sabato 19 luglio 2014

MARCELLA






Marcella, una donna normale. La vita non è stata facile per lei. Ben inserita a livello sociale, compie i suoi studi di scuola media superiore, incontra Luciano e stabilisce con lui, un progetto: continueranno a frequentarsi per qualche tempo. Il tempo passa e la relazione è buona, tanto che decidono di sposarsi. Non è il grande ricevimento di nozze, ma le loro cose stanno tutte al punto giusto. Programmano anche la nascita di un figlio che, però, tarda ad arrivare.
Hanno così inizio le peripezie di Marcella: le visite specialistiche, i controlli di routine, i controlli più approfonditi. Referto: tube ovariche completamente chiuse. Marcella si è così sottoposta a un delicato intervento chirurgico.   Ma spesso i guai non vengono da soli. Le ricerche cliniche hanno anche evidenziato la presenza di due formazioni tumorali, fortunatamente benigne, che complicano notevolmente la situazione essendo di grandezza insolita (una di otto e l’altra di sei centimetri).  
I due “miomi” (così sono denominati i tumori che sono presenti nell’apparato riproduttivo) se toccati, darebbero origine a grandi emorragie difficilmente contenibili, quindi, per esempio, non si potrebbe praticare un taglio cesareo in caso di necessità. Il ménage di Marcella e Claudio va bene; lui ha un buon lavoro e lei una piccola occupazione. Finalmente si presenta la gravidanza. Tutti sono in allarme per il quadro clinico sfavorevole. Marcella, però, è una donna coraggiosa e si sente capace di affrontare le difficoltà che, inevitabilmente verranno.
E’ il momento del parto: Mariangela nasce, è una stupenda bambina (oggi ha sei mesi), ma Marcella per due mesi, soffre; non riesce nemmeno a prendere in braccio Mariangela tanto desiderata e attesa. E, appunto perché i guai sono sempre di compagnia: Claudio viene, per la seconda volta, messo in cassa-integrazione. Marcella, evidentemente, non può lavorare per il momento e insorgono anche problemi sanitari di ordine neurologico a causa di trattamenti scorretti per l’anestesia che le è stata somministrata al momento del parto.
Marcella si presenta al nostro Centro di Aiuto alla Vita, come una persona normale, dicevo all’inizio, ordinata, beneducata, gentile ma tanto triste. Mariangela è con lei sul suo passeggino: ride, contenta di vivere.  Ha due granini di riso sulla gengiva inferiore e, quando mi avvicino, mi mette, divertita, le manine sulla faccia. Lacrime silenziose rigano il viso di Marcella: «Ora, dopo tutto ciò che le ho raccontato, le devo confessare di essere ancora incinta. Abbiamo preso delle precauzioni ma, evidentemente, non sono servite».
Le farfalle intrecciano voli nel mio stomaco.  Da dove si inizia in questi casi? Per il momento è solo silenzio. Anche la piccola sembra essere un po’ sbigottita dall’assenza di parole: ci guarda e poi inizia una serie di piccoli suoni. Butto lì una domanda: «Che cosa le fa più paura, Marcella?». Riprende frasi già dette; la sua salute precariamente strana, Mariangela che ha bisogno delle cure materne che le sono mancate nei primi due mesi, il lavoro di Claudio, le numerose spese di casa. Tutto s'intreccia ingarbugliandosi!
Emotivamente in subbuglio, cerco, però, di aiutarla a mettere ordine nelle cose. «E’ più grande la paura di non farcela fisicamente o economicamente?». Così realizzo che dover vivere con quattrocento euro al mese (ciò che le resta dopo aver pagato l’affitto di casa) e portare avanti la gravidanza, con tutti gli imprevisti del caso, la mette in grandi ambasce. «Perché è venuta da noi, Marcella?».
«C’ero già stata per la gravidanza di Mariangela poiché era iniziato il periodo della cassa-integrazione e mi avevate ascoltata e aiutata. Ho pensato che mi avrebbe fatto bene parlare con voi». «Posso dirle che sono felice che lei sia tornata? Evidentemente le abbiamo lasciato un buon ricordo».
Ora, penso, dobbiamo proporre qualcosa di importante, vista la gravità della situazione.  Così: «Le va, Marcella, di fare un programma con me?». E, alla sua risposta affermativa, provo a mettere insieme ai pensieri anche proposte concrete: «Mariangela ha solo sei mesi e, ancora per molti altri, avrà bisogno dei pannolini. Se glieli regalassimo noi?  Lei ne avrebbe un piccolo risparmio e …». Non riesco a continuare.  Marcella scoppia in un pianto dirompente.
Perplessa e un po’ spaventata, mi affretto a soggiungere: «Perché tutte queste lacrime, Marcella?  Ho detto qualcosa di male?». No, non è stata una cosa sbagliata!  Marcella si è molto emozionata nel sentire la proposta di un dono per la sua bambina. Sono contenta e liberata dalla sensazione di pesantezza che mi faceva sentire bloccata; posso andare avanti con il mio progetto di aiuto. Ci sarà, dunque, un medico eccellente per professionalità e umanità, un sostegno psicologico, un assegno mensile, tutto ciò che sarà necessario.
Il progetto serve a far rinascere il sorriso sulle labbra di Marcella ed io ne sono felice. La cosa più importante, però, è costituita dalla figura del medico che si prenderà particolarmente a cuore la sua situazione e che le starà vicina anche in modo affettuoso oltre che professionale. Per grazia, è stato immediatamente cercato e trovato. La persona che me l’ha indicata, mi ha detto a conclusione della mia segnalazione: «Sai, non è obiettrice e, quindi, fa anche aborti. Come me…  Uno schifo! Figurati se le affidiamo una situazione di vita, quanto ne sarà felice».
Mi sono detta, sentendo un certo groppo in gola, che il Centro di Aiuto alla Vita può aiutare non solo le poverette in difficoltà economiche, ma anche tutti noi che ci sentiamo così a posto e realizzati e che ciò che conta nella vita è la solidarietà e la non-ideologia. Forse sono la vicinanza e la collaborazione che spianeranno la strada



http://www.lanuovabq.it/it/home.htm

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