenze, costruendo due loro conventi, perché diceva: “La preghiera è il carburante delle opere di bene”.
Ho accompagnato Marcello nella visita a diversi lebbrosi. Si inginocchiava vicino al letto, baciava quei malati e mi diceva: “In ogni malato c’è Gesù”. Faceva una vita di grandi rinunzie e sofferenze, anche per visitare le sue opere in tutti il Brasile dei poveri (quando è morto finanziava 14 opere da lui fondate). In Brasile ha avuto cinque infarti e un’operazione al cuore, non avrebbe dovuto tornare in Amazzonia, ma lui è stato fedele alla chiamata di Dio.

Nel 1975 il presidente del Brasile dà a Marcello Candia l’onorificenza più importante del paese “Cruzeiro do Sul” e il più importante settimanale illustrato brasiliano, “Manchete” di Rio de Janeiro, gli dedicò un articolo intitolato: “L’uomo più buono del Brasile”, che incominciava con queste parole: “Il nostro Paese è terra di conquista per finanzieri e industriali italiani. Molti vengono da noi ad impegnare i loro capitali allo scopo di guadagnarne altri. Marcello Candia, ricco industriale milanese, vive in Amazzonia da dieci anni, vi ha speso tutte le sue sostanze, con uno scopo ben diverso: aiutare gli indios, i caboclos, i lebbrosi, i poveri. L’abbiamo eletto l’uomo più buono del Brasile per l’anno 1975″.

Nel 1982, un anno prima di morire, Marcello ha istituito la Fondazione Candia per continuare a mantenere le opere da lui fondate; oggi la Fondazione finanzia più opere di quante ne ha lasciate Marcello. Indirizzo: Fondazione dott. Marcello Candia – Via P. Colletta, 21, 20135 Milano, tel. 02.546.37.89. Chiedere DVD e filmati, immaginette e il bollettino “Lettera agli Amici di Marcello Candia”.
Per conoscere Marcello Candia: P. Gheddo, “Marcello dei lebbrosi”, la biografia che è un romanzo d’avventure e le sue “Lettere dall’Amazzonia”, una lettura appassionante e commovente. Chiedere questi libri a P. Piero Gheddo, Pime, Via Monterosa,81 – 20149 Milano – Tel. 02.43.82.04.18.

Domani 16 luglio vado in vacanza al mare e ritorno a Milano il 4 agosto. Auguro buona estate nel Signore a tutti i miei amici lettori e per i Blog ci vediamo dopo il 15 agosto. Grazie.



Piero Gheddo
 


 

l'orecchio e la bocca



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giovedì 24 luglio 2014

buone notizie

questa è mariam ed è stata liberata
...che bello
 


Meriam Yahya Ibrahim è stata liberata ed è già a Roma. La donna cristiana condannata a morte per apostasia e adulterio, e poi scagionata, era da fine giugno rifugiata con il marito e i due figli all’ambasciata americana. Ma stamattina ha potuto lasciare il paese ed è già arrivata all’aeroporto romano di Ciampino a bordo di un volo della Presidenza del Consiglio verso le 9.30.
IL RUOLO DELL’ITALIA. Insieme a lei e alla sua famiglia il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli (nella foto a destra, con la donna e i suoi figli), che ha seguito tutta la sua travagliata vicenda. L’operazione, tramite la nostra ambasciata in Sudan, è stata curata dal ministero degli Esteri. Le ultime accuse pendenti sono state risolte negli ultimi giorni. A Ciampino, Meriam è stata accolta dal primo ministro Matteo Renzi.
MEZZ’ORA CON IL SANTO PADRE. «Oggi è soltanto un giorno di festa», ha dichiarato Matteo Renzi a Ciampino, aggiungendo che «il viceministro Pistelli vi dirà tutto». «Meriam e i due figli stanno bene e sono in ottima forma – ha continuato -, anche il Santo Padre è stato informato ieri dalla presidenza del Consiglio e ha espresso la sua gratitudine e la sua gioia. Credo che Meriam e i due figli avranno degli incontri importanti nei prossimi giorni e poi si trasferiranno negli Stati Uniti». Più tardi, sempre in mattinata, Meriam è stata ricevuta con il marito e i figli da papa Francesco alla Casa Santa Marta. L’incontro tra la famiglia sudanese e il Santo Padre è durato circa mezz’ora, secondo quanto ha riferito il portavoce vaticano padre Federico Lombardi.
Da una nota della sala stampa della Santa Sede si apprende che il Pontefice ha accolto Meriam e i suoi familiari «in un clima di sereno e affettuoso». 
Il Papa, prosegue il comunicato, «ha ringraziato Meriam e la sua famiglia per la coraggiosa testimonianza di costanza nella fede. Meriam ha ringraziato per il grande sostegno e conforto ricevuto dalla preghiera del Papa e di tante altre persone credenti e di buona volontà. (…) Con questo gesto il Papa ha voluto manifestare la sua vicinanza, attenzione e preghiera anche per tutti coloro che soffrono per la loro fede e in particolare per i cristiani che subiscono persecuzioni o limitazioni imposte alla libertà religiosa.
La sudanese Meriam incontra il PapaLA GIOIA DEL MINISTRO. Il ministro degli Esteri Mogherini ha commentato: «È una grande gioia. Abbiamo seguito il caso sin da prima che fosse resa nota la condanna. Grazie al grande lavoro fatto da tanti, oggi possiamo accogliere Meriam a Roma. Ora lei ha bisogno di tranquillità con la sua famiglia».
L’ESTREMO TENTATIVO. Il fratellastro e il padre di Meriam, musulmano andato via da lei e dalla madre quando Meriam aveva sei anni, aveva cercato di aprire una nuova causa per annullare il suo matrimonio con Daniel Wani, cristiano con doppia cittadinanza sudsudanese e americana. Ma l’estremo tentativo non è riuscito e ora Meriam è libera.
«MERIAM VEDRÀ IL PAPA». A confermare le prime voci secondo cui la cristiana sudanese nel suo breve soggiorno in Italia avrebbe incontrato papa Francesco è stata Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur che ha seguito il suo caso fin dall’inizio: «Meriam coronerà il suo sogno e vedrà il Papa», ha scritto sul suo profilo twitter. «Glielo avevo promesso quando ci siamo incontrare»

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Commenti

  1. Gabriele
    Grazie Signore Gesù!
    Meriam ti vogliamo bene,ci hai insegnato a vivere nella Verità la nostra Fede…Grazie
  2. Lele Brioschi
    Viva Meriam e per una volta viva anche lo stato italiano!
  3. Malta
    per la prima volta posso dire che l’occidente, rappresentato dallo stato italiano, vale.
  4. Domenico B.
    Benvenuta in Italia, Meriam, e grazie per la tua testimonianza
  5. Mi
    Italiani, guardate a quale speranza siete nel mondo proprio perché in Italia c’è la migliore libertà religiosa dell’Europa occodentale! Non buttatela via per inseguire le follie laiciste, diventare più simili a finti modelli come Olanda, Belgio e Francia.



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